PROCEDURA SANZIONATORIA


EFFICACIA PROBATORIA DEL VERBALE DI ACCERTAMENTO


Violazione al Codice della Strada: efficacia probatoria del verbale di accertamento.ai sensi dell'articolo 2700 c.c. - Il passaggio del ricorrente con il "rosso" non era stato percepito direttamente dagli agenti accertatori (Cassazione , sez. II civile, sentenza 01.07.2005 n.14038)

Cassazione , sez. II civile, sentenza 01.07.2005 n.14038

Svolgimento del processo

L. Antonio proponeva opposizione avverso il verbale di contestazione, contenente irrogazione di sanzione pecuniaria, per violazione degli articoli 41 e 145 codice della strada per aver, alla guida di un veicolo, proseguito la marcia con semaforo rosso.

L'opponente sosteneva di aver attraversato un incrocio con il semaforo che indicava la luce verde e dopo gialla.

Il Comune di Castelnuovo Scrivia faceva pervenire controdeduzioni scritte.

Con sentenza 25/7/2002 l'adito giudice di pace di Tortona accoglieva l'opposizione osservando; che il passaggio del ricorrente con il "rosso" non era stato percepito direttamente dagli agenti accertatori, bensì era stato desunto attraverso valutazioni soggettive che non potevano essere assunte come valido elemento probatorio: che gli agenti rilevatori, stante la loro posizione, non potevano avere una chiara percezione del susseguirsi del passaggio di veicoli in rapporto all'avvicendarsi delle luci semaforiche: che dopo il passaggio di un autocarro con il "giallo" era possibile desumere il passaggio con il rosso dei veicoli circolanti dietro il detto autocarro: che tuttavia era altrettanto ragionevole la presunzione, in base a quanto emerso in fatto, dell'impegno dell'incrocio da parte del ricorrente quando il semaforo era ancora sulla luce arancione con conseguente impossibilità di arrestare la marcia per evitare di occupare l'incrocio e di determinare una situazione di pericolo: che pertanto non sussistevano elementi tali da permettere di accertare con sicurezza la responsabilità dell'opponente.

La cassazione della sentenza del giudice di pace di Tortona è stata chiesta dal Comune di Castelnuovo Scrivia con ricorso affidato a tre motivi. Antonio L. non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso il Comune di Castelnuovo Scrivia denuncia contraddittorierà della motivazione per aver il giudice di pace prima rilevato che dopo il passaggio dell'autocarro i veicoli che lo seguivano sono passati con il rosso" e poi affermato illogicamente che l'autovettura del L. aveva impegnato l'incrocio quando "trovandosi essa in coda all'autocarro il semaforo era ancora sulla luce arancione".

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 2700 c.c. e nullità del procedimento per violazione dell'articolo 112 c.p.c.. Il Comune sostiene che il giudice di pace: a) ha omesso di considerare che gli agenti di Polizia Municipale avevano affermato di aver visto con i proprio occhi la luce semaforica rossa: b) ha negato valore al verbale redatto dagli agenti di Polizia Municipale con riferimento a fatti avvenuti in loro presenza.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'articolo 2697 c.c. e nullità del procedimento per violazione dell'articolo 112 c.p.c. deducendo che il giudice di pace ha di ufficio mosso doglianze "per conto" del L. il quale ha sempre e solo sostenuto di essere passato con il verde "mutante in giallo" senza offrire argomenti e prove in sua favore.

La Corte e rileva l'infondatezza e, sotto alcuni aspetti, l'inammissibilità delle dei te censure che, per evidenti ragioni di ordine logico, possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza e che, pur se titolate come violazione di legge ( art. 2700, 2697 c.c. e 112 c.p.c.) e come vizi di motivazione, si risolvono tutte essenzialmente in una diversa valutazione del merito della causa e in un difforme apprezzamento delle risultanze istruttorie - con riferimento specificamente al contenuto del verbale di accertamento della violazione contestata al L. da agenti della polizia municipale del comune ricorrente come tali inammissibili in questa sede di legittimità. Trattasi infatti di compiti e di attività che sono prerogativa del giudice del merito o del potere discrezionale di quest'ultimo di apprezzamento dei fatti e delle risultanze processuali e la cui motivazione al riguardo e insindacabile in sede di legittimità se come nella specie sufficiente ed esente da vizi logici o da errori di diritto.

