Rifiuti.adempimenti relativi al trasporto abusivo di rifiuti, in particolare di materiali ferrosi, anche a seguito della legge n. 122/2015



Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanciano

Il procuratore della Repubblica



Al Sig. Comandante Provinciale dei Carabinieri di
C H I E T I
Al Sig. Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di
C H I E T I
Al Sig. Comandante Provinciale del Corpo forestale dello Stato di
C H I E T I
Al Sig. Comandante della Polizia Stradale di
LANCIANO
Ai Sigg.ri Comandanti della Polizia Municipale di
ATESSA
LANCIANO
COMUNI DEL CIRCONDARIO

e p. c. Al Sig. Questore di
C H I E T I

Al Dirigente dell’A.R.T.A.
CHIETI


OGGETTO: Aggiornamento della direttiva emanata il 7 novembre 2012 sugli adempimenti relativi al trasporto abusivo di rifiuti, in particolare di materiali ferrosi, anche a seguito della legge n. 122/2015


1- Premessa: il necessario aggiornamento della direttiva del 7 novembre 2012. La legge n. 122/2015

In data 7 novembre 2012 è stata emanata da questa Procura una direttiva con l’obiettivo di orientare l’azione della polizia giudiziaria del circondario con riferimento ai reati ambientali e, specificamente, al trasporto di rifiuti rappresentati da materiali ferrosi1, fenomeno all’epoca particolarmente diffuso nel circondario.
Dopo oltre 3 anni di applicazione, e di puntuale osservanza da parte della polizia giudiziaria, i provvedimenti di sequestro dei veicoli adottati in gran numero sono stati confermati all’esito delle impugnative proposte (sia dal Tribunale del Riesame di Chieti, sia dalla Corte di Cassazione). Sono state pronunciate numerose condanne (anche definitive), non solo di coloro che materialmente effettuano il trasporto, ma anche di chi li dispone (spesso proprietario del veicolo, con confisca dei veicoli.
Il fenomeno è certamente scemato anche per la particolare efficacia del sequestro dei veicoli utilizzati per commettere il reato, con confisca e danno reale per l’interessato conseguente alla violazione penale.
La giurisprudenza della Cassazione ha confermato gli orientamenti esposti nella direttiva che, pur se ancora attuale in molte parti, richiede un aggiornamento derivante dall’esperienza acquisita nella sua applicazione e dalle modifiche normative introdotte in materia di reati ambientali e, specificamente, dall’art. 30 della l. n. 122/2015.
Per mera comodità di lettura saranno evidenziate col carattere grassetto le parti maggiormente innovative rispetto alla precedente direttiva.


2 – L’importanza dei reati ambientali, le innovazioni normative

Il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale non esime questa Procura della Repubblica dal sottolineare l’estremo rilievo che assume la materia dei reati ambientali, in applicazione anche dell’art. 9, comma 2, della Costituzione, per l’imprescindibile necessità della tutela (penale) dell’ambiente, specie in un territorio di pregio e ancora non “devastato”, come quello del circondario di Lanciano.
In tale ottica si è ritenuto di concentrare la trattazione dei procedimenti in materia ambientale ed edilizia) in capo ad un solo magistrato (specificamente a questo Procuratore) proprio al fine di garantire la complessiva visione di insieme del fenomeno e la univoca modalità di trattazione, salvi i primi adempimenti urgenti, cui provvede il magistrato di turno (applicando le direttiva previste).
Sono state già impartite direttive in materia di reati edilizi, con un sensibile e immediato incremento dell’attività della polizia giudiziaria in questo settore.
E’ opportuno sottolineare che questa Procura, in tutti i casi in cui è consentito e non vi ha proceduto d’iniziativa la polizia giudiziaria, richiede il sequestro preventivo per evitare che i reati ambientali (e urbanistici) accertati siano portati ad ulteriore conseguenze (per i 2/3 dei procedimenti relativi a tali reati risulta disposto il sequestro).
Si è constatato che l’esistenza del sequestro, e l’indisponibilità del bene, incentiva la parte a sanare o regolarizzare la situazione, ove consentito.
Nella prospettiva ora indicata non è consentita una trattazione “burocratica” dei procedimenti, dovendo la Procura intervenire nella piena osservanza delle disposizioni del codice di rito che tendono, non solo alla repressione delle condotte illecite, ma anche all’interruzione del protrarsi delle conseguenze dannose o pericolose dei reati e al ripristino della legalità.
Si elaborano gradualmente prassi operative, facilitate come detto dalla concentrazione della trattazione degli affari in un unico magistrato (come avviene per altre tipologie di reati), limitando al massimo le direttive scritte per non “appesantire” l’azione della polizia giudiziaria.
Appare, però, talvolta necessario provvedervi per evitare incertezze che nascono anche da diverse prassi o da possibili diverse interpretazioni, ciò anche al fine di assicurare l’uniforme esercizio dell’azione penale, attività di competenza di questo procuratore. In relazione a detto tipo di reati e stante la loro delicatezza si ritiene che vadano adottate le interpretazioni più rigorose seguite anche dalla Corte di Cassazione.
La percezione sociale e del legislatore della rilevanza della tutela penale dell’ambiente ha trovato conferma nella legge 22 maggio 2015, n. 68 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”con cui è stato inserito nel codice penale un nuovo Titolo VI-bis Dei delitti contro l’ambiente. Sono delineate nuove fattispecie di reato che consentono una particolare efficacia dell’azione repressiva, anche attraverso forme di confisca e di obbligo di ripristino previsti dall’art. 452-undecies e 452-duodecies c.p.
Nello specifico settore oggetto della direttiva è intervenuto l’art. 30 della l. n. 122/2015 che sarà esaminato oltre.


