SCARICHI

REFLUI INDUSTRIALI
precisazioni sul dettato legislativo di cui all'art. 74 lett. h) del D.Lgs.2006 n.152 (definizione di acque reflue industriali)

CORTE DI CASSAZIONE - Sez. III - sentenza del 24 maggio 2013 n. 22436








Per sentenza della Cass. Civ. n. 36982/11
 "lo scarico in pubblica fognatura, senza autorizzazione, tramite tubazione condominiale, di reflui provenienti da un locale adibito ad attività di pasticceria, bar e ristorazione, integra il reato di cui all'art. 137 TUA, trattandosi di reflui provenienti da un insediamento in cui viene svolta un'attività artigianale e di prestazione di servizi, aventi caratteristiche qualitative diverse da quelle delle acque reflue domestiche"




CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 16/05/2006 (Ud. 03/03/2006), Sentenza n. 11479

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 16 Maggio 2006 (Ud. 03/03/2006), Sentenza n. 11479
(Pres. Del Core, S.; Rel. Proto V.; Imp. A.s.m. s.p.a ed altro)

UDIENZA PUBBLICA
DEL 16/05/2006

Omissis

Svolgimento del processo

La A.s.m. s.p.a. e Fabio Lazzari si opposero all'ordinanza-ingiunzione con la quale nel maggio 2001 la Provincia di Brescia aveva irrogato loro in solido la sanzione amministrativa di lire 5.045.000 prevista per la violazione dell'art. 54, comma 1, del D.lgs. n. 152/1999, in quanto lo scarico dell'impianto di depurazione del Comune di Cellatica gestito dalla società predetta aveva superato i valori-limite di emissione di cui alla tabella 3 dell'allegato 5 al D.lgs. citato. Contestarono, in particolare, la equiparazione dello scaricatore di piena di detto impianto a un nuovo scarico non autorizzato, l'applicazione dei valori di cui all'art. 28 D.lgs. n. 152/1999 agli scarichi provenienti dagli scaricatori di piena, i metodi di campionamento utilizzati, la rappresentatività del campione prelevato e l'applicazione della tabella 3 dell'allegato 5 agli scarichi di acque reflue urbane.

Nella resistenza dell'amministrazione convenuta, l'adito Tribunale di Brescia, con sentenza 19 settembre 2002, rigettò il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni. Poiché lo scolmatore di piena, funzionando "in continuo" malgrado non fossero in atto precipitazioni atmosferiche, non aveva in concreto svolto la sua peculiare funzione, ne era pienamente giustificata la qualificazione come (nuovo) scarico alla stregua dell'art. 2 lettera bb) D.lgs. n. 152/1999, soggetto, quindi, al rispetto dei valori - limite di emissione generalmente previsti dal successivo art. 28 per tutti gli scarichi, nessuno escluso.

Non valeva in contrario l'autorizzazione in precedenza concessa, sotto forma del silenzio-assenso, non potendo il provvedimento tacito riferirsi che a uno scaricatore di piena in grado di assolvere le finalità per le quali era stato predisposto. Alla luce del quadro normativo di riferimento, l'adozione del campione medio è tornato a essere, per gli scarichi industriali in acque superficiali e sul suolo, solamente tendenziale e non tassativa, in quanto l'autorità, dandone adeguata motivazione nel verbale di prelievo, può effettuare il campionamento su tempi diversi (e, quindi, anche più brevi) al fune di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico, qualora lo giustifichino particolari esigenze legate alla specificità del singolo accertamento.

Sulla scorta di tali principi, nel caso di specie il campionamento, pur se eseguito in un arco di tempo (35 minuti) decisamente inferiore a quello minimo previsto dalla legge, aveva formato un campione adeguatamente rappresentativo dello scarico, trattandosi di "liquido torbido, incolore, inodore", da cui era ictu oculi percepibile la presenza di un fenomeno inquinante, tale da giustificare il ricorso a una forma di prelievo quale quella attuata e, al tempo stesso, rendere superflua la specificazione nel verbale delle ragioni che avevano condotto alla scelta effettuata.

Non valeva la regola della legittimità del campione annuo non conforme, trattandosi di "eccezione" prevista in relazione ai soli valori - limite indicati in tabella 1, laddove, viceversa, quella applicabile nella specie era la tabella 3; in ogni caso, le concentrazioni rilevate erano superiori a quelle massime consentite affinché potesse dirsi operante l'eccezione in parola.

Trattandosi non di "acque urbane" ma di "fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali", i limiti di emissione da tenere presenti, a prescindere dall'interpretazione della nota 2), erano quelli indicati non alla tabella 1 ma alla tabella 3. D'altro canto, nel concetto di "acque urbane" sono pur sempre comprese - o, comunque, possono esserlo - le "acque industriali", se è vero che costituiscono "acque reflue urbane" - oltre alle "acque reflue domestiche" - il "miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, ovvero meteoriche di dilavamento" a condizione che, in questo secondo caso, si tratti di acque "convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato" (art. 2 lett. i) D.lgs. n. 152/1999). Peraltro, in presenza di acque scaricate da un depuratore comunale, per stabilire la tipologia del refluo e, quindi, dello scarico, occorre fare riferimento alla natura e alla composizione delle acque scaricate: se in esso convoglino anche "acque industriali", come sicuramente nel caso di specie, tale dovrà essere ritenuta anche la natura del refluo.

La cassazione di tale sentenza è stata chiesta dalla A.s.m. s.p.a. e da Fabio Lazzari con ricorso affidato a quattro motivi, in seguito illustrati con memoria.

