GESTIONE DEGLI ESPOSTI ARPA
UO Territorio e Attività Produttive
GESTIONE DEGLI
ESPOSTI
Monza, 28 ottobre 2010
INDICE
INDICE
La premessa necessaria per una positiva gestione
delle segnalazioni di disagio ambientale che provengono dai cittadini è che
queste non sono di diretta competenza di ARPA. La norma istituiva di ARPA la
definisce come struttura tecnica che supporta gli altri organi amministrativi
sulle tematiche ambientali. ARPA non deve dare risposte dirette ai cittadini
che devono invece rivolgersi ai propri amministratori.
Alcuni uffici comunali che si occupano di ambiente
ritengono di aver assolto i propri compiti a tutela dei cittadini danneggiati
trasmettendo l'istanza ad ARPA. Anche se in alcuni casi più semplici ARPA è in
grado di risolvere la situazione, in particolare quando la molestia è
riconducibile ad una guasto impiantistico o ad una emissione irregolare o non
autorizzata, le situazioni più complesse richiedono competenze amministrative
che ARPA non ha.
Inoltre ARPA non ha competenze sanitarie e non può
da sola valutare aspetti di salute. Quando l’Amministrazione comunale
competente ritiene che una situazione possa essere di danno per la salute dei
propri cittadini può chiedere la collaborazione della ASL, accanto a quella di
ARPA.
Questo approccio verrà ripreso in seguito e si
ritiene che la condivisione di quanto affermato potrà portare ad una migliore
utilizzazione delle risorse di ARPA ed a maggiori possibilità di soluzione dei
problemi.
Non è nelle nostre possibilità riportare in questo
documento quali siano i ruoli e le procedure delle altre strutture coinvolte,
ma possiamo esplicitare il ruolo di ARPA nelle diverse situazioni.
Dall'esame di quello che ARPA può e ritiene di dover
fare, discende una divisioni di ruoli e compiti che devono essere condivisi con
gli altri Enti, in particolare con i Comuni.
Le proposte che seguono si fondano sull’analisi
della normativa, ed in particolare della legge regionale 16/99 che ha istituito
ARPA Lombardia, ma anche sull'esperienza maturata in questi 10 anni di vita di
ARPA.
La prima affermazione è che ARPA ha compiti di
controllo del rispetto della normativa che possiamo definire “ambientale” delle
attività produttive. Ha anche compiti più generali di monitoraggio dello stato
dell'ambiente, di collaborazione tecnico scientifica con le altre strutture
regionali per attività di prevenzione ambientale.
Ed ha certamente il compito di dare supporto
tecnico-scientifico agli Enti Locali, in particolare ai comuni, nell'affrontare
le criticità ambientali emergenti.
Ma supportare non è sostituirsi all'Ente Locale che
resta il primo punto di riferimento per i cittadini, che ha una autorità e
competenze amministrative che ARPA in quanto struttura tecnica non ha, che può
decidere se una situazione merita attenzione e impegno di risorse, e quali
risorse debbano essere messe in campo. ARPA è una delle risorse che l'Ente
Locale può decidere di utilizzare per gli aspetti che non possono essere
gestiti con le proprie risorse interne.
Essere convinti che la soluzione di una criticità
ambientale di valenza locale è una competenza dell'Ente Locale e non di ARPA è
il primo passo da fare per risolvere un problema.
ARPA può utilizzare una segnalazione circostanziata
come ipotesi di reato ed agire nel ruolo di polizia giudiziaria per accertare
fatti e segnalare all'Autorità Giudiziaria le violazioni riscontrate, ma non
necessariamente una situazione di disagio è associata a violazioni direttamente
riscontrabili. Una misura oggettiva di un disagio associato a dei limiti può
essere fatta per problemi di emissioni sonore, ove è possibile misurare il
fenomeno che individuare una sorgente,
ma per le molestie olfattive non esiste una soglia di accettabilità
oggettivamente riscontrabile, non sempre è possibile individuare una emissione
responsabile del problema, ed infine si può presentare senza che sia possibile
accertare il superamento di limiti alla emissione eventualmente individuata
come fonte. In questi casi ARPA da sola non può fare nulla se non attestare che
le emissioni moleste rispettano i limiti prescritti.
Ma l'Autorità Locale ha il dovere di rispondere alle
legittime richieste dei propri cittadini e di cercare una soluzione, coinvolgendo
le risorse esterne necessarie fra le quali anche ARPA, oppure decidere che il
disagio deve essere ritenuto tollerabile.
Il trasmettere all'Agenzia Regionale un esposto
pervenuto senza avere prima analizzato la situazione e deciso quali risorse
siano da attivare non è una procedura accettabile. Ancora meno accettabile è
che la lettera di trasmissione sia inviata anche ai cittadini: la lettura di
tale procedura potrebbe apparire: “il Comune ha assolto il suo compito ed ora
il problema non è più del Comune ma di ARPA a cui dovrete rivolgervi
direttamente”.
Occorre riaffermare: il problema era e resta del
Comune ed ARPA è solo una risorsa che il Comune ha inteso mettere in campo.
Con questo non si afferma certo che ARPA non deve
seguire il problema, ma chiarisce i ruoli e consente una migliore gestione delle
risorse. Se l'Ente Locale ritiene che il problema non meriti il proprio impegno
e che la trasmissione ad ARPA sia solo un modo di chiudere una procedura che
non intende affrontare, non deve nemmeno trasmettere la segnalazione ad ARPA.
Infine ARPA non ha competenze sanitarie. Non è
quindi abilitata a valutare i rischi o i danni alla salute derivanti da
situazioni ambientali. Tali competenze sono delle ASL che possono essere
coinvolte se l'Ente Locale lo ritiene necessario.