3 - Il trasporti dei rifiuti, in particolare di materiale ferroso

La complessità della materia in passato ha determinato incertezza sull’individuazione della normativa applicabile nel caso di trasporto di rifiuti, in particolare dei materiali ferrosi (tubi di ferro, lavatrici, scaldabagni, parti di questi, scarti, etc.).
La presente direttiva mira a orientare l’azione della polizia giudiziaria sulla base di interpretazioni che si ritengono, allo stato, le più condivisibili al fine di realizzare (nel circondario) un’uniforme applicazione delle norme, anche nell’interesse dei vari soggetti coinvolti nel procedimento penale.
Dell’emanazione della direttiva viene informato il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di L’Aquila nell’ambito dei poteri conferiti dal d.lgs. n. 106/06 e, oggi, dall’art. 118-bis disp. att. c.p.p. (come introdotto dalla citata l. n. 68/2015).
Si procede, inoltre, alla trasmissione di copia della direttiva alla Sig.ra Presidente del Tribunale, alla Sig.ra Presidente dell’Ordine degli Avvocati del circondario e alla sua diffusione trattandosi di documento non riservato e di utile conoscenza anche per gli operatori del settore, con pubblicazione sul sito della Procura..


3.1 L’esperienza maturata

Sin da quando la materia veniva attribuita alla mia competenza esclusiva potevo constatare che nel territorio del circondario transitavano e operavano numerose persone, spesso di nazionalità rumena, che trasportano, su veicoli di varia natura, materiali ferrosi (tubi di ferro, lavatrici, scaldabagni, parti di questi, etc.).
Constatavo, in più di un’occasione, che erano stati posti in essere furti, sia di materiali ferrosi che di altro (anche presso imprese o in abitazioni), da persone che svolgevano l’attività descritta. Non vi era ragione, naturalmente, per mettere in diretta relazione i due fenomeni (trasporto di materiali ferrosi e furti), appartenendo tale dato di esperienza esclusivamente a un’informazione utile nell’ambito dei poteri di polizia preventiva non di competenza della Procura (la direttiva è inviata per conoscenza al Sig. Questore quale autorità di pubblica sicurezza della Provincia).
Le modalità più ricorrenti con cui viene operato il trasporto sono le seguenti (come constatato nell’immediatezza dalla polizia giudiziaria o all’esito delle istanze prodotte dalle parti interessate):
  1. soggetti privi di titolo abilitativo che utilizzano veicoli di cui sono proprietari ovvero veicoli di proprietà di terzi (talvolta con procura speciale a vendere il veicolo);
  2. soggetti che producono una licenza “comunale per commercio itinerante B per materia non alimentare”, talvolta relativa a “materiale ferroso”; le licenze sono rilasciate dal Sindaco o da un assessore, ma anche dal Comandante della Polizia Municipale. Talvolta unitamente alla licenza sono prodotti anche l’attestato d’iscrizione alla CCIA (registro del’imprese) nel settore “recupero materiali ferrosi” (e simili) e/o la partita IVA, e/o altri documenti.
In questi casi può verificarsi:
  • che il veicolo sia di proprietà di chi opera il trasporto, titolare anche della licenza;
  • che il veicolo sia di proprietà di un terzo, titolare anche della licenza. In alcuni casi si afferma o si produce copia di documentazione da cui appare che chi realizza il trasporto sia dipendente del titolare della licenza (peraltro, all’esito delle indagini svolte si è accertato che trattasi di assunzioni sostanzialmente fittizie che non presentano alcun versamento contributivo);
  • che il veicolo sia di proprietà di un terzo senza apparenti legami con gli utilizzatori;