Resiste la Provincia di Brescia con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, i ricorrenti denunziano violazione o falsa applicazione di norme di diritto (legislazione in materia di scaricatori di piena) e omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Contestano che lo scolmatore di piena annesso al depuratore del Comune di Cellatica - e autorizzato tacitamente dalla Provincia - svolga la sua funzione solo in caso di sovraccarico della rete fognaria dovuto a precipitazioni atmosferiche. Rilevano, in contrario, che tale limitazione non è prevista da alcuna disposizione di legge e che l'attivazione dello scaricatore, anche in assenza di precipitazioni atmosferiche, deve considerarsi coerente alla sua funzione che sarebbe quella di deviare dal depuratore qualsiasi ingresso anomalo (non solo acque bianche, quindi, ma anche acque luride) nella rete fognaria. E nella specie il dispositivo di scolmatore era entrato in funzione in presenza di un carico eccessivo della rete fognaria non determinato da eventi atmosferici, così come rilevato dall'A.s.m. e non contestato dalla Provincia di Brescia. Né incombeva all'A.s.m. provare il fatto del terzo responsabile dell'eccezionale sovraccarico nella rete fognaria, laddove si era fatta istanza di consulenza tecnica d'ufficio, cui il tribunale non aveva dato seguito, per verificare che la soglia di attivazione dello scaricatore di piena e la sua taratura erano corretti e conformi alla normativa vigente.

Con il secondo motivo, i ricorrenti denunziano violazione o falsa applicazione dell'art. 54, comma 1, D.lgs. n. 152/1999 e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Assumono che lo scaricatore come tale non è soggetto al rispetto di alcun limite tabellare, prevedendo oltretutto per esso la normativa solo limitazioni dimensionali e non quali-quantitative; in ogni caso, alla data di entrata in vigore del D.lgs. n. 152/1999, lo scaricatore in questione rappresentava uno scarico autorizzato, al pari dell'annesso depuratore, con conseguente possibilità di conformarsi alle prescrizioni introdotte dalla nuova disciplina sino al 31 dicembre 2005.

Con il terzo motivo, i ricorrenti denunziano violazione o falsa applicazione dell'allegato 5 al D.lgs. n. 152/1999 e del D.lgs. n. 258/2000 oltre a vizi della motivazione. Deducono l'assenza di prova della contestata violazione, in quanto, senza motivazione alcuna, il campione è stato prelevato nell'arco di soli 30 minuti anziché delle 24 ore previste dalla normativa vigente (D. lgs. n. 152/1999) per il campionamento di scarichi delle acque reflue urbane, quali quelle scaricate dallo scolmatore.

Con il quarto motivo e ultimo motivo, i ricorrenti denunziano violazione dell'art. 28 e della tabella 3 dell'allegato 5 al D.lgs. n. 152/1999 nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Il tribunale, sostengono, ha erroneamente ritenuto applicabile allo scarico de quo i valori-limite dell'azoto nitrico previsti dalla tabella 3 dell'allegato 5 al D.lgs. n. 152/1999. Al contrario, in base al disposto di cui alla nota 2 apposta alla tabella 3 dell'allegato 5 predetto, per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane valgono i limiti indicati nella tabella 1, che non contempla l'azoto nitroso e i tensioattivi. A nulla rileva, quindi, l'accertato superamento dei valori-limite relativi a tali fattori inquinanti. D'altro canto, il legislatore ammette per gli scarichi di reflui urbani un campione non conforme nell'anno, laddove non risultava che nel 1999 fossero stati prelevati altri campioni non in regola con la normativa vigente. Errata, altresì, è la qualificazione del refluo oggetto del campionamento. Invero, in contrasto con l'art. 2 lettera i) del D.lgs. n. 152/1999, il tribunale, pur premettendo che nella specie si era sicuramente in presenza di acque reflue urbane per le quali deve applicarsi la tabella 1, ha poi inopinatamente concluso per l'applicabilità alla fattispecie dei valori di cui alla tabella 3, riguardante le acque reflue industriali, sul presupposto, del tutto immotivato, che nel refluo in questione venissero convogliate anche acque di tale tipo.

I primi due motivi, per la complementarietà delle rispettive censure, vanno esaminati congiuntamente.

Essi si rivelano infondati.

La rete fognaria è in prevalenza del tipo unitario, con un solo condotto che raccoglie sia le acque usate e di rifiuto che le acque piovane. Esistono, poi, le reti separate per le acque usate e quelle meteoriche. C'è, infine, il sistema separatore-misto dove le acque meteoriche di prima pioggia, a causa del loro elevato carico inquinante, vengono avviate a depurazione.

Come è noto, sulle reti fognarie di tipo misto, per impedire sovrappressioni, sono installati gli scolmatori (alias scaricatori) di piena, cioè una sorta di valvola di sicurezza che entra in funzione quando l'ingresso di acque meteoriche nella rete mista eccede una certa soglia, considerata pericolosa per la fognatura. Gli impianti di depurazione devono così essere dotati di apposito manufatto scolmatore, installato a monte, atto ad escludere, nel caso di portate superiori a quelle trattabili, alterazioni al processo depurativo caratteristico dell'impianto. L'acqua eccedente la portata della rete fognaria a valle dello scolmatore determinerebbe, infatti, una diluizione del refluo fognario che, oltre un certo limite, non consente al depuratore di attivare regolarmente il processo depurativo.