Non sono oggetto di
questo documento le problematiche acustiche, campi elettromagnetici, sostanze
radioattive. Spesso le segnalazioni comprendono sia problematiche atmosferiche
che acustiche che è opportuno distinguere perché possono avere approcci
diversi. Talvolta la richiesta è rafforzata o giustificata con il timore per
possibili danni alla salute, citando anche la presenza di bambini o anziani
malati e i numerosi casi di tumore nell'intorno. Questi aspetti non possono
essere valutati da ARPA che non ha competenze sanitarie.
Si sono individuate come tipiche le seguenti
segnalazioni di anomalie ambientali che possono richiedere il coinvolgimento di
ARPA:
1.
Segnalazione di
scarichi in corpi idrici classificati e non classificati
2.
Segnalazione di
alterazioni della qualità di corpi idrici e morie di pesci
3.
Segnalazione di
presenza di rifiuti abbandonati
4.
Segnalazione di
presenza di amianto
5.
Segnalazione di
emissione di fumi da combustione di legno
6.
Segnalazione di
molestie olfattive.
Le situazioni segnalate non sono necessariamente
quelle più critiche, ma sono frequenti e richiedono una riposta da parte della
Pubblica Amministrazione.
ARPA, ASL, Comuni, Provincia, Regione sono
articolazioni della Pubblica Amministrazione che devono agire su questi temi
seguendo procedure e logiche coordinate.
La conoscenza delle rispettive procedure può evitare
di dare risposte incoerenti, che danno una immagine negativa della Pubblica
Amministrazione e causano spreco di risorse senza portare alla soluzione dei
problemi.
Con questo documento il Dipartimento ARPA di Monza e
Brianza vuole esplicitare una propria procedura (anche se non compiutamente
codificata) congruente con le indicazioni regionali e le possibilità degli
uffici comunali, che potranno comunque evidenziare eventuali criticità dovute
alla propria organizzazione ed alle proprie risorse.
ASL e Provincia sono gli altri attori che possono o
devono essere coinvolti per la soluzione dei problemi emergenti.
1. Segnalazione di scarichi in corpi idrici classificati e non classificati
Quando
vengono rilevati scarichi anomali di acque non meteoriche nei corpi idrici, il
coinvolgimento di ARPA è necessario e deve essere quanto possibile sollecito.
Per telefono, fax e/o posta elettronica.
ARPA dovrebbe conoscere gli scarichi autorizzati presenti nella Provincia e lo
stato di ogni autorizzazione.
Individuare
il titolare di uno scarico non
autorizzato è compito di ARPA ma anche della Polizia Provinciale, eventualmente
in collaborazione con i servizi comunali.
La
prontezza della segnalazione è spesso critica per individuare uno scarico, che potrebbe
avere durata limitata nel tempo, ma comunque in grado di danneggiare la qualità
del corpo idrico.
In
considerazione del fatto che i tecnici di ARPA potrebbero essere non
immediatamente disponibili e che la sede di ARPA potrebbe essere distante è opportuno
un intervento sollecito, con eventuali fotografie, di chi è più vicino al luogo
segnalato, di regola la Polizia Locale.
2. Segnalazione di alterazioni della qualità di corpi idrici e morie di pesci
Nei mesi estivi si ripetono morie di pesci, prevalentemente
nel Lambro ma nel 2010 anche nel Seveso, in particolare a Lentate sul Seveso.
Spesso il fenomeno dipende da mancanza di ossigeno in presenza di alte
temperature. Talvolta i pesci muoiono restando intrappolati in zone senza
circolazione di acqua e, alla risalita del livello del fiume, sono trascinati a
valle dove si fermano in punti di ristagno della corrente. Sono possibili anche
avvelenamenti, ma di regola l’avvelenamento è avvenuto a monte del luogo ove si
trovano i pesci, dipendente dal regime delle correnti. In tali casi è più utile
un intervento del Servizio Veterinario della ASL che ha strutture in grado di
valutare la causa della morte, mentre ARPA difficilmente può dare un contributo
utile. I pesci andranno rimossi, a cura del Comune o della Polizia Provinciale.
3. Segnalazione di presenza di rifiuti abbandonati
Ai
comuni, ma anche ad ARPA, pervengono segnalazioni di rifiuti abbandonati. La
rimozione dei rifiuti in area pubblica è una competenza comunale che di regola
viene prontamente assolta. La
caratterizzazione dei rifiuti non domestici abbandonati deve essere fatta
dall’impresa incaricata della rimozione che attribuisce un codice al rifiuto
ritirato. I rifiuti abbandonati in area ad uso pubblico sono classificati
come rifiuti urbani. ARPA può essere
coinvolta, se ritenuto necessario, per dare indicazioni sulla necessità di
provvedere alla valutazione dello stato di qualità dei suoli potenzialmente
contaminati ed alla conseguente necessità di bonifica dell’area. Tali valutazioni possono essere fatte anche dalla
struttura comunale competente. ARPA di regola non effettua direttamente
campionamenti ed analisi, ma assiste l’ente responsabile o comunque il
responsabile della potenziale contaminazione con pareri ed eventuali analisi di
conferma. Tale attività è onerosa
per il richiedente e segue la procedura prevista per le bonifiche
4. Segnalazione di presenza di amianto
L’allarme per i rischi legati alla presenza di
cemento-amianto in lastre è ricorrente e spesso legato a momenti di attenzione
suscitati da notizie di stampa. Se
il problema dell’esposizione ad amianto, soprattutto di quella professionale e
pregressa, è certamente grave ed i danni ai lavoratori esposti anche molti anni
fa stanno ora emergendo, assai minore è il rischio legato alla presenza di
strutture in cemento amianto, in grado di rilasciare fibre per molti anni e
quindi con una velocità di rilascio assai modesta, almeno sino a che lo stato
di conservazione è accettabile. E’ quindi rilevante seguire sia lo stato di
conservazione delle strutture, che costituisce un obbligo per i proprietari,
che le operazioni di rimozione che possono causare dispersione di fibre se mal
condotte.
