Molestie olfattive

c.p. art. 674. Getto pericoloso di cose.
Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206 .

reato di pericolo


Cass. pen. Sez. III Sent., 09-10-2007, n. 2475 (rv. 238447)


INQUINAMENTO

REATI CONTRO L'INCOLUMITÀ PUBBLICA - CONTRAVVENZIONI - GETTO PERICOLOSO DI COSE - Emissione di gas, vapori o fumi atti ad offendere o molestare persone - Impianto autorizzato alle emissioni in atmosfera - molestie olfattive 
E' ravvisabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori o fumi atti ad offendere o molestare le persone) in presenza di molestie olfattive  da impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, in quanto non esiste una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione, previsto dall'art. 844 cod. civ..
(la Corte ha ulteriormente precisato che non può trovare applicazione in questi casi la disciplina in materia di inquinamento atmosferico dettata dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ). 05)
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Cass. pen. Sez. III, 29-05-2012, n. 37037 (rv. 253675)
INQUINAMENTO

REATI CONTRO L'INCOLUMITÀ PUBBLICA - Contravvenzioni - Getto pericoloso di cose - Emissione di gas, vapori o fumi atti ad offendere o molestare persone - Impianto autorizzato alle emissioni in atmosfera - molestie olfattive 
Il reato di getto pericoloso di cose ( art. 674 cod. pen.) è ravvisabile anche in presenza di "immissioni olfattive" provenienti da un impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità previsto dall'art. 844 cod. civ.

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Cass. pen. Sez. III, 24-03-2011, n. 15592
INQUINAMENTO
Premesso che l'emissione di odori molesti è riconducibile alla fattispecie criminosa di cui all'art. 674 c.p. , essendo la percezione di un determinato odore il risultato della liberazione (nel caso in esame le deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili all'olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas, è configurabile il reato in presenza di molestie olfattive provocate dall'attività esercitata in luogo abitato (ricovero e allevamento di bovini) in quanto, non esistendo una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, si deve aver riguardo al criterio della stretta tollerabilità quale parametro di legalità dell'emissione.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Ciro - Presidente
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
I.C., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Camerino in data 2.03.2010 che l'ha condannato alla pena di Euro 200 d'ammenda per il reato di cui all'art. 674 cod. pen.;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del PG, Dott. D'Angelo Giovanni, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con sentenza del 2 marzo 2010 il Tribunale di Camerino assolveva I.C., titolare di un'azienda di allevamento zootecnico di bovini, dal reato di deposito incontrollato di rifiuti (letami e liquami) e di danneggiamento di una pubblica via e lo condannava alla pena di Euro 200 d'ammenda per il reato di cui all'art. 674 cod. pen. per avere provocato emissione di odori molesti per i residenti della zona in cui era ubicato l'impianto.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputato deducendo l'erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen. per aver il giudice omesso di valutare la natura prettamente agricola-zootecnica della zona in cui era ubicata la stalla di allevamento dei bovini costruita nel rispetto della normativa urbanistica e per avere ricondotto gli odori asseritamene molesti alla nozione di gas, vapori e fumo menzionati nella norma incriminatrice.
Deduceva che il reato non è ipotizzabile quando le emissioni non superino i limiti di normale tollerabilità, dato che la norma richiede che le emissioni avvengano in violazione della normativa vigente.
La normale tollerabilità, inoltre, non può essere accertata attraverso dichiarazioni testimoniali che comunque, nella specie, avevano portato a univoci approdi probatori.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il ricorso è infondato.
Premesso che è stato accertato, in fatto, con puntuale motivazione, che la stalla ove era esercitata l'attività di allevamento dei bovini circa 15 capi si trovava in un centro abitato e che tale attività provocava caratteristici odori che arrecavano molestie a chi, per ragioni di prossimità, vi era esposto, va osservato che il tribunale si è adeguato all'indirizzo espresso da questa Corte nella sentenza n. 2475/2007 secondo cui è configurabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori o fumi atti a offendere o molestare le persone) in presenza di molestie olfattive promananti da impianto produttivo in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della stretta tollerabilità quale parametro di legalità dell'emissione, attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente e alla salute umana di quello della normale tollerabilità, previsto dall'art. 844 cod. civ..
Anche in precedenza la giurisprudenza di questa Corte (Cassazione 14 gennaio 2000 n. 407) ha ricondotto l'emissione di odori molesti alla fattispecie de qua essendo la percezione di un determinato odore il risultato della liberazione (nel caso in esame le deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all'olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas.
Non ha, quindi, pregio alcuno il rilievo difensivo secondo cui, nella specie, non sarebbe stata violata alcuna norma di settore.
Con altri motivi il ricorrente lamenta la mancata motivazione della sentenza impugnata quanto al superamento della normale tollerabilità degli odori e quanto alla valutazione delle prove poste a base dell'affermazione di responsabilità.
Si tratta, però, di doglianze infondate.
Premesso che trattasi di un reato di pericolo, essendo sufficiente per la sua realizzazione l'attitudine dell'emissione a offendere o molestare le persone Cassazione n. 3531/1998, laddove per molestia deve intendersi la situazione di disturbo della tranquillità e della quiete, con impatto negativo sulle normali attività della persona Cassazione n. 678/1996, va ribadito che, quando non esista una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve aver riguardo al criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ.(Cassazione n. 19898/2005), anch'esso comunque condizionato, come quello della normale tollerabilità dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che caratterizzano l'emissione molesta.
Nel caso in esame, non esistendo disposizioni specifiche e valori - limite in materia di odori è incensurabile il ritenuto superamento della stretta tollerabilità delle emissioni odorose provocate dall'attività esercitata dall'imputato in luogo abitato (ricovero e allevamento di bovini) alla stregua delle acquisite testimonianze, valutate con adeguata motivazione.
Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