  1. in epoca più recente, probabilmente nel tentativo di sottrarsi ai ripetuti sequestri operati dalla polizia giudiziaria nel circondario, sono state prodotte copie di autorizzazioni regionali al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi che presentano - generalmente - alcune specificità tali da allertare sulla sussistenza di modalità elusive:
    • la parziale riproduzione (o falsificazione della copia prodotta) del documento originale. Si è accertato, all’esito di indagini, ad esempio che l’autorizzazione era stata rilasciata solo per il trasporto di rifiuti prodotti dal titolare e/o in limiti quantitativi;
    • il rilascio dell’autorizzazione da parte di Regione diversa dall’Abruzzo (quasi sempre Regione Campania);
    • l’avere il titolare dell’autorizzazione la residenza (o sede, nel caso di impresa individuale o società) in luogo lontano, tale da non giustificare il trasporto in Abruzzo.
Nei casi suindicati questa Procura ha operato e opera nel seguente modo:
  1. richiesta di convalida ed emissione del decreto di sequestro preventivo del veicolo (e del materiale trasportato) operato dalla polizia giudiziaria anche ai danni di proprietario del veicolo diverso dalle persone denunciate;
  2. ovvero richiesta di sequestro preventivo dei veicoli se non disposto dalla polizia giudiziaria, caso ormai raro all’esito della direttiva impartita puntualmente eseguita dai comandi di PG;
  3. formulazione di parere negativo sulle istanze di restituzione del veicolo presentate dai proprietari dei veicoli (indagati ovvero terzi proprietari non indagati) variamente motivate e documentate (talvolta con documentazione prodotta in copia non corrispondente a quella originale). Il Giudice per le indagini preliminari ha rigettato le istanze e tenuto fermo il sequestro. Il Tribunale del Riesame di Chieti ha costantemente confermato i sequestri, così come la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi proposti;
  4. emissione dell’avviso ex 415 bis c.p.p. e del successivo decreto di citazione2;
Nella quasi totalità dei casi condanne sono state emesse sentenze di condanna, anche divenute definitive, disponendosi nelle more la vendita del veicolo sequestrato3.
Le indagini svolte, anche da comandi di altri circondari (Chieti e Pescara), hanno consentito di verificare le seguenti circostanze ricorrenti:
  • le licenze comunali per il trasporto itinerante di cui al punto sub b) sono state rilasciate da un numero limitato di comuni;
  • i rapporti tra i soggetti denunciati e i titolari delle autorizzazioni e/o i proprietari dei veicoli sono i più vari;
  • non di rado i soggetti fermati hanno subito diverse denunce per i medesimi fatti;
  • spesso i veicoli sono di proprietà dei medesimi soggetti;
  • esistono imprese che nella “apparente” legalità svolgono in modo professionale attività di trasporto dei materiali ferrosi in questione, con numerosi dipendenti e veicoli di proprietà;
  • i titolari di autorizzazioni regionali ai trasporti rilasciate da altre Regioni sono “teste di legno” o soggetti che non svolgono alcuna attività imprenditoriale.


3.2. Quando i materiali ferrosi hanno natura di rifiuto

I materiali ferrosi nei casi ora esaminati (trasporto di tubi di ferro, lavatrici, scaldabagni, parti di questi, scarti, etc.) sono classificabili rifiuti ai sensi del d.lgs. n. 152/06. In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione secondo cui questi prodotti perdono la natura di rifiuto e divengono “materiale riutilizzabile” (c.d. materie prime secondarie) solo qualora ricorrano specifiche caratteristiche previste dalla normativa4.
In ogni caso colui che afferma che trovi applicazione la disciplina derogatoria sulla qualifica di rifiuto ha l’onere di allegare e dimostrare il suo rispetto5.