In Regione Lombardia tale materia è seguita dal
Settore Sanità. I relativi documenti ed in particolare il Piano Regionale
Amianto Lombardia (PRAL) sono nel scaricabili dal sito della Regione Lombardia à Settore
Sanità à
Prevenzione à Salute
negli ambienti di vita.
La competenza di ARPA è sostanzialmente limitata:
1.
al
telerilevamento, con analisi delle foto aeree per individuare le superfici
coperte da cemento amianto. I dati relativi al territorio censito (voli
dell’estate 2007) sono disponibili nel sito citato.
2.
all’effettuazione,
in casi particolari, di analisi per
l’accertamento della presenza di fibre di amianto e loro caratterizzazione.
La competenza è comunale con il supporto della ASL
ed ARPA di regola non può essere utilmente coinvolta.
5. Segnalazione di emissione di fumi da combustione di legno
L’utilizzo di biomasse legnose come combustibile è
in aumento. I motivi di questo incremento sono diversi:
·
Il costo dei
combustibili fossili (gasolio e metano), superiore a quello dei combustibili di
origine vegetale (biomasse vegetali nelle diverse forme commerciali),
·
Il fatto che
tali combustibili sono a bilancio di CO2 nulla (il carbonio emesso è pari a quello
fissato durante il processo di accrescimento delle biomasse)
·
La presenza in
provincia di Monza e Brianza di numerose attività di lavorazione del legno da
cui hanno origine biomasse vegetali che potrebbero essere classificate rifiuto,
ma che possono essere gestite come sottoprodotto ed utilizzate direttamente per
usi energetici.
La promozione dell’uso di fonti di energia
rinnovabili, quali le biomasse vegetali, è vantaggiosa a scala globale, non
contribuendo all’incremento della CO2
nell’atmosfera, ma può dare problemi contribuendo in modo significativo alle
polveri fini, che sono parametro critico su scala regionale ed infine anche
causando emissioni visibili e moleste su scala locale.
Il
contributo della combustione di biomasse legnose, in impianti non dotati di adeguati
sistemi di abbattimento, all’inquinamento da polveri fini è studiato da anni da
ARPA ed è stato giudicato non trascurabile in aree nelle quali è
particolarmente diffusa.
ARPA ha segnalato il problema alla Regione che è
intervenuta con una serie di Delibere emesse per affrontare gli episodi acuti
di inquinamento atmosferico ed in particolare quello da “traffico veicolare” e
da “combustione di biomasse legnose”.
Le segnalazioni che giungono si possono riferire ad impianti a biomasse, ed in particolare a
materiali lignei, ed alle taglie di impianti ridotte o medie:
·
Piccoli
dispositivi di combustione di potenza < a 35 kW a servizio di singole
abitazioni o laboratori artigianali o
singole lavorazioni (presse)
·
Caldaie di
taglia media a servizio di edifici anche adibiti ad attività artigianali o
servizi
L’intervento e la modalità di controllo delle emissioni per impianti di piccola taglia, cioè il settore che
interessa soprattutto il riscaldamento civile attraverso dispositivi di combustione, generalmente stufe con potenzialità inferiore ai
35 kW, sono caratterizzate da problematiche associate principalmente:
-
all’
identificazione e la verifica del combustibile utilizzato;
-
al rispetto dei
limiti alle emissioni;
-
alla gestione
della manutenzione e ai sistemi di
regolazione e di controllo della combustione.
Impianti
termici ad uso civile con potenzialità > a 35 kW
Per
questi impianti:
·
il d.lgs. 152/06 fissa valori limite di
emissione in funzione delle potenzialità e sottopone questi impianti alle
operazioni di controllo dell’efficienza di combustione e manutenzione di cui al DPR 412/93.
·
viene definita
l’obbligatorietà delle verifiche analitiche alle emissioni con cadenza annuale a cura del Responsabile
dell’esercizio.
·
Diversamente,
la DGR 5290 del 2/08/07 e in particolare l’allegato C della DGR 6501/01,
definisce valori limite guida, più restrittivi per questa tipologia degli
impianti termici civili collocati nelle aree critiche (zone di tipo A1) del
territorio della regione. In Provincia di Monza 29 comuni su 55 con 620.000
abitanti su 761.000
·
il d.lgs.
152/06 non indica obblighi di carattere impiantistico specifici per questa
classe di combustibile (biomasse).
Impianti termici ad uso civile con potenzialità < a 35 kW
L’unica
indicazione per singoli impianti con potenzialità < ai 35 kW viene fornita dalla DGR 8/7635 del 11/07/08 (delibera che individua
le modalità e i requisiti degli impianti relativi all’utilizzo di combustibili
quali la biomassa legnosa nei comuni la cui altimetrica risulta essere
inferiore a 300 metri s.l.m.) che vieta l’uso, se non vi sono altri
impianti di riscaldamento, di apparecchiature appartenenti alle seguenti
categorie:
camini aperti;
camini chiusi, stufe e qualunque altro tipo di
apparecchio che non garantiscano il rispetto dei seguenti requisiti:
rendimento energetico ŋ ≥
63%;
basse concentrazioni di monossido di carbonio(CO) da
intendersi come un valore ≤
0.5 % in riferimento ad un tenore di ossigeno di riferimento del 13 %.