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In materia di molestie olfattive, l’assenza di una specifica normativa statale indicativa dei valori limite in materia di odori e dunque del tutto diversa da quella riguardante l’inquinamento atmosferico, la valutazione circa la normale tollerabilità va operata in termini particolarmente rigorosi, non risultando sufficiente il criterio civilistico di cui all'articolo 844 c.c.. 
Inoltre, per i c.d. "odori molesti" laddove manchi la possibilità di accertare con adeguate medotologie tecniche l'intensità delle emissioni, ben può farsi riferimento alle dichiarazioni di testi, avendo riguardo sia alle condizioni di tempo e luogo, sia alla attività svolta in un determinato contesto produttivo, verificando poi che le emissioni moleste non siano meramente idonee in linea astratta a dare fastidio, ma che esse superino determinati standards di tollerabilit


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale

Composta dagli Ill.mi Sigg.:

1. Dott. LOMBARIDI Alfredo Maria                         Pres.
2. Dott. GENTILE Mario                                        Cons.
3. Dott. GRILLO Renato                                        Cons. Est.
4. Dott. SARNO Giulio                                          Cons.
5. Dott. ROSI Elisabetta                                        Cons.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

- sul ricorso proposto da: TOMASELLO Domenico, nato a Caccamo il 17.1962;
- avverso la sentenza emessa il 5 ottobre 2009 dal Tribunale di Termini Imerese;
- udita nella udienza pubblica del 12 gennaio 2011 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Renato GRILLO;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Gioacchino IZZO che ha concluso per l'annullamento senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 5 ottobre 2009, TOMASELLO Domenico, imputato dei reati di cui ai capi a) (214, 216 256 commi 1° e 4° del D. L.vo 152/06; b) (art. 279 comma 2 del D. L.vo 152/06; capo c) (art. 279 comma 2 D. L.vo 152/06); capo d) (art. 256 comma 1 D. L.vo 152/06), capo e) (art. 256 comma 1 D. L.vo 152/06 e capo f) (art. 674 c.p.) [fatti commessi quanto ai capi a) e b) dal 19 gennaio al 30 ottobre 2006; quanto al capo c) dal 29 novembre al 6 dicembre 2006; quanto al capo d) dall' 1 dicembre al 6 dicembre 2006; quanto al capo e) dal 31 ottobre al 6 dicembre 2006 e, quanto al capo f) dall'aprile 2005 al dicembre 2006J, veniva ritenuto colpevole del solo reato sub f) e condannato alla pena di €. 100,00 di ammenda con il beneficio della non menzione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso l'imputato a mezzo del proprio difensore deducendo con il primo motivo contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