Lo scolmatore di piena è, quindi, un sistema all'interno della rete fognaria finalizzato a garantire, durante eventi meteorici di rilievo, che il refluo fognario giunga al depuratore più o meno sempre allo stesso livello di concentrazione. In altri termini, in caso di pioggia, le acque in eccesso, miste ai liquami civili e industriali, vengono direttamente recapitate a un corpo idrico superficiale. Naturalmente, qualora si verifichi l'evento, i liquami vengono scaricati senza trattamento depurativo, salvo per quella quota che ha raggiunto il depuratore e che può essere passata almeno per un sistema di grigliatura-decantazione. In acque superficiali giungono, pertanto, molti degli inquinanti prodotti dalle attività industriali e artigianali del bacino servito. L'effetto inquinante è tuttavia (se non proprio annullato almeno) notevolmente mitigato dalla diluizione apportata dalle acque di pioggia. A questo scopo, la taratura dello scolmatore tiene conto della sua entrata in funzione per portate che superano di 3-5 volte la portata media, in tempo secco. Il D.M. 4 aprile 1996 punto 8.3.1. richiede una diluizione maggiore di 3 volte la portata nera media. Sono noti anche rapporti di diluizione maggiori fino a 1+19. Le scelte sono condizionate dalle caratteristiche climatiche della zona, dai tempi di osservazione dei fenomeni metereologici con tempi di ritorno di 25 o 50 anni. Tuttavia, dovrebbero essere considerati anche i corpi recipienti, non tutti adeguati per capacità di carico. Ad esempio, un corpo idrico immobile o con movimenti lentissimi, quale un lago, comporta nel tempo anche effetti cumulativi (in specie nei sedimenti) i quali ne sconsiglierebbero l'uso come recapito, cosa che non è sempre possibile evitare. Per questi motivi ormai si tende a superare il principio della diluizione e a intervenire a monte, mediante l'installazione di vasche di prima pioggia che hanno una funzione idraulica, quella di ridurre la velocità dell'acqua, e una funzione disinquinante, quella di decantare le particelle solide.

Tutto ciò premesso, anche se gli scolmatori corrispondono sicuramente alla definizione di scarico presente nel D.lgs. n. 152/1999 non è possibile (in generale) considerarli tali. A maggior ragione non avrebbe senso stabilire un limite allo scarico di tale tipo di manufatti. C'è tuttavia scolmatore e scolmatore. Quello che si attiva in occasione di fenomeni piovosi, assicurando il rapporto di diluizione sulla base del quale è stato calcolato, e quello che, invece, scarica regolarmente reflui urbani nel corpo idrico recettore anche se non cade una goccia d'acqua piovana. Nel primo caso, il corretto funzionamento dello scolmatore, vale a dire la sua attivazione con scarico di reflui in continuo, è solamente quello che si verifica in concomitanza con un anomalo ingresso di acque bianche nella rete fognaria, generalmente connesso a fenomeni di abbondanti piogge. Diverso è il secondo caso prospettato, indice di un afflusso anomalo alla rete fognaria, non determinato da acque bianche e quindi comunque irregolare dove è necessario intervenire e far intervenire chi di dovere perchè il disfunzionamento cessi. Solo in queste occasioni, se nessuno interviene, è giuridicamente corretto contestare lo scarico non autorizzato.

Ora, nella specie è pacifico in punto di fatto che, al momento dell'accertamento, lo scaricatore di piena funzionava in continuazione pur in assenza di precipitazioni atmosferiche e che il refluo in eccesso era costituito da acque luride.

Per i principi sopra esposti, lo scaricatore o scolmatore di piena non poteva dirsi conforme allo scopo per il quale viene solitamente predisposto, avendo in tal modo scaricato non un refluo molto diluito (e quindi poco inquinante), ma, al contrario, un refluo ancor più concentrato di quello ordinariamente condotto dalla fognatura, come dimostrato dalle analisi effettuate presso il manufatto in questione, da cui è scaturita la sanzione per cui è causa.

Del resto, gli stessi ricorrenti hanno prospettato l'ingresso di afflussi anomali e parassiti ma, come si è accennato, ciò si traduce in colpa del gestore dell'impianto di depurazione, la cui responsabilità è di tipo oggettivo, per esimersi dalla quale egli avrebbe dovuto dare la prova (mancata nella specie) di avere denunziato al Comune una simile anomalia.

Per vero, dalla normativa di cui al D.lgs. n. 152/1999 viene a essere attribuita al gestore dell'impianto di depurazione delle acque reflue urbane il compito di garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, ispirandosi ai criteri dettati dall'art. 28 stesso decreto, ossia il rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e il rispetto dei valori-limite di emissione previsti nell'allegato 5. Sul gestore, in particolare, ove la situazione rimanga immutata, grava l'obbligo di verificare in continuazione la idoneità del sistema di smaltimento a mantenere le acque reflue nei limiti ammessi e, in caso contrario, di attivarsi per effettuare i necessari interventi o denunziare all'ente proprietario dell'impianto le anomalie che ne impediscono il normale funzionamento. Pertanto, il gestore dell'impianto di depurazione da cui origina lo scarico riscontrato non in regola con i limiti di accettabilità previsti per legge è oggettivamente responsabile dell'accertata violazione a meno che non ne dimostri la riconducibilità al fatto del terzo, avvenuto contro la sua volontà e senza possibilità di ovviarvi per tempo.