Il rendimento dell’apparecchio è di norma
indicato sul libretto di istruzioni, ma in mancanza sarà ritenuta valida la
certificazione rilasciata dal venditore o dalla casa costruttrice (suscettibile
di verifica)
Per le apparecchiature
installate dopo il 1990 la Regione Lombardia ha redatto un apposito elenco dei
prodotti con l’indicazione dei relativi rendimenti energetici.
Competenze
La competenza in materia è stata espressamente
affidata al Sindaco ed alla Polizia Locale dal DGR del 2007 mentre, in quella
sopra citata ed ora valida, la competenza coincide con quella per gli impianti
termici domestici, e quindi ai Comuni, se sopra i 40.000 abitanti (Monza
e Seregno), e alla Provincia per quelli più piccoli.
L’uso di un impianto termico che utilizza
biomasse vegetali, esclusi quindi i residui di legna non vergine, è soggetto
alle norme previste per la generalità degli impianti termici ad uso
riscaldamento di ambienti di potenza limitata.
Il gestore
dell’impianto deve quindi:
· essere in possesso della documentazione tecnica che
attesti la validità dell’impianto termico;
· utilizzare solo
combustibili consentiti ed adeguati all’impianto;
· aver indicato
il terzo responsabile della gestione o assumere i relativi obblighi;
· far effettuare
le prescritte manutenzioni e verifiche e conservare la relativa documentazione;
· rispettare i
limiti alle emissioni prescritti
Dopo i controlli favorevoli dell’autorità
competente, nel caso che venga reiterata una segnalazione di molestie e che le
stesse siano giudicate reali dalle strutture comunali, la sola possibilità di
intervento è quella dell’autorità sanitaria locale, il Sindaco, che può vietare
comportamenti peraltro regolari ma che possono incidere negativamente sulla
salute, con il supporto della ASL.
Si ritiene che
ARPA abbia una possibilità di intervento solo a supporto tecnico delle Autorità
Competenti, di regola a titolo oneroso non avendo ARPA una competenza diretta
sugli impianti termici ad uso
riscaldamento non soggetti ad autorizzazione al sensi del DLgs 152/2006.
Un
coinvolgimento diretto di ARPA si può prevedere qualora l’impianto termico
utilizzi rifiuti e non biomasse come definite dall’allegato X alla parte
Quinta del DLgs 152/2006.
In ogni caso
gli impianti termici con potenza superiore al livello di soglia che utilizzano
biomasse come definite nell’allegato X alla parte Quinta del DLgs 152/06 e smi
devono essere sottoposte ad un controllo annuale delle emissioni a cura del
Responsabile dell’esercizio ed i limiti che devono essere rispettati sono
quelli indicati alla sez. 2.
Il testo coordinato della DGR 5 dicembre 2007 n.
6033 pubblicato nel 3° SO al BURL n.14 del 18 gennaio 2008 contiene le
determinazioni Regionali in merito al controllo, alla manutenzione e ispezione
degli impianti
termici domestici, compresi quelli al di sotto del valore di soglia.
6. Segnalazione di molestie olfattive
La molestia olfattiva viene
intesa come un disturbo non occasionale, di varia intensità lamentato da una o
più persone.
Quanto di seguito esposto trova
la sua applicazione ogni qualvolta si verifichi non occasionalmente una
situazione di disagio olfattivo di origine ignota o legata ad una attività
riconosciuta.
Sono pertanto escluse le
segnalazioni di eventi occasionali di molestie olfattive, anche acuti, e le
emergenze ambientali.
Molestie olfattive da sorgente nota
La prima fase di intervento per
cercare di giungere alla soluzione del problema lamentato o a una sua
mitigazione si attiva ogni qualvolta ci
siano ricorrenti e significative segnalazioni di disturbo olfattivo da parte
della popolazione residente nel territorio circostante l’insediamento
produttivo. Il Sindaco del Comune interessato dal disturbo, che potrebbe anche
non essere il Comune in cui è posto l’insediamento produttivo, nella sua veste
di primo interlocutore della popolazione, dispone la raccolta le segnalazioni, la
verifica la fonte del disturbo olfattivo. I funzionari comunali possono prendere
contatti con il gestore al fine di verificare se tale disturbo sia causato da problematiche
impiantistiche/gestionali che possano essere risolte in breve tempo. Se
necessario può essere richiesto il supporto di ARPA per i contatti con il
Gestore dell’insediamento.
Gli uffici del Comune ove è
ubicata l’attività procedono a verificare la situazione dell’azienda dal punto
di vista amministrativo (presentazione della DIAP, eventuale possesso di Nulla Osta,
esistenza autorizzazioni e/o eventuali atti, quali ordinanze a carico
dell’azienda).
A seguito della segnalazione
deve essere coinvolta, in prima istanza, la Polizia Locale o altro Ufficio
competente per i primi interventi e per la verifica della necessità
dell’intervento di ARPA, che, se necessario, dovrà essere formalmente coinvolta.
L’intervento della locale
Polizia Locale è fondamentale per una sistematica e immediata
sorveglianza/monitoraggio della zona interessata all’inquinamento olfattivo,
per la raccolta di attendibili informazioni circa l’evento segnalato,
trovandosi il presidio degli agenti sul posto o in prossimità.
Dopo lo svolgimento della prima
fase, il Sindaco può chiedere
l’intervento di ARPA per indagini tecniche specialistiche e/o
istituire un tavolo di confronto a cui possono
essere chiamati a partecipare il gestore dell’impianto, l’autorità competente
per il rilascio dell’autorizzazione, ARPA e ASL (ed il Comitato di cittadini
interessati eventualmente costituito).
Nel caso i disturbi segnalati
siano determinati da situazioni eccezionali, con la conseguente individuazione
delle cause specifiche, verranno messe a verbale le cause che hanno determinato
il disagio e gli interventi da mettere in campo per evitare che possa ripetersi
e, qualora necessario, si procederà ad un aggiornamento/riesame
dell’autorizzazione.