Deduceva al riguardo il ricorrente che, sebbene il Tribunale avesse escluso sul piano oggettivo la sussistenza dei reati contestati avendo riconosciuto assolutamente regolari tutte le procedure seguite dall'azienda per l'espletamento della propria ordinaria attività industriale (impresa olearia che produce olio di sansa vergine ed olio di sansa esausto) sia sotto il profilo del rispetto delle metodologie tecniche adottate per il controllo delle emissioni in atmosfera, sia sotto il profilo del mancato superamento dei limiti di emissione previsti per l'ossido di carbonio, lo stesso Tribunale aveva contraddittoriamente ritenuto configurabile il reato di cui al capo f) (art. 674 c.p.) nonostante l'accertata regolarità dell'attività imprenditoriale e la sottoposizione dei "fumi" a trattamenti atti ad eliminare le sostanze inquinanti, dando rilievo a quell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale il reato in parola è ugualmente integrabile laddove, pur in assenza del superamento dei valori limite di emissione in atmosfera, non siano stati adoperati adeguati accorgimenti tecnici atti ad evitare molestie alle persone.

Con il secondo motivo di ricorso viene lamentato il travisamento della prova dichiarativa in relazione a quanto riferito dall'imputato nel corso del suo esame dibattimentale e dal teste MOSCATO Agostino (Presidente della sezione locale di Lega Ambiente), avendo attribuito a dette dichiarazioni un significato del tutto diverso da quello che detti soggetti avevano riferito. Denuncia poi, in relazione a tale vizio, il connesso vizio di omessa valutazione di prova decisiva rappresentata da quanto accertato dai funzionari tecnici dell'A.R.P.A. che, in netto contrasto con quanto riferito dal teste MOSCATO, avevano escluso che nei periodi di osservazione erano stati rilevati odori molesti di alcun genere promanare dallo stabilimento industriale, ovvero la presenza di sostanze tali da generare quegli odori.

Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.

Va anzitutto premesso che la materia oggetto del presente processo concerne in particolare la speciale fattispecie delle c.d. "molestie olfattive" per le quali, in assenza di una specifica normativa statale indicativa dei valori limite in materia di odori, e dunque del tutto diversa da quella riguardante l'inquinamento atmosferico, la valutazione circa la normale tollerabilità va operata in termini particolarmente rigorosi, non risultando sufficiente il criterio civilistico di cui all'art. 844 c.c..

Peraltro come più volte affermato da questa Corte proprio sul versante dei c.d. "odori molesti" laddove manchi la possibilità di accertare con adeguate medotologie tecniche l'intensità delle emissioni, ben può farsi riferimento alle dichiarazioni di testi, avendo riguardo sia alle condizioni di tempo e luogo, sia alla attività svolta in un determinato contesto produttivo, verificando poi che le emissioni moleste non siano meramente idonee in linea astratta a dare fastidio, ma che esse superino determinati standards di tollerabilità (Cass. Sez. 3^ 27.3.2008 n. 19206 Cruopi, rv. 239874; Cass. Sez. 3^ 27.2.2008 n. 15653, Colombo ed altri, rv. 239864; Cass. Sez. 3^ 21.9.2007 n. 38073, Salleo Postillo, rv. 237844).

Se così è, appare in linea astratta condivisibile il ragionamento svolto dal primo giudice che ha opportunamente seguito il criterio dell'accertamento di fatto sulla esistenza o meno di miasmi, basato anche su prove dichiarative, piuttosto che quello astratto collegato alla presunzione di legittimità per tutte quelle emissioni in atmosfera promananti da attività industriali autorizzate per le quali sia stato accertato il rispetto dei limiti previsti.