Lo scarico derivante dallo scolmatore di piena, non funzionante in maniera consona allo scopo per il quale era stato progettato ed (eventualmente) autorizzato, rientra nella relativa definizione operata dall'art. 2 del D. lgs. n. 152/1999 e si configura come nuovo e quindi "non esistente" al momento della entrata in vigore della normativa predetta. Al riguardo, infatti, il D.lgs. n. 152/1999, all'art. 2 lett. cc-bis), definisce come scarichi esistenti "... gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente ovvero di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data siano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'assegnazione lavori; gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente; gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e già autorizzati." Se così è, lo scarico nuovo e non autorizzato deve considerarsi immediatamente soggetto alla nuova disciplina introdotta dal D. lgs. 152/1999 e, quindi, al rispetto dei valori-limite indicati nell'allegato 5 al decreto citato, ai sensi di quanto previsto dall'art. 28 per tutti gli scarichi.

In altre parole, per non essere assoggettato ai limiti tabellari previsti dal D.lgs. n. 152/1999 lo scaricatore deve funzionare in maniera corretta, e cioè attivarsi solo in presenza di fenomeni metereologici di una certa rilevanza, ovverosia, soltanto a seguito dell'ingresso di acque bianche o comunque di reflui fognari conseguentemente molto diluiti, come tali generalmente rientranti nei limiti tabellari.

Al contrario, nel caso di specie, come più sopra evidenziato, al momento dell'accertamento, lo scolmatore di piena dell'impianto gestito dall'A.s.m. s.p.a. non svolgeva la funzione propria di tale tipologia di scarico ma, essendo continuamente in azione in pure in assenza di piogge abbondanti, doveva ritenersi come scarico diverso da quello autorizzato e quindi nuovo, ancorché originariamente connesso al depuratore comunale, e non "esistente" ai sensi del citato art. 2 lett.cc-bis). Di conseguenza, esso era soggetto alla disciplina prevista per tutti gli scarichi e, in particolare, all'obbligo del rispetto dei valori-limite di cui all'allegato 5. L'autorizzazione tacita non poteva che riguardare uno scaricatore funzionante in maniera conforme alla propria natura e non, invece, un manufatto in concreto trasformatosi in uno scarico ordinario. Ne consegue che allo scarico in parola, non conforme alla originaria autorizzazione provinciale e quindi non esistente alla data di entrata in vigore del D.lgs. n. 152/1999, non può applicarsi il regime transitorio ivi previsto (art. 62, comma 11).

Il terzo motivo è infondato.

Deve anzitutto precisarsi, in proposito, che, ai sensi del punto due dell'allegato 5 del D.lgs. n. 152/1999, il campionamento medio nelle 24 ore va effettuato esclusivamente nelle ipotesi di scarichi di acque reflue urbane (limiti tabelle 1 e 2) e non invece nell'ipotesi - ricorrente nella fattispecie (vedi infra) - di scarichi di acque reflue industriali (limiti tabella 3) in ordine ai quali l'autorità competente per il controllo dovrà eseguire, per accertare il superamento dei valori limite di emissione, campioni medi ponderati prelevati nell'arco di tre ore.

Ciò premesso, è indubbio che con l'entrata in vigore del D.lgs. n. 152/1999, applicabile ratione temporis, non è più prevista la possibilità di eseguire campionamenti istantanei per il controllo della conformità degli scarichi in relazione ai valori-limite di emissione dettati dalle tabelle 1, 2, 3 e 4 dell'allegato 5.

Il venir meno di qualsiasi riferimento alla possibilità di un campionamento istantaneo (previsto dalla sola Tabella A) dalla legge Merli, ma ritenuto applicabile anche per la verifica dei limiti della Tabella C) è stata criticata da acuta dottrina sul rilievo che ciò avrebbe comportato maggiori problemi, sia pratici che processuali, nella verifica dell'inquinamento idrico.

Il problema della sopravvivenza del metodo istantaneo di campionamento assume allora rilevanza di carattere generale.

Ora, se è vero che analizzando compiutamente la nuova disciplina emerge con assoluta chiarezza il favore del legislatore per il campionamento medio come criterio base per la valutazione della potenzialità inquinante dello scarico, occorre anche tenere presenti tre elementi.

Il primo è che gli artt. 54 e 59 del d.lgs. n. 152/1999 puniscono il superamento dei limiti tabellari anche per effetto di immissioni occasionali, cioè di comportamenti a limitata valenza temporale, di regola inferiore alle tre ore. Se il campionamento medio fosse l'unica forma di verifica consentita, si avrebbe un sostanziale svuotamento delle previsioni sanzionatorie poiché il superamento dei limiti tabellari in seguito a immissioni occasionali non sarebbe di fatto perseguibile.

In secondo luogo, non è da escludere che il destinatario del controllo, una volta che questo sia iniziato, prima del decorso delle tre ore, cessi (temporaneamente e per il tempo in cui si protrae la verifica) di sversare le sostanze inquinanti. Se fosse richiesto in modo inderogabile il campionamento medio, sarebbero del tutto vanificate le previsioni sanzionatorie in tema di violazione dei limiti tabellari e verrebbe ad essere consentita la sostanziale impunità per fatti anche gravi di inquinamento: si pensi all'ipotesi in cui, dopo il primo prelievo da cui risulti la presenza di sostanza inquinante, il titolare dell'insediamento continui a scaricare soltanto acque di lavaggio o di raffreddamento; o al caso in cui, durante il campionamento, il titolare dell'insediamento proceda a modifiche nel ciclo produttivo o ad altri interventi correttivi sul processo di depurazione tali da ridurre la genuinità del prelievo in vista della verifica della composizione dello scarico; d'altro canto, gli scarichi potrebbero non durare, per propria natura e/o per altre caratteristiche intrinseche (si pensi al caso paradigmatico dell'immissione occasionale), almeno tre ore.