Il giudice di pace, con motivato apprezzamento di merito in relazione ai vari elementi probatori acquisiti (verbale di contestazione, dichiarazioni dell'opponente, controdeduzioni del Comune) considerati nel loro complesso, ha ritenuto non sorretta da prove sicure la fondatezza della pretesa sanzionatoria ossia la sussistenza dell'infrazione addebitata al L. - ed è pervenuto a detta conclusione attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a retti criteri logici e giuridici, nonchè frutto di un'indagine accurata e puntuale delle risultanze processuali.

Il giudice di pace ha dato conto delle proprie valutazioni, circa gli operati accertamenti in fatto, con sufficiente motivazione esaminando compiutamente le risultanze di causa ed esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento. Alle dette valutazioni il comune ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice di merito non è certo consentito discutere in questa sede dilegittimità, ciò comportando un nuovo autonomo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di Cassazione.

Peraltro dalla motivazione dell'impugnata sentenza risulta chiaro come il giudice del merito, nel porre in evidenza gli elementi favorevoli alla tesi del L., abbia implicitamente espresso una valutazione negativa per quelli prospettati nella contraria tesi del comune opposto.

Per quanto concerne poi la questione relativa alla fede privilegiata che, conformemente al disposto dell'art. 2700 c.c. deve riconoscersi ai verbali redatti da pubblici ufficiali, e appena il caso di richiamare il principio ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, con riferimento al verbale di accertamento di una violazione del c.s. l'efficacia di piena prova fino a querela di falso che ad esso deve riconoscersi in dipendenza della sua natura di atto pubblico - oltre che quanto alla provenienza dell'atto ed alle dichiarazioni rese dalle parti, anche relativamente "agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza (conosciuti e descritti senza margini di apprezzamento) o da lui compiuti" - non sussiste nè con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, nè con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti, i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell'ipotesi che quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna non la percezione di una realtà statica (come la descrizione dello stato dei luoghi senza oggetti in movimento), bensì l'indicazione di uncorpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 3/12/2002 n. 17106: 8/3/2000 n. 3350: 10/4/1999 n. 3522).

Nella specie la sentenza impugnata è conforme al detto principio atteso che il giudice di pace dopo aver posto in evidenza che nel verbale di accertamento si faceva riferimento al transito del veicolo del L. mentre attraversava un crocevia con il semaforo che proiettava luce rossa ha valutato tutte le circostanze di fatto emergenti dalle risultanze processuali ed ha tratto la conseguenza che sul punto il verbale opposto rappresentava solo un elemento probatorio liberamente apprezzabile non coperto dalla fede privilegiata dell'atto pubblico. Quindi il Giudice del merito ha ritenuto confrontando le opposte tesi difensive delle parti insufficientemente provata la commissione della violazione convalutazione ineccepibile e non censurabile.

Sotto altro aspetto le censure concernenti gli asseriti errori che sarebbero stati commessi dal giudice di pace nel ricostruire i fatti di causa sono inammissibili risolvendosi nella tesi secondo cui l'impugnata sentenza sarebbe basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo e frutto di errore di percezione o di una svista materiale degli atti di causa. Trattasi all'evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui è esperibile il rimedio della revocazione.

Secondo quanto più volte affermato da questa Corte, la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene al fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo di rievocazione e non di ricorso per Cassazione importando essa un accertamento di merito non consentito in sede di legittimità (sentenze 9/8/2002 n. 12807, 162002 n. 7965; 1.3.2002 n. 3024; 3/2/2000 n. 1195).

In definitiva sono insussistenti gli asseriti vizi di motivazione e le dedotte violazioni di legge che presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito.

Va solo aggiunto, con riferimento all'asserita violazione dell'articolo 112 c.p.c. che, come risulta precisato nella parte narrativa della sentenza impugnata il L., con l'atto di opposizione al verbale di contestazione sostenne espressamente di aver attraversato l'incrocio in questione con il semaforo che proiettava luce verde e subito dopo gialla. Nel corso del giudizio l'opponente ribadì la propria tesi difensiva peraltro esposta nell'immediatezza del fatto agli agenti accertatori e fatta inserire nel verbale impugnato precisando le circostanze di fatto e di luogo poste a base di detta tesi.