In questo senso, allora, non può certamente rilevarsi quella contraddittorietà logica denunciata dal ricorrente, posto che il Tribunale, oltre a rifarsi ad un criterio basato su accertamenti di fatto, ha soprattutto distinto gli odori molesti, attribuibili ad emissioni di fumi immessi in atmosfera direttamente riconducibili alla produzione industriale specifica, da quegli odori provenienti, invece, dallo stazionamento stagnante di prodotti industriali permanenti nello stabilimento: ed invero, altro è la tecnica adoperata nello stabilimento per limitare le immissioni gassose, altro è la produzione di odori nauseabondi e la mancata predisposizione di accorgimenti atti ad impedirle.

Ma è proprio il rispetto di quei criteri rigoristici richiamati dallo stesso Tribunale ad imporre che la prova da raccogliere fosse estesa a tutto il materiale a disposizione del Tribunale e non circoscritta a dichiarazioni testimoniali per di più "de relato", in quanto riferite alle lamentele - poi segnalate dal teste MOSCATO - provenienti da cittadini del luogo (peraltro neanche indicati nominativamente) che avevano denunciato l'insopportabilità degli odori stagnanti nello stabilimento.

Peraltro, posto che la produzione di odori nauseabondi è stata contestata nel relativo capo di imputazione come commessa tra l'aprile 2005 e il dicembre 2006 (con conseguente esclusione della prescrizione in quanto legata all'epoca di consumazione del reato ed assoggettata al nuovo regime introdotto dalla L. 251/05, vds. pag. 36 della sentenza impugnata), si imponeva un accertamento che tenesse conto anche della permanenza del reato.

Al riguardo è stato fatto richiamo da parte della difesa del ricorrente alla circostanza che i sopralluoghi condotti da funzionari dell'A.R.P.A. nel periodo compreso tra l'1 e il 6 dicembre 2006 avrebbero prospettato risultati del tutto diversi da quelli segnalati dal teste MOSCATO: ne deriva che la presenza di dati dissonanti promananti da organi tecnici, andavano necessariamente comparati con quella (unica) dichiarazione testimoniale, proprio al fine di meglio saggiarne l'attendibilità.

Può dunque affermarsi che il Tribunale ha omesso la valutazione di prove decisive (prove documentali e/o testimoniali ritualmente acquisite al fascicolo e dunque pienamente utilizzabile rappresentate dagli accertamenti condotti in loco da funzionari dell'A.R.P.A.) delle quali non è stato tenuto conto.

Una tale omissione, poi, a prescindere dal vizio intrinseco connaturato alla lett. d) dell'art. 606 c.p.p. costituisce anche una vera e propria contraddittorietà logica che inficia la motivazione, in quanto, pur essendo partito il Tribunale dalla preliminare e corretta distinzione tra molestie derivanti da fumi immessi in atmosfera e "molestie olfattive" assoggettate a criteri di valutazione diversi, ha poi sostanzialmente abdicato a quella rigorosità di accertamenti (pure questa correttamente evocata), assestandosi su risultati parziali delle prove, oltretutto anche travisate nel loro reale contenuto, quanto meno con riferimento alle dichiarazioni rese dallo stesso imputato nel corso del suo esame dibattimentale. Questi ha, si, riconosciuto in linea astratta l'intollerabilità degli odori provenenti dalla sansa vergine ove lasciata in deposito per qualche tempo, aggiungendo però che nel caso in esame si era trattato di un evento eccezionale legato a fattori del tutto indipendenti dalla volontà dell'agente.

Di fronte quindi alle affermazioni dell'imputato che parlavano di una eccezionalità e temporaneità dell'evento, l'indagine del Tribunale avrebbe dovuto tenere conto di tutto il compendio probatorio a disposizione al fine di verificare se davvero si era trattato di una situazione del tutto contingente e, per di più, imposta da circostanze sfavorevoli o di una situazione permanente: la adeguata valutazione delle prove tecniche eseguite da funzionari dell'A.R.P.A. avrebbe certamente ampliato il campo di indagine nel rispetto di quelle regole di accertamento della prova richiamate puntualmente dal Tribunale e di fatto non adeguatamente osservate.

Va, quindi disposto l'annullamento della decisione impugnata con rinvio al Tribunale di Termini Imerese per un più specifico e globale accertamento sulla tollerabilità e permanenza degli odori molesti, alla luce dell'intero materiale probatorio disponibile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Termini Imerese.

Così deciso il 12 gennaio 2011.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 20/04/2011


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