Se un Gestore non ha adottato i
provvedimenti prescritti nell’autorizzazione o non ha posto adeguata cura nel
contenere le emissioni moleste a seguito di un incidente, si può ipotizzare una
violazione penalmente sanzionata (Art. 674 CP).
Se l’inquinamento olfattivo
segnalato non è legato ad anomalie del ciclo tecnologico e/o ad eventi
incidentali, ma all’attività propria dell’azienda che, pur rispettando tutte le
prescrizioni, è fonte di inquinamento olfattivo anche a causa di situazioni urbanistiche critiche ancora presenti
(zone industriali a confine con zone residenziali), dovrà essere evidenziata al
Comune competente la situazione, consigliando di promuovere una riunione tra gli
Enti coinvolti finalizzata alla gestione armonica del territorio ed alla
valutazione di eventuali ulteriori prescrizioni a carico della ditta. Nel caso in cui la situazione non sia risolvibile
con interventi impiantistici e/o logistico-gestionali, potrà essere valutata
dall’Amministrazione comunale la necessità di una riallocazione dell’attività
produttiva, autorizzata in una posizione non idonea.
Le molestie dalle attività
definite poco significative, di cui all’elenco della parte I dell’allegato IV
alla parte Quinta del DLgs 152/06, non soggette ad autorizzazione, possono
essere oggetto di prescrizioni da parte dell’autorità comunale (DGR 29 Ottobre
2001 n. 6631). Come richiamato dalla stessa DGR si ricorda che tali attività
produttive devono aver presentato la dichiarazione di sussistenza delle
condizioni di scarsa significatività.
Se la
problematica non trova soluzione si potrà procedere, a cura
dell’Amministrazione comunale, alla rilevazione sistematica della molestia
olfattiva tramite la quantificazione e oggettivazione della stessa con alcuni
dei metodi in uso per la rilevazione della percezione del disturbo olfattivo
nel territorio (Allegato A) ed applicando la procedura per il monitoraggio sistematico del
disturbo olfattivo descritta nelle linee guida regionali che è di seguito
riassunta (Allegato B).
Per prevenire situazioni
di molestie il momento della pianificazione urbanistica è fondamentale.
Le segnalazioni di
molestie spesso si fondano su una situazione di commistione fra attività
moleste e residenza che hanno origine da tempi in cui non si poneva adeguata
attenzione all’ambiente. Si ritiene di dover concludere questo fascicolo
evidenziando i fattori di rischio legati alle scelte di pianificazione.
3. 1. Attività produttive
Nella
definizione della pianificazione urbanistica evitare la vicinanza di
destinazioni d’uso non compatibili: in particolare si ritiene opportuno evitare
la realizzazione di ambiti di trasformazione a destinazione residenziale nelle
vicinanze di attività produttive impattanti o potenzialmente tali, come le
attività insalubri di I e II classe.
Un nuovo
ambito a destinazione residenziale in esame sarà localizzato in prossimità di
un insediamento produttivo? Ciò costituisce un elemento di criticità che non
sempre è possibile mitigare e/o compensare (si pensi, ad esempio, alle
possibili problematiche di inquinamento acustico, atmosferico, olfattivo, di
traffico indotto, anche se sono rispettate tutte le disposizioni legislative e
regolamentari di settore). Si suggerisce pertanto di individuare e valutare
possibili localizzazioni alternative in aree più idonee alla collocazione della
nuova residenza o di nuovi capannoni. Qualora la destinazione fosse confermata,
si ritiene fondamentale prevedere la realizzazione di aree tampone al fine di
mitigare i potenziali impatti sugli insediamenti residenziali.
Per quanto riguarda l’impatto acustico
si ricorda che la realizzazione di insediamenti residenziali è subordinata alla
presentazione di una valutazione previsionale del clima acustico, secondo
quanto previsto dall’art.8, comma 3, lettera e) della L. 447/95 “Legge quadro
sull’inquinamento acustico”, in base
ai criteri stabiliti con DGR n.7/8313 del 8.03.02, al fine di valutare
l’esposizione dei futuri recettori prossimi alla sorgente sonora
È opportuno che la valutazione di clima
acustico per questo ambito sia effettuata già in fase di pianificazione
attuativa, al fine di individuare gli interventi adeguati a mitigare gli
impatti prodotti, anche se temporanei (art.6, comma 1, lettera h della L.
447/95), sui futuri insediamenti residenziali, e per definire la corretta
distribuzione dei volumi e degli spazi destinati a servizi (parcheggi, verde,
ecc.), anche in funzione di tale aspetto.
4. 2. Cave.
Si ritiene opportuno evitare la
localizzazione degli ambiti a destinazione residenziale in prossimità di ambiti
territoriali estrattivi. Si fa presente infatti che, oltre agli impatti dovuti
alle attività di cava (principalmente emissioni in aria e di rumore), vanno
individuati e tenuti in considerazione anche gli impatti dovuti al traffico
indotto.
5. 3. Allevamenti.
Quando un insediamento residenziale
ricade nella fascia di rispetto di un allevamento è necessario svolgere, prima
della realizzazione dell’intervento, una verifica sanitaria-ambientale
finalizzata ad individuare eventuali situazioni di criticità interessanti le
aree residenziali già esistenti. Si ritiene inoltre possibile individuare
specifiche prescrizioni ed indirizzi per il contenimento degli effetti negativi
indotti dalla vicinanza dell’allevamento. Si ricorda che l’attività di allevamento
zootecnico rientra nell’elenco delle lavorazioni insalubri di prima classe.
Alcune Province ed alcuni Comuni della
Lombardia hanno definito attraverso i propri strumenti urbanistici delle fasce
di rispetto specifiche.