Quindi il Giudice di pace al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente era tenuto a valutare il materiale probatorio acquisito per verificare la fondatezza o meno dei motivi di opposizione e così operando non si è "sostituito" al L. e non ha posto a fondamento della decisione impugnata elementi di fatto e di diritto non prospettati dalla parte o una "causa petendi" non fatta valere con l'opposizione, nè ha rilevato di ufficio ragioni di nullità del provvedimento.

Peraltro, come questa Corte ha avuto modo di precisare, nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, il sindacato del giudice si estende alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'infrazione contestata (sentenza 29/3/2001 n. 4588).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Non si deve provvedere sulle spese del giudizio di Cassazione nel quale l'intimato Antonio L. non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2005. Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2005.



NOTE SUI SEQUESTRI AMMINISTRATIVI






















l’art.13 comma 2 Legge 1981 n. 689 prevede che

"gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui
 violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una 
somma di denaro possono altresì  procedere al sequestro cautelare delle 
cose che possono formare oggetto di  confisca amministrativa, nei modi e 
con i limiti con cui il c.p.p. consente il  sequestro alla polizia giudiziaria".




























art. 20 co. 3 legge citata:












 "Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose 
che servirono o furono destinate a commettere la violazione,
= confisca facoltativa in caso di emissione di ordinanza 
ingiunzione= sequestro facoltativo
 e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto
= confisca obbligatoria in caso di emissione di ordinanza
 ingiunzione= sequestro obbligatorio
sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è
ingiunto il pagamento














art. 20 co. 4 :













È sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione,
 l'uso,  il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione
amministrativa, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di 
pagamento.

= confisca obbligatoria in ogni caso = sequestro obbligatorio




























art. 20 co. 5:













La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene 
 a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l'uso, il porto,
 la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione 
amministrativa.

    = cause di esclusione


FALSE GENERALITA' RESE E CALUNNIA ...(omissis)...Correttamente il contegno del F. che, inducendo in errore gli agenti della polizia stradale, innesca e consente la redazione del verbale di accertamento della contravvenzione nei confronti di un’altra persona è stato valutato scientemente produttivo (dolo generico) del reato di calunnia attenuato ex art. 370 c.p. in danno di G.G. ...(omissis)... Cassazione penale - sez. VI - sentenza 15.09.2011 n. 34101


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 24 maggio
15 settembre, n. 34101
(Presidente De Roberto
Relatore Paoloni)
Motivi della decisione