Va, infine, considerato che il D.lgs. n. 152/1999 non prevede alcuna sanzione di inutilizzabilità per lo svolgimento di prelievi in difformità dalle regole sopra enunciate, con ciò implicitamente confermando il principio che l'attività relativa al prelevamento dei campioni ha natura amministrativa e che la scelta del metodo più appropriato al caso specifico è rimessa alla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione.

Ed allora il principio da tenere presente deve essere la funzione meramente strumentale del campionamento, che deve non tanto rispondere alle esigenze formali del rispetto delle procedure, quanto provare, sotto il profilo sostanziale, la rappresentatività dello scarico; occorre cioè fornire al giudice tutti gli elementi necessari perché egli, nel suo libero convincimento, possa valutare se, a seguito dell'attività amministrativa di controllo e prelievo, risultino violati i limiti di emissione previsti dalle tabelle allegate al D.lgs. citato.

In tale prospettiva la clausola di salvaguardia contenuta nel punto 4 dell'allegato 5 del D.lgs. n. 152/1999, che fa salve le procedure di controllo, campionamento e misura definite dalla normativa in essere, prima della sua entrata in vigore, sembra assumere una valenza fondamentale nel recupero della possibilità di campionamento istantaneo. A patto che, trattandosi di eccezione rispetto alla regola, gli organi di controllo attestino in modo analitico e puntuale le circostanze per le quali sono ricorsi a tale metodo e le ragioni per cui lo hanno ritenuto più adeguato a esprimere la rappresentatività dello scarico (ciclo produttivo, tempi e modi di versamento, portata e durata, ecc.). Tenendo, tuttavia, presente che la motivazione in ordine alla scelta del metodo di prelievo è un requisito della procedura la cui assenza o inadeguatezza è sottoposta al prudente apprezzamento del giudice, il quale può comunque ritenere attendibile e rappresentativo il prelievo sulla base degli elementi di fatto risultanti dal processo.

Le conclusioni cui si perviene sono confortate dalle affermazioni della Cassazione penale, la quale ha sul punto più volte osservato che: nella scelta del metodo di campionamento dei reflui sussiste una discrezionalità tecnica; la indicazione di effettuare l'analisi su un campione medio ha carattere direttivo e non precettivo, in quanto il tipo di campionamento è correlato non solo alle caratteristiche del ciclo produttivo, ma anche ai tempi, ai modi, alla portata ed alla durata dello scarico; le regole sul campionamento non devono considerarsi modificate alla luce della nuova normativa benché il decreto legislativo 17 maggio 1999 n. 152 dedichi una più puntuale disciplina alle metodiche di campionamento; in ogni caso, l'omessa adozione del campionamento medio non determina la nullità delle analisi (cfr. Cass. pen. nn. 1773/2000, 32996/2003, 41487/2002, 14425/2004).

Del resto, siffatto orientamento è stato normativamente confermato dalla modifica legislativa attuata dal D.lgs. n. 258/2000. In tal senso il disposto normativo si esprime letteralmente affermando che "le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore". Inoltre, è consentito all'autorità preposta al controllo di effettuare il prelievo con modalità diverse, al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico.

Ai principi che si sono andati esponendo, si è puntualmente adeguato il giudice a quo, il quale ha osservato che il campionamento, pur se effettuato "a metà strada tra l'istantaneo e il medio, essendosi prelevate n. 10 aliquote di litri 1 ciascuna di acqua di scarico, poi versate in un unico recipiente e mescolate tra di loro ... in un arco di tempo (35 minuti) decisamente inferiore a quello minimo previsto dalla legge", aveva formato un campione adeguatamente rappresentativo dello scarico, trattandosi di "liquido torbido, incolore, inodore", segno evidente della presenza di un fenomeno inquinante, tale da giustificare il ricorso a una forma di prelievo quale quella attuata e, al tempo stesso, rendere superflua la specificazione nel verbale delle ragioni che avevano condotto alla scelta effettuata.

L'apprezzamento del giudice di merito non solo sulla esistenza di una giustificazione per così dire in re ipsa circa la metodica di campionamento attuata in termini derogatori rispetto a quelli normativamente previsti ma anche sulla rappresentatività del prelievo in considerazione degli elementi di fatto evidenziati dall'organo accertatore, in quanto logicamente motivato, sfugge al sindacato riservato a questa Corte dall'art. 360 n. 5 c.p.c.

Anche l'ultimo motivo di censura è infondato.

Al riguardo, occorre rilevare che, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede e contestato solo su un piano meramente assertivo dai ricorrenti, il tribunale ha osservato che nella specie non si era al cospetto di acque urbane ma di "fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali", di guisa che, a prescindere dall'interpretazione della nota 2), i limiti di emissione da prendere in considerazione sono quelli di cui alla tabella 3 e non alla tabella 1. In particolare, il tribunale ha accertato che nella specie si è, in presenza, appunto, di un sistema fognario misto, assistito da un impianto di depurazione, ove sicuramente le acque che convogliano nella rete provengono da un agglomerato. Sicché i valori-limite di cui alla tabella 3, riferita precipuamente alle "acque industriali", devono pur sempre essere rispettati in presenza di quella peculiare tipologia di acque reflue urbane definite dall'art. 2 lett. i) quali "acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue civili, di acque reflue industriale ovvero meteoriche di dilavamento".