3.3. Le conseguenze sulla normativa applicabile (reato configurabile e obbligo di sequestro del veicolo)

Qualora un veicolo trasporti materiali ferrosi, in assenza di documentazione inequivocabile relativa alla qualificazione come sottoprodotto, questi devono ritenersi rifiuti, con la conseguenza che trovano applicazione la disposizioni di cui all’art. 212 d.lgs. n. 152/12 dell’iscrizione nell’apposito Albo previsto. In assenza di tali presupposti si integrano gli estremi del reato di cui all’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/066.
Opera, di conseguenza, l’obbligo del sequestro del veicolo, pur se di proprietà di terzi, ai sensi dell’art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152/06 7, senza alcuna facoltà discrezionale in questa prima fase8.
Quanto alla classificazione dei rifiuti, rilevante ai fini della contestazione del reato, si tratta generalmente di rifiuti non pericolosi. Pur se la Suprema Corte non ritiene necessaria un’apposita indagine per ritenerli tali9, si potrà richiedere l’intervento dell’ARTA, eventualmente nominando il personale “ausiliario di polizia giudiziaria” ex 348 c.p.p. (la direttiva è inviata per conoscenza al Dirigente dell’Arta).


3.4. L’irrilevanza delle eventuali licenze comunali rilasciate

3.4.1. La disciplina vigente prima dell’entrata in vigore della l. n. 221/2015
Si esamina la disciplina in vigore prima della l. n. 221/2015, ancora operante per i fatti commessi fino all’1 febbraio 201610.
Nei casi di trasporto ora indicati è irrilevante la produzione della licenza comunale per il commercio itinerante (attività ambulante di categoria “B”) per prodotti non alimentari, vi sia o meno il riferimento al materiale ferroso, non trovando applicazione, come sostenuto in alcune istanze presentate dalle parti, l’art. 266, comma 5, d.lgs. n. 152/0611.
Tale disposizione, di cui è nota l’origine e l’evoluzione12, esime dall’iscrizione all’Albo nazionale previsto dall’art. 212 d.lgs. n. 152/06 (e dunque non si integra il reato di cui all’art. 256, comma 1, d.lgs. cit.) nei soli casi di attività di raccolta e trasporto di beni classificabili rifiuti non pericolosi prodotti da terzi in cui ricorrano congiuntamente, come precisato dalla Corte di Cassazione13 (anche dopo l’emanazione della direttiva del 7 novembre 2012 in alcune sentenze che ripercorrono l’iter logico della stessa direttiva14), due requisiti :
  1. la persona sia abilitato all'esercizio dell'attività in forma ambulante;
  2. la persona trasporti “rifiuti” che formano oggetto del suo commercio.
Sono esclusi, dunque, dal disposto degli artt. 212 e 256 d.lgs. n. 152/11 i soli trasporti che siano inquadrabili nell’ambito della disciplina ambulante per cui vi è licenza e sempre che si tratti di rifiuti relativi ai prodotti per il quale il soggetto è autorizzato al commercio15 che, perciò perdono sostanzialmente la qualifica di rifiuto perché:
  • è consentito l’acquisto o il ritiro sulla base della licenza (non la mera raccolta per strada di un rifiuto, oggetto, perciò, abbandonato da terzi);
  • è consentito il trasporto dal luogo dell’acquisto o del ritiro al luogo di vendita (itinerante) senza manipolazione produttiva e imprenditoriale del bene;
  • è consentita la vendita al dettaglio secondo le disposizioni sulla vendita ambulante.
In definitiva si tratta, ad esempio, dei cd. “robivecchi” e attività assimilate.
Solo in presenza dei requisiti suindicati, certo non ravvisabili nei casi esaminati da questa Procura, non è necessaria l’iscrizione all’apposto Albo per il trasporto dei rifiuti.
In definitiva, premesso che più volte le indagini svolte hanno consentito di accertare problematiche di varia natura con riferimento alle”fotocopie” di licenze prodotte dagli interessati, l’art. 266, comma 5, d.lgs. n. 152/06 non può comportare alcuna elusione alla normativa di tutela ambientale16.