1.-
All’esito di giudizio abbreviato non subordinato ad integrazioni probatorie il g.u.p. del Tribunale
di Savona, con sentenza resa il 23.5.2007, ha dichiarato F.M. colpevole del reato di guida in stato di
ebbrezza (art. 186
co. 2 c.d.s. nel testo all’epoca vigente) e dei reati, avvinti da concorso formale, di
calunnia e di sostituzione di persona aggravate per avere accusato, sapendolo innocente, tale G.G.
dell’anzidetto reato
ex art. 186 co. 2 c.d.s., fornendo agli agenti della polizia stradale che lo avevano
controllato alla guida di un’autovettura, accertandone (in base a doppio esame alcolimetrico) lo
stato ebbrezza alcolica, le generalità del G., suo conoscente, così traendo in inganno gli operanti e
sostituendo indebita
reato di cui all’art. 186 co. 2 c.d.s. Fatti reato commessi a (omissis), per i quali il decidente g.u.p.,
mente la sua persona a quella del G. allo scopo di procurarsi l’impunità dal
concessegli le attenuanti generiche e computata la diminuente per il rito, ha condannato il F. alle
pene di dieci giorni di arresto ed Euro 200,00 di ammenda per la contravvenzione e di un anno e
quattro mesi di reclusione per i delitti di cui agli artt. 368 e 494 c.p.
Il decidente ha fondato il giudizio di colpevolezza del F.
sull’avvenuta redazione di un verbale di
accertamento della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza a carico di G.G., persona le cui
generalità sono state falsamente declinate dall’effettivo responsabile della contravvenzione,
l’odierno imputato, no
Emergenze di fatto non messe in dubbio dal F. e tali da integrare i contestati delitti di calunnia e di
sostituzione di persona, atteso che costui - nel fare il nome di una persona realmente esistente (e da
n trovato in possesso della patente di guida e di altri documenti identificativi.
lui conosciuta) anche dopo l’esecuzione della prova alcolimetrica che ne attestava l’eccedente
assunzione di bevande alcoliche (stato di ebbrezza) - ha scientemente simulato a carico del
conoscente (G.) "tracce di reato ido
nee a far sorgere il pericolo di esercizio dell’azione penale nei
suoi confronti". Evento in concreto prodottosi, il verbale di accertamento-denuncia della polizia
stradale essendo stato ritualmente trasmesso all’autorità giudiziaria e soltanto in seguito
verificato che il G. doveva identificarsi nel F.
2.-
essendosiAdita dall’impugnazione del F., la Corte di Appello di Genova con sentenza in data 13.7.2010
ha confermato in punto di responsabilità la decisione di condanna di primo grado, limitandosi a
mit
attenuante speciale prevista dall’art. 370 c.p. in ordine all’ascritto reato di calunnia, attesa la natura
igare il trattamento sanzionatorio applicato all’appellante, cui ha riconosciuto la circostanza
contravvenzionale del reato di guida in stato ebbrezza di cui il F. ha falsamente accusato,
attribuendosi la sua identità, il conoscente G.. Per l’effetto la pena inflitta al F. per i due delitti
contestatigli è stata ridotta ad un anno e due mesi di reclusione.
Nel merito dei fatti reato i giudici di secondo grado hanno considerato infondata la tesi difensiva
dell’appellante. Tesi secondo cui non sarebbe configurabile nel suo contegno di autoattribuite false
generalità di altro soggetto il reato di calunnia, perché egli avrebbe così agito al solo scopo di
e
ludere la responsabilità per l’illecito amministrativo di guida senza patente ex art. 116 co. 13 c.d.s.
(fatto non suscettibile di integrare il reato di calunnia) e di impedire così l’inevitabile fermo
dell’autoveicolo. Condotta di dichiarate false generalità manifestata nell’immediatezza del controllo
di p.g., non potendo egli in quel momento prefigurarsi che gli agenti lo avrebbero sottoposto
all’esame etilometrico, di tal che in questa seconda fase dell’accertamento non avrebbe potuto
"ritrattare" le pre
sentenza di appello ha escluso che il contegno dell’imputato si sia inscritto nel legittimo esercizio
cedenti false generalità, così accusandosi del reato di cui all’art. 495 c.p.. La
del diritto di difesa scriminante la sua responsabilità penale per la falsa accusa di guida in stato di
ebbrezza implicitamente mossa al G.. Quand’anche si ammetta che davvero il F. nel declinare
subito alla polizia stradale false generalità abbia inteso eludere la propria responsabilità per la guida
senza patente (sapendo essere il G. in possesso di regolare patente di guida), non è revocabile in
dubbio - ragionano i giudici di appello -
suo conclamato stato di ebbrezza l’imputato avrebbe dovuto fornire alla p.g. le
generalità, essendogli ben chiaro che tale suo elusivo contegno, esorbitante dal normale esercizio
che all’atto della redazione del verbale di accertamento delproprie vere
del diritto di difesa, avrebbe determinato l’attribuzione di un illecito penale ad un soggetto diverso
ed estraneo al reato di cui all’art. 186
3.- Avverso la sentenza di appello il difensore di F.M. ha proposto ricorso per cassazione, con cui
co. 2 c.d.s.
deduce con unitario motivo di censura l’erronea applicazione dell’art. 368 c.p. e la manifesta
illogicità della motivazione. Censura articolata nei seguenti passaggi enunciativi.
La stessa Corte di Appello riconosce che l’imputato ha fornito agli agenti le false generalità del G.
perché privo della patente, che G. invece possiede e che non è accusato -quindi- di alcun reato o
illecito amministrativo. Ma contraddittoriamente la Corte assume che il F., quando gli si contesta il