D'altronde, il tribunale ha correttamente rilevato che, in presenza di acque scaricate da un depuratore comunale, per stabilire la tipologia del refluo - e, quindi, dello scarico - occorre fare riferimento alla natura e alla composizione delle acque di fatto scaricate: se in esso convoglino anche "acque industriali", come è sicuramente nel caso di specie, tale dovrà essere ritenuta anche la natura del refluo. Non bisogna dimenticare, infatti, che la normativa di cui al D.lgs. n. 152/1999, per adeguarsi alle direttive europee, ha dettato una disciplina degli scarichi chiaramente ispirata dall'intento di privilegiare la tipologia delle acque reflue immesse nel corpo idrico recettore rispetto alla provenienza dello scarico tant'è che - sotto il profilo del trattamento sanzionatorio - si è abbandonato qualsiasi riferimento alla dicotomia "scarico derivante da insediamento civile-scarico derivante da insediamento produttivo" per assumere il diverso criterio di differenziazione fondato sulla qualità delle acque, ora, non più presunta in relazione alla sua provenienza ma espressamente definita. Nel sistema introdotto dal D.lgs. n. 152/1999, la distinzione degli scarichi è, in definitiva, fondata sulla natura delle acque reflue in essi contenute.

Infine, infondata appare l'eccezione di non rappresentatività del campione prelevato, sul presupposto che il punto 1.1 dell'allegato 5 del decreto n. 152/1999 ammetterebbe almeno un campione annuo non conforme. Invero, alla luce del dettato legislativo, l'eccezione è prevista in relazione ai soli valori - limite indicati in tabella 1, e a condizione che detti parametri non superino comunque determinate soglie ritenute particolarmente elevate. Per l'inverso, nel caso in ispecie la tabella applicabile è la 3 mentre le concentrazioni rilevate sono comunque superiori a quelle massime consentite affinché possa dirsi operante l'eccezione.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna in solido dei ricorrenti alle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 1.000, di cui € 900,00 per onorari d'avvocato, oltre spese generali e accessori di legge.
Cosi deciso in Roma, il 3 marzo 2006

 

1) Inquinamento idrico - Metodo di campionamento dei reflui - Omessa adozione del campionamento medio - Discrezionalità - Nullità delle analisi - Esclusione - D.lgs. n. 15/1999 - D.lgs. n. 258/2000. Nella scelta del metodo di campionamento dei reflui sussiste una discrezionalità tecnica; la indicazione di effettuare l'analisi su un campione medio ha carattere direttivo e non precettivo, in quanto il tipo di campionamento è correlato non solo alle caratteristiche del ciclo produttivo, ma anche ai tempi, ai modi, alla portata ed alla durata dello scarico; le regole sul campionamento non devono considerarsi modificate alla luce della nuova normativa benché il decreto legislativo 17 maggio 1999 n. 152 dedichi una più puntuale disciplina alle metodiche di campionamento; in ogni caso, l'omessa adozione del campionamento medio non determina la nullità delle analisi (cfr. Cass. pen. nn. 1773/2000, 32996/2003, 41487/2002, 14425/2004). Siffatto orientamento è stato normativamente confermato dalla modifica legislativa attuata dal D.lgs. n. 258/2000. In tal senso il disposto normativo si esprime letteralmente affermando che "le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore". Inoltre, è consentito all'autorità preposta al controllo di effettuare il prelievo con modalità diverse, al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico. (Pres. Del Core, S.; Rel. Proto V.; Imp. A.s.m. s.p.a ed altro). CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 16/05/2006 (Ud. 03/03/2006), Sentenza n. 11479

2) Inquinamento idrico - Rete fognaria - Campionamento - Sanzioni amministrative. La Corte affronta per la prima volta il tema della funzione degli scolmatori di piena, presenti all’interno della rete fognaria. Secondo i giudici di legittimità, il corretto funzionamento dello scolmatore, con la sua attivazione attraverso lo scarico di reflui in continuo, è solamente quello che si verifica in concomitanza con un anomalo ingresso di acque bianche nella rete fognaria, generalmente connesso a fenomeni di abbondanti piogge. Quando invece lo scolmatore scarica regolarmente reflui urbani nel corpo idrico recettore anche se non cade una goccia di pioggia, è necessario intervenire e far intervenire chi di dovere perché il disfunzionamento cessi: altrimenti, è giuridicamente corretto contestare l’ipotesi di scarico non autorizzato. La sentenza esamina anche il problema delle metodiche di campionamento; e lo risolve - analogamente all’orientamento che si è andato consolidando nella giurisprudenza penale (da ultimo, sentenza n. 14425 del 2004) - nel senso che il d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, recante la normativa di tutela delle acque dall’inquinamento idrico, non prevede alcuna sanzione di inutilizzabilità per l’effettuazione di prelievi in difformità dalle regole di campionamento medio previste dallo stesso decreto legislativo, con ciò implicitamente confermando il principio che l’attività relativa al prelevamento di campioni ha natura amministrativa e la scelta del metodo più appropriato al caso specifico è rimessa alla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione. (Pres. Del Core, S.; Rel. Proto V.; Imp. A.s.m. s.p.a ed altro). CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 16/05/2006 (Ud. 03/03/2006), Sentenza n. 11479
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SCARICHI METEORICI







Regione Lombardia - Disciplina e regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, in attuazione dell'Art. 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26.