3.4.2. La disciplina di cui alla l. n. 221/2015 applicabile ai fatti commessi dal 2 febbraio 2016

Il quadro normativo di riferimento ora descritto è mutato con l’approvazione della legge 8 dicembre 2015, n. 221 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali”, entrata in vigore il 2 febbraio 201617 (perciò applicabile per i fatti-reato commessi da tale data).
L’art. 30 della legge raccoglie la proposta avanzata dall’Osservatorio nazionale sui furti di rame, finalizzata a impedire l’illecito riutilizzo del rame trafugato, consentendone la tracciabilità18.
Prevede il citato art. 30: (Raccolta e trattamento dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi): “1. All'articolo 188 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 1 e' inserito il seguente: «1-bis. Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all'articolo 212, comma 5, ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all'articolo 266, comma 5”.
Dunque le innovazioni legislative eliminano qualunque incertezza interpretativa sulla rilevanza delle licenze comunali indicate:
  1. i produttori o detentori di rame o metalli ferrosi/non ferrosi hanno l’obbligo di consegnarlo ad unicamente ad imprese, soggetti pubblici o privati autorizzati alle attività di trasporto e raccolta di rifiuti;
  2. per le medesime finalità è previsto che i soggetti che esercitano in forma ambulante l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti di rame e rifiuti ferrosi e non ferrosi non possano essere più esentati dal possesso delle autorizzazioni previste per legge, tra cui, dunque, l’autorizzazione regionale al trasporto.
Si può, dunque, ritenere che per i fatti commessi dal 2 febbraio 2016 il legislatore abbia fatta propria l’interpretazione giurisprudenziale (par. 3.4.1).


4 – Conclusioni: le direttive impartite.

Conclusivamente, qualora si accerti il trasporto di materiale ferroso di varia natura la polizia giudiziaria procederà nel seguente modo (per i fatti commessi a partire dal 2 febbraio 2016):
  1. verificherà l’esibizione da parte dell’interessato:
  • di idoneo certificato di iscrizione all’Albo previsto dall’art. 212 d.lgs. n. 152/06, abilitante il trasporto dei rifiuti per quel determinato veicolo;
  • nonché di documentazione che attesti:
    • la lecita acquisizione del rifiuto trasportato (desumibile dal FIR);
    • ovvero l’inequivocabile qualificazione delle cose trasportate quali sottoprodotti (materiale da recupero, per il quale sono previste rigorose caratteristiche dalla normativa secondaria), peraltro mai registrata in concreto (nei casi dubbi potrebbe richiedersi l’intervento di personale dell’ARTA);
  1. non sarà attribuito alcun rilievo a licenze comunali ambulanti pur se rilasciate espressamente per scarti ferrosi, sia nel caso di trasporto esercitato dal titolare sia da persone che producano documenti apparentemente attestanti la qualità di dipendente del titolare;
  2. qualora non ricorrano i requisiti suindicati alla lettere a) ovvero non vi siano elementi di certezza sull’esistenza di tali requisiti (in questa fase è sufficiente il fumus del reato), procederà ai seguenti adempimenti:
    • denuncia di colui che effettua il trasporto (conducente e persone a bordo del veicolo) per il reato di cui all’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 156/06, curando gli adempimenti relativi alla dichiarazione o elezione di domicilio di cui alla direttiva del 24 ottobre 2012;
    • sequestro del veicolo, ex art. 321 comma 3 bis c.p.p., anche se intestato a terzi (ai sensi dell’art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152/06), indicando il nominativo del proprietario;
    • eventuale classificazione dei rifiuti tramite personale dell’ARTA;
    • sequestro dei rifiuti, se non possono essere agevolmente smaltiti o conferiti nelle forme di legge (previa, in questo caso, documentazione fotografica);
    • indicazione (sempre che sia possibile acquisire tali elementi tramite le banche dati disponibili):
      • delle eventuali precedenti segnalazioni o denuncie per fatti analoghi:
        • nei confronti delle persone denunciate;
        • nei confronti del proprietario del veicolo (non direttamente denunciato) nonché alla elencazione di eventuali altri veicoli di proprietà di costui;
      • dell’esistenza di eventuali precedenti analoghi accertamenti relativi al medesimo veicolo sequestrato.

La Procura, dopo avere ottenuto la convalida e il decreto di sequestro disporrà la notifica alla sola persona cui il bene è stato sequestrato.

I Comandi in indirizzo vorranno trasmettere tempestivamente la presente direttiva ai Comandi dipendenti operanti nel circondario di Lanciano.

Ringrazio per la collaborazione.