reato di guida in stato di ebbrezza, avrebbe dovuto fornire le proprie esatte generalità. Si tratta, però,
di una condotta inesigibile e non conciliabile con il diritto di
difesa dell’imputato, la cui omissione
dichiarativa (sue vere generalità) non può integrare la materialità del reato di calunnia, né il
corrispondente elemento soggettivo per il principio
Ove al momento della redazione del verbal
nemo tenetur se detegere.e di accertamento e contestazione del reato di cui all’art.
186 c.d.s. il F. avesse svelato le sue vere generalità, si sarebbe ipso iute autoaccusato del reato di
false dichiarazioni sulla propria identità personale (art. 495 c.p.). Reato pacificamente commesso
nella parte iniziale dell’intervento di p.g. ed il solo che può essere ravvisato nel suo contegno.
L’imputato ha fatto legittimo esercizio dello
scandita dalla volontà di accusare falsamente il G. del
ius defendendi e la sua condotta omissiva non èreato di cui all’art. 186 c.d.s.. Mero diritto di
difesa, dunque, rispetto al quale F. non ha assunto alcuna specifica ulteriore iniziativa ricadente su
terze persone. Sicché la redazione del verbale al (falso) nome del G. deve considerarsi una
conseguenza
non voluta e indiretta del comportamento autodifensivo dell’imputato, mosso
da
Con recente decisione, del resto, la Corte di Cassazione (sentenza n. 7031/10) ha riconosciuto che
condotte assimilabili a quella del ricorrente e sottese a
animus defendendi.ll’esercizio del diritto di difesa dell’indagato
o imputato non possono integrare il reato di calunnia.
4.- Il ricorso di F.M. va rigettato per la parte relativa alla addotta insussistenza del contestato reato
di calunnia, sorretta da motivi di censura infondati sino a lambire i contorni della inammissibilità
per carente specificazione delle ragioni di critica, in gran parte riproducenti i pur vagliati motivi di
gravame avverso la sentenza di primo grado. Contestualmente va dichiarato improcedibile
129 co. 1 c.p.p., il reato contravvenzionale
prescrizione.
4.1. Per quel che concerne la calunnia ascritta al ricorrente, va subito rilevato, per esattezza storica,
che la sentenza di appello non a
ex art.ex art. 186 co. 2 c.d.s., perché estinto per intervenutafferma che l’imputato ha fornito le false generalità del suo
conoscente per difendersi dalla contestazione di guida senza patente. La Corte territoriale si limita,
infatti, ad ipotizzare tale eventualità, tuttavia giudicandola ininfluente ai fini della valutazione della
susseguente condotta dell’imputato, allorché è accertata la consumazione del reato di guida in stato
di ebbrezza (ratificata con la compilazione del verbale di accertamento della p.g.), quale penalmente
rilevante per gli effetti di cui all’a
4.2. Correttamente il contegno del F. che, inducendo in errore gli agenti della polizia stradale,
innesca e consente la redazione del verbale di accertamento della contravvenzione nei confronti di
rt. 368 c.p.
un’altra persona è stato valutato scientemente 
attenuato ex art. 370 c.p. in danno di G.G.
e produttivo (dolo generico) del reato di calunnia
Senza chiamare in cause le problematiche connesse al generale obbligo dell’indagato di declinare le
proprie esatte generalità (art. 66 c.p.p.), è agevole osservare che il comportamento in concreto
tenuto dall’imputato esula del tutto da un legittimo esercizio del diritto di difesa. Il F., infatti, non si
è limitato a contestare i fatti a lui personalmente attribuiti all’esito del controllo autoveicolare e
personale di p.g. cui è stato sottoposto (anzi, a fronte della loro univoca oggettività, non se ne è in
alcun modo curato), ma con la propria unitaria condotta commissiva (indicazione di false
generalità) ed omissiva (omessa esternazione della sua vera identità personale) ha deliberatamente
esposto l’esistente G., di cui si è falsamente attribuito le generalità, al concreto pericolo di essere
sottoposto a procedimento penale.
Al riguardo va ricordato che, come si evince dalle due conformi sentenze di merito, la p.g. ha
inviato alla competente Procura della Repubblica di Savona la comunicazione della notizia di
reato
che soltanto a distanza di tempo e indipendentemente da un qualsiasi intervento del "vero" imputato
si è potuto chiarire che questi doveva individuarsi nel F.
4.3. In altri termini -
ex art. 347 c.p.p., basata sulla accertata contravvenzione ex art. 186 c.d.s., al nome di G.G. ea prescindere dall’implausibile addotta imprevedibilità soggettiva della
espletata prova alcolimetrica da parte di chi, come
l’imputato, di certo sa di aver ingerito alcolici in
quantità eccessiva-
l’accusa del detto reato di cui all’art. 186 c.d.s., ma ha deliberatamente coinvolto un’altra persona,
il ricorrente non si è mosso nell’ottica difensiva di respingere da sé stesso
b
dall’intervento svolto dalla polizia stradale nei suoi personali confronti. Tale contegno dell’imputato
en conoscendone l’innocenza, in una accusa specifica e circostanziata quale quella emergente
ha in tutta evidenza trasceso il rigoroso rapporto funzionale tra la condotta e la confutazione
dell’accusa in cui si sostanzia il legittimo esercizio dello
ius defendendi, nel senso che questo non
può che esprimersi nei limiti della strumentale funzione di contestazione dell’accusa. Diritto che, se
pur si estende
fino alla possibilità dell’indagato o imputato di mentire, non giunge sino al punto di
consentirgli di accusare, in forma diretta o indiretta, persone che egli sa innocenti (cfr.,
ultimo: Cass. Sez. 2,14.10.2009 n. 2740/10, Zolli, rv. 246042).