REGOLAMENTO REGIONALE 24 marzo 2006, n.3

Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI
(Pubblicato nel 1° suppl. ord. al Bollettino ufficiale della Regione
Lombardia n. 13 del 28 marzo 2006)
IL CONSIGLIO REGIONALE
Ha approvato
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
Emana
il seguente regolamento regionale:
Art. 1.
Oggetto e finalita'
1. Il presente regolamento, nel rispetto delle disposizioni del
decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela
delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva n.
91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e
della direttiva n. 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti
agricole) e dei criteri generali di cui all'Art. 52 della legge
regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di
interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei
rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse
idriche):
a) disciplina gli scarichi di acque reflue domestiche e di
acque reflue ad esse assimilate;
b) disciplina gli scarichi delle reti fognarie;
c) definisce il regime autorizzatorio degli scarichi di acque
reflue domestiche, di acque reflue assimilate e di reti fognarie;
d) disciplina i campionamenti e gli accertamenti analitici,



Art. 2.
D e f i n i z i o n i
1. Fatte salve le definizioni di cui all'Art. 2 del decreto
legislativo n. 152/1999, si intende per:
a) «insediamenti, installazioni o edifici isolati» (nel seguito
«insediamenti isolati») le costruzioni edilizie ubicate esternamente
agli agglomerati, le cui acque reflue domestiche o assimilate:
1) se smaltite tramite un unico scarico, provengano da una
sola struttura o da strutture tra loro funzionalmente collegate;
2) se provenienti da piu' costruzioni indipendenti, siano
smaltite tramite distinti scarichi e siano di norma caratterizzate da
un carico organico complessivo inferiore a cinquanta abitanti
equivalenti;
b) «scarichi in atto»:
1) gli scarichi di acque reflue domestiche e di acque reflue
assimilate che alla data di entrata in vigore del presente
regolamento sono in esercizio e conformi al regime autorizzatorio
previgente;
2) gli scarichi di acque reflue urbane che alla data di
entrata in vigore del presente regolamento sono in esercizio e
conformi al regime autorizzatorio previgente, ovvero di impianti di
trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data siano
state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e
all'assegnazione dei lavori.



Art. 3.
Norme tecniche regionali
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente
regolamento, la giunta regionale approva le norme tecniche regionali
per:
a) l'identificazione, ai sensi dell'Art. 27, comma 4, del
decreto legislativo n. 152/1999, dell'insieme dei sistemi adottabili
per il trattamento delle acque reflue domestiche o assimilate
scaricate dagli insediamenti isolati;
b) l'individuazione, ai sensi dell'Art. 31, comma 2, del
decreto stesso, dell'insieme dei trattamenti appropriati cui devono
essere sottoposti gli scarichi di acque reflue urbane provenienti da
agglomerati con meno di duemila abitanti equivalenti.
2. I titolari degli scarichi possono proporre l'installazione di
sistemi alternativi a quelli di cui al comma 1, che garantiscano
prestazioni almeno equivalenti, fermo restando l'obbligo del rispetto
dei valori limite di emissione prescritti dal presente regolamento.



Art. 4.
Individuazione degli agglomerati
1. Le autorita' d'ambito di cui all'Art. 48, comma 1, della legge
regionale n. 26/2003, nel procedere all'individuazione degli
agglomerati ai sensi del comma 2, lettera i) del medesimo articolo,
si attengono alle direttive regionali emanate ai sensi dell'Art. 44,
comma 1, lettera c) della legge regionale stessa.
2. Contestualmente agli agglomerati, le autorita' d'ambito
individuano, con la collaborazione dei comuni interessati, le parti
degli agglomerati stessi sprovviste di reti fognarie.
3. Le autorita' d'ambito provvedono agli adempimenti di cui ai
commi 1 e 2 con apposito atto da assumere entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore del presente regolamento.
4. Entro sei mesi dall'attivazione degli ampliamenti delle reti
fognarie le autorita' d'ambito provvedono ad aggiornare la situazione
degli agglomerati con le modalita' di cui al comma 3.



Art. 5.
Acque reflue domestiche e acque reflue assimilate alle domestiche
1. Sono da considerare acque reflue domestiche, secondo la
definizione di cui all'Art. 2, comma 1, lettera g) del decreto
legislativo n. 152/1999, oltre a quelle provenienti da insediamenti
residenziali, le acque reflue derivanti dalle attivita' indicate
nell'allegato A.
2. Ai fini della disciplina e del regime autorizzatorio degli
scarichi, sono assimilate alle acque reflue domestiche, al sensi
dell'Art. 28, comma 7, del decreto legislativo n. 152/1999, le acque
reflue il cui contenuto inquinante, prima di ogni trattamento
depurativo, sia esprimibile mediante i parametri della tabella 1
dell'allegato B e risulti inferiore ai corrispondenti valori limite.
3. L'assimilazione di cui al comma 2 non si applica agli
effluenti di allevamento, come definiti dall'Art. 2, lettera s) del
decreto legislativo n. 152/1999, e alle acque di raffreddamento.
4. L'autorita' competente, sulla base dell'esame delle attivita'
da cui derivano le acque reflue, puo' procedere alla valutazione
della assimilazione delle acque stesse, senza necessita' di eseguire
accertamenti analitici, se le attivita' presentano un consumo d'acqua
medio giornaliero inferiore a 20 mc.
5. La determinazione degli abitanti equivalenti (di seguito a.e.)
degli scarichi di acque reflue assimilate e' fatta con riferimento:
a) al giorno in cui annualmente si registra, in relazione alla
tipologia ed all'eventuale stagionalita' delle lavorazioni, il carico
organico biodegradabile di punta, calcolato quale prodotto del volume
giornaliero e dell'inerente concentrazione media di BOD5, misurata a
monte di ogni trattamento delle acque reflue scaricate;
b) al carico di cui alla lettera a) diviso per il valore
assunto per la definizione di abitante equivalente, di cui all'Art.
2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 152/1999.
6. Nei casi di cui al comma 4, per la determinazione degli a.e.
puo' farsi riferimento a studi di carattere specialistico o a dati di
letteratura caratterizzati da elevata affidabilita'.