Lanciano, 17 marzo 2016
Il procuratore della Repubblica
dott. Francesco Menditto

1 La direttiva ha avuto ampia diffusione a livello nazionale con pubblicazione su siti e riviste giuridiche.. E’ stata anche diramata con circolare della Direzione Centrale della Polizia Criminale con riferimento all’attività di prevenzione di reati ambientali.
2 Per rendere chiara la necessità della decisione sulla confisca all’esito della condanna si precisa nel capo di imputazione l’obbligo della misura anche nei confronti di persona estranea al reato qualora non dimostri la buona fede. Questo un capo di imputazione “generico” (qualora sia esibita una licenza di cui si parlerà oltre si precisa l’irrilevanza di tale titolo):
“del reato p. e p. dall’art 256, comma 1, lett. a) e b), d.lgs. n. 152/06 in relazione all’art. 208 del d.lgs cit. perché esercitava, senza autorizzazione, l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi (nella specie XXXX) e pericolosi (XXXXX), meglio specificati nel processo verbale di sequestro del XX ad opera di XXX, utilizzando il veicolo tg AAAAAAA di proprietà di TIZIO (in sequestro e soggetto a confisca obbligatoria in assenza di prova da parte del proprietario della propria buona fede nella consegna del veicolo agli imputati). Accertato in XXX, il XXX”.
3 Questa la richiesta avanzata al Gip nella fase delle indagini: “Con richiesta di disporre, ai sensi dell’art. 151, comma 3, DPR 115/02 la vendita del veicolo in sequestro, soggetto a deterioramento e comunque con custodia con rilevante dispendio per lo Stato. Invero sia gli indagati che il proprietario del veicolo (soggetto a confisca obbligatoria) sono irreperibili, sicchè l’ulteriore custodia comporterebbe un rilevante dispendio per lo Stato, con trattenimento in sequestro fino alla definizione del procedimento, con scarsissime possibilità di recupero delle spese”.
4 Questa la giurisprudenza della Corte di Cassazione:
  • “In tema di gestione dei rifiuti, l'attività di stoccaggio di rottami ferrosi in attesa dell'avviamento alle operazioni di recupero senza l'osservanza delle prescrizioni di legge (D.M. ambiente 5 febbraio 1998), anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, integra il reato d'inosservanza delle prescrizioni, in quanto i predetti materiali non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto non rilevando la loro riutilizzazione da parte dei terzi acquirenti, né gli stessi sono classificabili come materie prime secondarie ovvero sottoprodotti, essendosi il detentore disfatto di tali materiali avviandoli alle operazioni di recupero” (S.C. sent. n. 35911/08);
  • “In tema di gestione dei rifiuti, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 al D.Lgs. n. 152 del 2006 (cosiddetto Testo Unico ambientale), i rottami ferrosi rientrano nel campo d'applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e non pericolosi e relativo regolamento, assumendo in tal caso la qualificazione di materia prima secondaria” (S.C. sent. n. 833/09).
Tale orientamento non è mutato dopo l’emanazione del Regolamento 333/2011/UE recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti trasformandoli in materie prime secondarie, in vigore dal 9 ottobre 2011 (S.C. sent. n. 17823/12). Il regolamento definisce la cessazione della qualifica di rifiuto per i rottami metallici di ferro, limitando quali possono essere sottoposti ad operazioni di recupero, le modalità di recupero di tali rifiuti affinché i materiali ottenuti possano cessare di essere rifiuti e le caratteristiche che devono avere i materiali ottenuti dalle operazioni di recupero per poter uscire dalla disciplina dei rifiuti. All’interno degli allegati I e II del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. si trovano i criteri per i rottami di ferro e acciaio e per i rottami di alluminio. Se uno scarto non conserva tali criteri viene meno la cessazione della qualifica di rifiuto e durano gli obblighi relativi alla disciplina sui rifiuti.
Cfr., recentemente, Cass. Pen., Sez. III, 10 giugno 2014 (dep. 17 ottobre 2014) n. 43430, Paolini, in Ced Cass. n. 260975: “In materia di rifiuti, l'entrata in vigore del regolamento UE del 31 marzo 2011, n. 333 - recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici possono cessare di essere considerati rifiuti - non determina il venir meno della rilevanza penale delle precedenti condotte di abusiva gestione, in quanto la perdita della qualità di rifiuto deriva non solo dalla natura, consistenza e trattamento dei rottami, ma anche dal rispetto delle prescrizioni e dal positivo esito delle procedure preliminari previste dalla disciplina comunitaria la cui attuazione può trovare applicazione solo per il futuro. (Fattispecie in cui è stato ritenuto penalmente rilevante l'accumulo indistinto di residui metallici nell'area esterna alla sede della ditta produttrice). In tal senso Cass. Pen., Sez. III, 20 dicembre 2012 (dep. 6 febbraio 2013), n. 5868, Costanzo, inedita