4.4. Inconferente è il richiamo operato in ricorso ad una decisione di legittimità (Cass. Sez. 6,
ex multis, dal 27.11.2009 n. 7031/10, Marchio, non mass.), che accrediterebbe l’assunto difensivo dell’
imputato,
secondo cui condotte omologhe a quella contestatagli possono ritenersi scriminate dall’esercizio del
diritto di difesa ai sensi dell’art. 51 c.p.. La sentenza in parola, infatti, ha ad oggetto un caso in cui
diversamente da quello che coinvolge il F. -
-l’autodifesa dell’imputato è strettamente circoscritta al
fatto contestatogli con il porre in dubbio la veridicità degli accertamenti di p.g. compiuti nei suoi
confronti.
Analoghe osservazioni possono formularsi, per completezza di analisi, in rapporto a talune altre
decisioni di legittimità, che pure sembrano escludere la ravvisabilità del reato di calunnia nel
comportamento dell’indagato che, fornendo false generalità agli ufficiali di p.g. operanti, si
attribuisca l’identità di altra persona re
34696, Piaggio, rv. 248583). Anche in queste decisioni la casistica è radicalmente diversa dalla
almente esistente (v., per tutte: Cass. Sez. 6, 8.4.2010 n.
situazione riguardante l’odierno ricorrente. Si tratta di decisioni che attengono a casi di indagat
imputati in stato di arresto, cioè correttamente identificati come persone fisiche - a prescindere dalle
loro esatte generalità- cui attribuire la commissione dei fatti reato contestati. Di guisa che in simili
casi difetta in radice il pericolo che "
definitoria del canone modale integrativo della fattispecie di calunnia) nei confronti di una persona
fisica diversa dal vero imputato e sicuramente estranea a quegli specifici fatti reato. Al contrario il
caso messo in atto dal falso contegno dichiarativo sulle sue generalità del ricorrente F. si inscrive in
una situazione affatto diversa, in cui è messa in discussione la stessa identità
(
i osi possa iniziare un procedimento penale" (art. 367 c.p., normarectius identificazione) della persona nei cui confronti si vanno svolgendo le indagini. Come
chiariscono i giudici di merito, all’atto del suo controllo di p.g. il F. è privo (oltre che della patente
di guida) di un qualsiasi documento identificativo e le sue generalità sono raccolte in base alle
dichiarazioni dello stesso F., che callidamente fornisce esatte generalità e domicilio effettivo del G.,
dati anagrafici subito dopo verificati dalla p.g. come corretti. Tant’è che il pericolo di un
procedimento penale a carico del G. diviene concreto e si avvera, dal momento che inizialmente è
proprio il G. - e non il F. -
ad essere denunciato all’autorità giudiziaria e ad essere iscritto nel
registro delle notizie di reato, la falsità delle dichiarazioni del F. emergendo soltanto a seguito di
altre indagini.
4.5. Il reato contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 co. 2 c.d.s., commesso
il (omissis) è attinto da causa estintiva, essendo maturato il corrispondente termine massimo di
prescrizione (artt. 157, 161 c.p.) - in rilevata assenza di cause sospensive - già in epoca anteriore
alla pronuncia della impugnata sentenza di appello. Va quindi dichiarata, a norma dell’art. 129
c.p.p., l’intervenuta causa di estinzione del reato con connessa eliminazione della pena per esso
inflitta (dieci giorni di arresto ed Euro 200,00 di ammenda).
Non va sottaciuto che la condotta di guida in stato di ebbrezza attualmente non è più prevista come
reato, essendo stata depenalizzata per effetto della sua riqualificazione come illecito amministrativo
operata con la L. 29.7.2010 n. 120, modificativa di più disposizioni del codice stradale. Nondimeno
la causa estintiva del reato (prescrizione) si è verificata in epoca anteriore all’entrata in vigore della
legge di depenalizzazione e prevale - per il principio del
seconda causa di proscioglimento, perché in concreto più favorevole della declaratoria che il fatto
non è (più) previsto dalla legge come reato, in virtù della quale la condotta antigiuridica rimane pur
sempre perseguibile in sede amministrativa (v. Cass. Sez. 3, 25.10.1996 n. 10238, Cantagalli, rv.
206529).
È superfluo aggiungere che la predetta
favor rei (art. 2 c.p.) - rispetto a questaabolitio criminis, per l’avvenuta depenalizzazione del reato
oggetto della falsa incolpazione (reato presupposto) integrante il delitto di calunnia ascritto al
ricorrente, non dispiega effetti sulla configurabilità e sussistenza del medesimo delitto di calunnia.
La falsa attribuzione di un fatto costituente reato integra un elemento materiale della fattispecie
sanzionata dal
l’art. 368 c.p. e, come tale, non può che essere apprezzato in relazione al momento
consumativo del reato di calunnia nella sua specifica connotazione di reato di pericolo contro
l’amministrazione della giustizia. Le sopravvenute modifiche normative incide
qualificazione della condotta illecita presupposta (oggetto della falsa accusa rivolta a terzi) non
possono, infatti, influire sulla configurabilità della fattispecie incriminatrice in nome del principio
nti sulla
stabilito dall’art. 2 co. 4 c.p., avente l
(cfr.,
P.Q.M.
atitudine applicativa e referenti diacronici affatto diversiex multis: Cass. Sez. 6, 8.4.2002 n. 14352/03, Bassetti, rv. 226425).
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’imputazione di cui all’art. 186 del
codice della strada perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni
dieci di arresto ed Euro duecento di ammenda.
Rigetta nel resto il ricorso.