Si ricorda che le zone di spandimento
dei liquami sono regolamentate dalle buone pratiche agronomiche di cui alla
d.g.r. 5 dicembre 2007, n. 8/5993.
6. 4. Impianti di trattamento, smaltimento o recupero rifiuti.
Si reputa fondamentale evitare la
localizzazione degli ambiti a destinazione residenziale in prossimità di
impianti di trattamento, smaltimento o recupero di rifiuti. Si evidenzia che la
DGR del 13 febbraio 2008, n. 8/6581, al capitolo 8 “Linee guida per la
revisione dei piani provinciali di gestione dei rifiuti urbani e speciali per
la localizzazione degli impianti” del programma regionale di gestione dei
rifiuti approvato con DGR n. 220/2005, definisce distanze minime dai centri
abitati, dalle funzioni sensibili e dalle case sparse per i nuovi impianti e
per le varianti sostanziali alle infrastrutture esistenti.
In presenza di impianti esistenti sul
territorio e di un potenziale sviluppo insediativo, si consiglia di considerare
comunque tali distanze come minime nella definizione di eventuali nuovi ambiti
di trasformazione.
7. 5. Depuratori
La Delibera Interministeriale del 4
febbraio 1977 prescrive una fascia di rispetto assoluto con vincolo di
inedificabilità circostante l’impianto. La larghezza della fascia è stabilita
dall’autorità competente in sede di definizione degli strumenti urbanistici e/o
in sede di rilascio della licenza di costruzione e in ogni caso non può essere
inferiore a 100 metri .
Quantificazione
della molestia olfattiva
Diversi
metodi sono disponibili per rilevare le percezioni di disturbo olfattivo sul
territorio e rappresentarle in forma oggettiva e documentabile. Si ritiene
utile illustrarne alcuni.
1.
Utilizzo
di questionari da compilare in giorni e ore stabilite da parte di un campione
predeterminato di popolazione residente.
Questo
metodo è descritto nella linea guida tedesca VDI 3883:1993 "Effects and assessment of odors
-Determination of annoyance parameters by questioning - Repeated brief
questioning of neighbor panelist". Esso prevede che, dopo un adeguato intervento di sensibilizzazione
della popolazione residente, sia identificato un gruppo di volontari, i quali,
in possesso di un apposito questionario, effettuino una valutazione all'esterno
della propria abitazione in due orari prestabiliti della giornata (alle 8 e
alle 20) indicando l'intensità dell'odore percepito in una scala di 6 livelli.
Tali osservazioni sono previste in due giorni della settimana: in un giorno
lavorativo, a impianti produttivi funzionanti, e in un giorno festivo.
2.
Monitoraggio
in campo tramite un panel di esaminatori.
Questo
metodo è descritto nella linea guida tedesca VDI 3940:2006 “Measurement of odors impact by field
inspection -Measurement of the impact frequency of recognizable odors".
Esso prevede che il territorio
sottoposto ad indagine sia suddiviso in riquadri tracciando una griglia con
maglie da 100 a
300 m di
lato. I vertici di tali riquadri sono assunti come punti di osservazione dove,
secondo un preciso programma, i membri di un panel di esaminatori, verificati
ed addestrati, si recano per rilevare le percezioni di odore. Per ogni punto di
osservazione gli esaminatori in campo devono registrare su una scheda di
rilevazione se percepiscono odore, ogni 10 secondi e per un tempo complessivo
di 10 minuti.
3.
Monitoraggio
sistematico del disturbo olfattivo tramite rilevazione delle segnalazioni di
percezione di odore da parte della popolazione residente.
Questo metodo
è stato frequentemente usato nel nostro Paese, benché non esista ancora una
dettagliata linea guida adottata con atti amministrativi. L'eterogeneità delle
procedure seguite nei diversi casi applicativi del passato ha purtroppo
nuociuto alla rappresentatività dei risultati ottenuti, i quali hanno permesso
il più delle volte di trarre solo delle suggestioni sommarie e soggettive. Al
contrario si ritiene che tale metodo abbia un grande potenziale conoscitivo e
allo stesso tempo possa essere applicato in modo semplice ed economico; ARPA
Lombardia e successivamente il Settore Ambiente, Energia e Reti della Regione
Lombardia hanno proposto procedure specifiche ed una Linea Guida da seguire
Linea guida regionale
Il documento nasce dalla considerazione che
un’attività produttiva, per poter esercire senza limitare le attività del
vicinato, deve considerare anche l’impatto odorigeno che essa provoca e tale
impatto deve essere quantificabile e misurabile. Pertanto già in fase di
progettazione bisogna considerare accuratamente le azioni da mettere in atto
per prevenire la formazione e la diffusione di tale inquinante e dotarsi di
regole gestionali che possano far si da limitare il più possibile il rilascio di
sostanze odorigene.
Quindi ogni punto emissivo dovrà essere
adeguatamente caratterizzato, tenendo conto anche dell’impatto che può avere
sul territorio ed, in sede di autorizzazione, dovrà essere associato a quel
dato punto emissivo una portata massima d’odore che potrà essere verificata sia
in termini di emissione che in termini di immissione presso i recettori.
In tal modo il gestore dell'impianto avrà regole
chiare e verificabili con il quale esercire la propria attività e il cittadino
avrà la rassicurazione che l'insediamento produttivo viene realizzato e
condotto in modo trasparente senza che venga compromesso l'ambiente in cui
vive. Il documento è presente nel sito della Regione Lombardia à Settore
Ambiente, Energia e Reti à Inquinanti
da attività produttive à Emissioni
Odorigene
Nuovi impianti o modifiche sostanziali di impianti
esistenti
La Linea Guida trova applicazione a tutte le
attività che, durante il loro esercizio, danno luogo ad emissioni odorigene e
che sono soggette ad autorizzazione integrata ambientale (d.lgs 59/05) o ad
autorizzazione alla gestione dei rifiuti (d.lgs 152/06 parte quarta). Inoltre
la linea guida si applica a tutte le attività sottoposte a valutazione
d'impatto ambientale o a verifica di assoggettabilità da cui possono derivare
emissioni odorigene.