5 L'eventuale assoggettamento di detti materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina ordinaria “implica la dimostrazione, da parte di chi lo invoca, della sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge" (S.C. sent. nn. 40855/10, 16727/11, 25358/12).
6 Art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/06: “Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto,recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 e' punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi”.
7 Art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152/06: “Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto”.
In tutti i casi di disposto sequestro non si è mai accertata l’estraneità del proprietario, con conseguente trattenimento del vincolo cautelare. Più volte sono state presentate istanze da parte di terzi che, però, non sono risultati “estranei” al reato. In alcuni casi le indagini svolte hanno consentito l’estensione dell’imputazione nei confronti del proprietario del veicolo
8 In tal senso la giurisprudenza della Cassazione (S.C. nn. 20935/0915105/10), salva la prova la prova della buona fede da parte del proprietario in ordine all’assenza di comportamenti negligenti nell’utilizzo del veicolo per l’uso illecito contestato che dovrà essere offerta al pubblico ministero o al giudice (S.C. nn. 4747/08, 15105/10, 18515/15).
9 S.C. sent. n. 11587/12.
10 La legge n. 221/2015, di cui si parlerà oltre, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18 gennaio 2016 ed è entrata in vigore dopo l’ordinaria vacatio legis il 2 febbraio 2016.
11 Art. 266, comma 5, d.lgs. n. 152/06: “Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attivita' medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio”.
12 L’art. 4, comma 27, della l. n. 426/98 inserivo nel D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 58, il comma 7 quater, secondo cui "Le disposizioni di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, artt. 11, 12, 15 e 30 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio".
Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 58, comma 7-quater è stato riprodotto nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 5.
13 La Suprema Corte (sent. nn. 232195/05, 235057/ 06) affermava, dopo l’entrata in vigore dell’art. 4, comma 27, della l. n. 426/98 cit.: “In conseguenza di tale innovazione legislativa, l'attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi effettuata in forma ambulante da chi possiede il relativo titolo abilitativo è sottratta alla disciplina del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e quindi non richiede l'iscrizione all'albo dei gestori dei rifiuti con conseguente esclusione della configurabilità del reato di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, sempre che:il soggetto sia abilitato all'esercizio dell'attività in forma ambulante e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio”.
Questa giurisprudenza è stata confermata dopo l’emanazione del d.lgs. n. 152/06 (ad esempio, S.C. nn. 20249/09, 25370/12), precisandosi ulteriormente in modo rigoroso che la licenza comunale per ambulante riguarda i soli rifiuti per i quali è consentito il commercio al dettagli itinerante:
  • Cass. Pen., Sez. III, 24 novembre 2011 (17 febbraio 2012), n. 6602, Preda, in Ced. Cass. n. 251978: “Integra il reato previsto dall'art. 256 D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 il trasporto di materiale ferroso e di altri rifiuti speciali da parte del titolare di una licenza comunale per il commercio itinerante su aree pubbliche o per il recupero di rottami metallici, non potendo quest'ultima valere come autorizzazione a fini ambientali la cui presenza esclude l'illiceità della condotta”.
  • Cass. Pen., Sez. III, 10 gennaio 2012 (dep. 10 luglio 2012), n. 27290, PM in proc. Curt e altro, in Ced Cass., n. 253046: “nel caso di specie, anche se esiste un’autorizzazione del Comune di Montesilvano all’esercizio dell’attività di commercio nel settore non alimentare su aree pubbliche in forma itinerante, detta autorizzazione non può essere equiparata alle autorizzazioni a fini ambientali previste dalle norme richiamate dal D,Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, in relazione alla raccolta, trasporto, al recupero, allo smaltimento, ai commercio e all’intermediazione di rifiuti”.
14 Queste le sentenze della Suprema Corte successive alla direttiva del 7 febbraio 2012:
1) Cass. Pen., Sez. III, 9 aprile 2013 (dep. 3 maggio 2013), n. 19111, Mihalache, in http://www.dirittoambiente.net/file/rifiuti_sentenze_255.pdf, in cui si ricostruisce la disciplina di settore e si confermano le indicazioni contenute nella direttiva:
  • la disciplina derogatoria di cui all’art. 266, comma 5 ult. parte, d.lgs. n. 159/11 è circoscritta ai soli rifiuti che formano oggetto del commercio del soggetto abilitato;
  • la disciplina sul commercio contenuta nel D.Lgs. n. 114/98, all'art. 4, comma 1, lett. b), definisce il "commercio al dettaglio" e, all’art. 27, comma 1, lett. b), il commercio sulle “aree pubbliche” consentito;
  • l'attività commerciale esercitabile sarà quella che può essere svolta "su qualsiasi area purché in forma itinerante" ed è soggetta all'autorizzazione di cui al successivo comma 4, rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività;
  • la verifica del settore merceologico entro il quale il commerciante è abilitato ad operare deve essere oggetto di adeguata verifica, così come la riconducibilità del rifiuto trasportato all'attività autorizzata. Il giudice del merito ha il potere ed il dovere di verificare in concreto la efficacia e validità del titolo abilitativo eventualmente esibito e l’esercizio da parte del soggetto abilitato;
  • l'attività espletata resta sottratta alla disciplina generale dei rifiuti avendo il legislatore considerato la minima pericolosità per la salute e per l'ambiente di un'attività pacificamente riconducibile a quella dei cd. robivecchi;
  • l'onere della prova sul verificarsi delle condizioni fissate per la liceità della condotta grava su chi ne invoca l'applicazione;
2) Cass. Pen., Sez. III, 24 giugno 2014 (dep. 9 luglio 2014), n. 29992, PM in proc. Lazzaro, in Ced Cass. n. 260266 e ) Cass. Pen., Sez. III, 10 dicembre 2014 (dep. 8 gennaio 2015), n. 269, PM in proc. Seferovic, ivi. n. 261959, secondo “In materia di rifiuti, la fattispecie di cui all'art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, la quale sanziona le attività di gestione compiute in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo D.Lgs., è configurabile anche con riferimento alle condotte di raccolta e di trasporto esercitate in forma ambulante e con una minima organizzazione, salva l'applicabilità della deroga di cui al comma quinto dell'art. 266 del D.Lgs. 152 del 2006, per la cui operatività occorre che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio”.
3) Cass. Pen., sez. III, 17 dicembre 2014 (dep. 22 gennaio 2015), n. 2864, PM in proc. Berruti, in http://www.dirittoambiente.net/file/rifiuti_sentenze_267.pdf, secondo cui: “la deroga prevista dall’art. 266, comma 5 d.lgs. 152/06 per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio”.
Integra il reato anche il trasporto occasionale. In tal senso: Cass. Pen., Sez. III, 22 gennaio 2013 (dep. 4 aprile 2013), n. 15617, Massa, inedita; Cass. Pen., Sez. III, 19 dicembre 2012 (dep. 26 febbraio 2013), n. 9187, Caraccio, inedita-
15 L’attività in forma ambulante è prevista dagli artt. 27 e 28 del d.lgs. 114/98:
  • su posteggi dati in concessione per dieci anni;
  • su qualsiasi area purche' in forma itinerante.
Ai sensi dell’art. 28, comma 4, d.lgs. cit. l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante e' rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale.
La legge regione Abruzzo 23 dicembre 1999, n. 135 ha disciplinato la materia prevedendo:
  • l’applicabilità della legge a tutti coloro che intendono svolgere attività di vendita di commercio al dettaglio su aree pubbliche nei modi e con i mezzi consentiti dalle leggi dello Stato, dalla presente legge e dalle norme, direttive e regolamenti nazionali e locali (art. 3)
  • l'esercizio dell'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche, esclusivamente in forma itinerante, abilita alla vendita a domicilio del consumatore nonché nei locali dove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento e di svago nonché su ogni area pubblica non vietata ai sensi del successivo art. 16 comma 4, con mezzi motorizzati o altro, a condizione che la merce non venga esposta occupando suolo pubblico. Nel caso di vendita a domicilio del consumatore si applicano le disposizioni di cui ai commi 4, 5, 6, 8 e 9 dell'art. 19 del D.Lgs. 114/98 (art. 9);
  • i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione (art. 5) e le competenze dei Comuni concernenti il rilascio, la revoca, la reintestazione, la sospensione e la conversione delle autorizzazioni all'esercizio dell'attività nonché il rilascio e la revoca delle concessioni di posteggio (art. 16)
16 Cfr. le sentenze citate alle note nn. 13 e 14.
17 Cfr. nota 8.
18 L’Osservatorio è istituito in seno al Dipartimento della pubblica sicurezza è opera attraverso la cooperazione istituzionale tra le Forze di polizia, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e partners privati.

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