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Modello per un ricorso a verbali di accertamento di violazioni amministrative

A....................................................(1)

Oggetto: SCRITTI DIFENSIVI EX ART. 18 LEGGE 689/81.

  Il/la sottoscritto/a ...............................................................................................................................................                      

nato/a a......................................................................................... in data ..............................................

e residente in.................................................................via ..............................................................,              

premesso che con verbale di accertamento di violazione amministrativa n. .......................................

redatto in data.................................da...................................................................................(2)              

è/sono stata/e contestata/e la/le violazione/i di cui alla legge................................................               

per (3) ......................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................,                       

ai sensi dell’art. 18 della legge 24/11/1981, n. 689, chiede l’annullamento/archiviazione del verbale di accertamento per i motivi che seguono.

............................................................................................................................................................................,                       

............................................................................................................................................................................,                       

............................................................................................................................................................................,                       

............................................................................................................................................................................,                       

............................................................................................................................................................................,                       

............................................................................................................................................................................,                       

............................................................................................................................................................................,                       

............................................................................................................................................................................,                        

In via subordinata, il sottoscritto chiede l’applicazione del minimo edittale della sanzione

 poiché  (4)

.............................................................................................................................................................................

.............................................................................................................................................................................

Allega:

1)  copia del verbale di accertamento

2) .......................................................................................................................................................................                            

Luogo e data ................................................................               



Firma....................................................................................................................................................................  
(1) indicare l'Autorità competente a ricevere gli scritti difensivi, segnalata nel verbale
(2) indicare l'organo accertatore
(3) indicate la violazione contestata
(4) ad es. : condizioni economiche disagiate, tenuità del fatto, ripristino dei luoghi






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