Quindi tutte le istanze di autorizzazione o gli
studi di impatto ambientale (compresa la documentazione per la verifica di
assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale) per nuove attività o per
modifiche che influenzano in modo significativamente peggiorativo le emissioni
odorigene di impianti esistenti dovranno essere corredate da una
caratterizzazione delle emissioni odorigene eseguita concordemente con quanto
riportato nella linea guida.
Nell’autorizzazione che verrà rilasciata, l'autorità
competente indicherà le emissioni odorigene che dovranno essere convogliate e
quelle che potranno rimanere diffuse. Saranno indicate, nell’autorizzazione, le
prescrizioni, sia gestionali sia tecniche, che il gestore dovrà attuare per
eliminare o ridurre le emissioni olfattive, i limiti espressi in portata di
odore e le modalità di controllo secondo l’allegato 2 alla linea guida
regionale.
Impianti
esistenti
Si possono attuare le procedure definite nella Linea
Guida anche agli impianti esistenti, che non apportano modifiche al proprio
ciclo produttivo, che presentano
conclamate problematiche olfattive che interessano il territorio
La strategia di
approccio di questa indagine dovrebbe:
•
permettere di rilevare in modo quanto più possibile
oggettivo il grado di disturbo olfattivo percepito;
•
dimostrare la
relazione causa-effetto fra una certa emissione in atmosfera e tale disturbo
olfattivo, affinché siano garantiti sia il diritto del gestore dell'impianto ad
esercire l'attività produttiva nel rispetto delle disposizioni cogenti, sia il
diritto a salvaguardare la qualità dell'ambiente.
•
offrire
percorsi definiti, trasparenti e condivisi per conseguire il contenimento del
disturbo olfattivo, evitando l'esacerbarsi di contrasti e il radicarsi di
contrapposizioni.
La stessa inoltre
è volta a fornire uno strumento utile:
•
al Sindaco,
affinché egli possa svolgere il ruolo di autorità sanitaria locale ai sensi
dell'art. 32 della legge n. 833/1978 e dell'art. 117 del D.Lgs. n. 112/1998, e
di vigilanza e tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico;
•
alla
popolazione residente, eventualmente raccolta in associazioni, affinché
partecipi in modo attivo, informato e consapevole al monitoraggio ed al
contenimento del disturbo olfattivo percepito;
•
ai gestori
degli impianti di possibili fonti di odore che generano disturbo fra la
popolazione, affinché le richieste che eventualmente perverranno ad essi
dall'Autorità locale di contenere le emissioni siano supportate dal riscontro
oggettivo e circostanziato del grado di disturbo olfattivo prodotto e dalla
dimostrazione che tale disturbo sia effettivamente prodotto da una certa
emissione.
•
a discriminare
i casi in cui il disturbo è dovuto ad eventi eccezionali, dai casi in cui il
disturbo è dovuto a cause strutturalmente connesse alla qualità e quantità
delle emissioni di odore.
Procedura per
il monitoraggio sistematico del disturbo olfattivo.
Impianti
esistenti
Coordinamento
della procedura di valutazione della percezione di disturbo olfattivo
Il
coordinamento della procedura di valutazione è in capo al Sindaco del Comune
ove il disturbo olfattivo è percepito. Se il disturbo olfattivo è diffuso su
più di un territorio comunale o se la presunta principale sorgente
dell'emissione di odore ricade in un territorio comunale diverso da quello ove
il disturbo olfattivo è percepito, le Amministrazioni comunali dovranno
accordarsi in modo da individuare un coordinamento unico della procedura.
La
gestione degli aspetti inerenti la progettazione del monitoraggio in
particolare l’individuazione dei segnalatori sarà affidata ad un Ufficio
Comunale.
Avvio
della procedura per il monitoraggio sistematico del disturbo olfattivo
Accertato
che le segnalazioni di disturbo olfattivo nel territorio sono ricorrenti e
significative, si procede ad effettuare il monitoraggio del disturbo olfattivo,
attraverso la raccolta delle rilevazioni di percezione di odore da parte della
popolazione residente
Esposizione
pubblica degli scopi e dello svolgimento del monitoraggio
I contenuti minimi
di cui la popolazione deve essere informata sono i seguenti:
•
lo scopo e lo
svolgimento del monitoraggio del disturbo olfattivo ai sensi del presente
documento;
•
il quadro
normativo essenziale per il contenimento delle emissioni di odore a tutela della
qualità dell'aria;
•
l'ambito
amministrativo (autorizzazioni rilasciate, ecc.) in cui operano gli impianti
sospettati di essere la sorgente delle emissioni di odore che producono
disturbo;
•
il ruolo di
ciascuno dei soggetti attori della procedura (il Sindaco, le Autorità
competenti al rilascio delle autorizzazioni, l'ARPA, ecc.);
•
l'obbligo, in
capo al soggetto incaricato al trattamento delle registrazione delle
segnalazioni, di vagliare le segnalazioni stesse e non considerare le
segnalazioni incongruenti o di dubbia validità;
•
la garanzia
della tutela dell'anonimato dei segnalatori.
Acquisizione dei dati
meteorologici
Individuazione di
una stazione meteorologica idonea agli scopi.
Scelta dei segnalatori
La scelta dei
segnalatori deve coprire l'intero intorno della zona sotto osservazione,
partendo dalle abitazioni più prossime fino a quelle relativamente distanti
dove solo saltuariamente viene avvertito il disturbo.
Scheda di
rilevazione del disturbo olfattivo (vedi scheda)
La scheda di rilevazione deve essere semplice,
essenziale e di rapida compilazione.
Ogni
scheda comprenderà nome e cognome del segnalatore (per responsabilizzare
quest'ultimo circa l'importanza del suo compito. Tuttavia sulla scheda deve
comparire una dichiarazione che impegni i soggetti coinvolti a trattare le
segnalazioni in forma anonima ed a non diffondere le scheda senza che
preventivamente sia occultato il nome del segnalatore).
E'
preferibile che la durata dell'evento di percezione sia espressa come ora di
inizio ed ora di fine piuttosto che come ora di inizio e durata dell'evento.
Nell'intestazione
della scheda di rilevazione devono essere previsti campi per la registrazione
di:
•
nome e cognome
del segnalatore;
•
Comune ed
indirizzo ove le segnalazioni di odore sono percepite e registrate;
•
numero
progressivo del foglio di registrazione per il medesimo segnalatore.
Distribuzione delle schede di segnalazione e
raccolta delle schede compilate
La
distruzione delle schede di segnalazione e la raccolta delle schede compilate
deve avvenire in modo da garantire la tutela dell'anonimato dei segnalatori e
l'assenza di pressioni esterne mirate alla manipolazione dei risultati e dovrà
seguire una sua procedura.
Durata del monitoraggio del disturbo olfattivo
Ogni
campagna di monitoraggio del disturbo olfattivo dovrebbe avere una durata di 3
mesi. Possono essere adottate durate diverse, se si ritiene che il disturbo
olfattivo sia influenzato dall'andamento climatico o che esso sia connesso ad
altri fenomeni ciclici o dipendenti da fattori esterni, sarà utile programmare
più campagne di monitoraggio, ciascuna di uguale durata, ma non necessariamente
in successione contigua.
Modello di scheda di
rilevazione del disturbo olfattivo
Segnalatore
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Foglio n.
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||
Indirizzo
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Comune
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Cod.
segnalat. (1)
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Segnalazioni delle percezioni di
odori
Data (2)
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Ora inizio
|
Ora fine
|
Intensità (3)
|
Note (caratteristiche del disturbo)
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(1) Compilazione a carico dei tecnici
incaricati.
(2) Più episodi occorsi nello
stesso giorno devono essere descritte in righe diverse.
(3) Scala di intensità
convenzionale:+ = odore percepibile, ++ = odore forte, +++ = odore molto forte
Si autorizza, ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs 196/2003,
l'acquisizione e il trattamento dei dati personali solo ed esclusivamente ai
fini del monitoraggio in atto. La presentazione dei risultati conseguiti
avverrà solo in forma anonima, tutelando l'identità dei segnalatori.
Firma
Soggetto incaricato dell’elaborazione
Il
soggetto incaricato all’elaborazione deve procedere alla preparazione di una
tabella sinottica in forma elettronica su cui riportare tutte le segnalazioni
registrate sulle schede.
La
tabella sinottica delle segnalazioni dovrà contenere quanto segue.
•
l'orario,
individuato dalla successione completa ed ininterrotta di intervalli di tempo
uguali;
•
gli eventi di percezione;
•
eventuali
informazioni annotate dai segnalatori nella predisposta colonna delle schede di
segnalazione saranno vagliate dall'incaricato dell'elaborazione;
•
confronto con i
dati registrati dalla stazione meteo con la direzione del vento registrata;
•
individuazione
degli eventi di percezione concorde da parte dei segnalatori
•
validazione
delle segnalazioni
Rapporto
finale del monitoraggio del disturbo olfattivo
Sulla
base dei limiti posti dalla presente linea guida essi devono essere tali da non
superare i valori di concentrazione orarie di picco di odore al 98° percentile
su base annuale. Si rende necessario passare alla fase di approfondimento della
problematica odore quando le ore di percezione di odore nell'area, derivanti
dalla somma dei tempi ascrivibili agli eventi validati, siano superiore al 2%
del periodo di monitoraggio. Per completezza di documentazione la relazione
finale dovrà contenere anche il numero di eventi validati/mese e la durata
media di percezione del disturbo per evento.
Valutazione
di accettabilità della percezione di disturbo olfattivo da parte della
popolazione residente
In
presenza di un superamento di un valore medio di 15 ore di disturbo
olfattivo/mese per tempo di monitoraggio di un trimestre si dovrà prevedere
approfondimento della problematica sugli aspetti tecnico-impiantistici o lo svolgimento
dell'indagine prevista dalla fase B dalle linee guide regionali.
Con
valori prossimi ai limiti di ore di disturbo olfattivo, in presenza interventi
migliorativi già definiti e programmati è possibile prevedere la ripetizione
del monitoraggio in un tempo successivo alle modifiche strutturali o organizzative
messe in atto. In assenza di interventi migliorativi sull'impianto è
discrezione dell’organo di controllo richiedere ulteriori interventi
impiantistici oppure lo svolgimento dell'indagine prevista dalla fase B dalle
linee guide regionali.
Con
valori ampiamente inferiori ai limiti, considerando anche l'incertezza dei
dati, stimata intorno al 20%, è possibile concludere che allo stato attuale il
disturbo prodotto rientra nei limiti di accettabilità. Non sono pertanto richiesti interventi migliorativi
sull'impianto e non c'è necessità di svolgere approfondimenti conoscitivi
attuando quanto previsto dalla dell'indagine prevista dalla fase B dalle linee
guide regionali che prevede accertamenti analitici e modellizzazione dei
fenomeni.
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