Art. 6.
R i n v i o
1. Per quanto non disciplinato dal presente regolamento si
applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 152/1999.




Titolo II
DISCIPLINA DEGLI SCARICHI DI ACQUE REFLUE DOMESTICHE E ASSIMILATE
Art. 7.
Recapito nelle reti fognarie degli scarichi di acque reflue
domestiche e assimilate
1. Nelle zone servite da reti fognarie, gli scarichi di acque
reflue domestiche e assimilate sono allacciati alle reti stesse,
nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio
idrico integrato.
2. Nelle zone che il comune non abbia individuato come servite da
reti fognarie ai sensi della previgente disciplina, in attesa che si
provveda all'individuazione degli agglomerati e delle loro parti
sprovviste di reti fognarie in conformita' all'Art. 4, comma 3, il
gestore del servizio idrico integrato valuta la realizzabilita'
dell'allacciamento alle reti stesse degli scarichi di acque reflue e
assimilate relativi a insediamenti per la cui realizzazione siano
rilasciati permessi di costruire, ovvero vengano a scadenza i termini
correlati alla presentazione di una D.I.A., successivamente alla data
di entrata in vigore del presente regolamento.
3. In caso di insussistenza dei presupposti per l'allacciamento
alla rete fognaria, gli scarichi di cui al comma 2 possono essere
recapitati in corpi d'acqua superficiali o sul suolo o negli strati
superficiali del sottosuolo nel rispetto della disciplina definita
per gli scarichi dei nuovi insediamenti isolati dall'Art. 8 e del
regime autorizzatorio di cui all'Art. 22.
4. Gli scarichi di cui al comma 3 sono allacciati alla rete
fognaria entro due anni dall'esecutivita' del provvedimento di cui
all'Art. 4, comma 4 ed entro lo stesso termine i titolari degli
scarichi provvedono alla demolizione o alla rimozione delle opere e
dei dispositivi realizzati per l'effettuazione degli scarichi nei
recapiti di cui al comma 3 e alle bonifiche necessarie.



Art. 8.
Disciplina degli scarichi degli insediamenti isolati
1. I nuovi scarichi degli insediamenti isolati di carico organico
inferiore a cinquanta a.e. non possono essere recapitati:
a) in corpi d'acqua superficiali;
b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, nelle
zone appartenenti al bacino idrografico dei laghi delimitate dalla
fascia di un chilometro dalla linea di costa.
2. Gli scarichi di cui al comma 1 sono sottoposti a trattamento
mediante i seguenti dispositivi, da realizzare conformemente alle
norme tecniche regionali di cui all'Art. 3, comma 1:
a) vasca Imhoff o fossa settica, gestita in modo da garantire
per i solidi sedimentabili il rispetto del valore limite di emissione
di 0,5 ml/l;
b) trincee di sub-irrigazione, senza o con drenaggio, in
relazione alla permeabilita' del terreno.
3. Le acque meteoriche derivanti dagli insediamenti di cui al
comma 1 sono raccolte separatamente, avviando al trattamento
esclusivamente le acque reflue.
4. Gli scarichi degli insediamenti isolati di carico organico
uguale o superiore a cinquanta a.e. sono soggetti, in rapporto al
loro essere nuovi o in atto, alla natura del recapito e al carico
organico espresso in abitanti equivalenti, alle pertinenti
disposizioni definite al titolo III per gli scarichi delle reti
fognarie relativi ad agglomerati di uguale popolazione equivalente.
5. Gli scarichi in atto degli insediamenti isolati devono essere
adeguati alle pertinenti disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 entro
tre anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.




Titolo III
DISCIPLINA DEGLI SCARICHI DELLE RETI FOGNARIECapo IDisposizioni comuni
Art. 9.
Divieti e obblighi
1. I nuovi scarichi di acque reflue urbane non possono essere
recapitati sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo:
a) nelle zone vulnerabili da nitrati individuate dal programma
di tutela e uso delle acque, di cui all'Art. 45, comma 3, della legge
regionale n. 26/2003 (di seguito PTUA);
b) nelle zone appartenenti al bacino idrografico dei laghi
delimitate dalla fascia di dieci chilometri dalla linea di costa, se
la popolazione equivalente degli agglomerati da cui le acque reflue
provengono e' superiore a quattrocento a.e.
2. Gli scarichi in atto di acque reflue urbane nei recapiti di
cui al comma 1 sono disattivati e recapitati in acque superficiali,
nel rispetto delle disposizioni del presente regolamento, entro tre
anni dalla data di entrata in vigore dello stesso.
3. Nelle zone appartenenti al bacino idrografico dei laghi e'
fatto divieto di recapitare nei corpi d'acqua superficiali i nuovi
scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con
popolazione equivalente da cinquanta a cento a.e.
4. Gli scarichi in atto di acque reflue urbane provenienti da
agglomerati con popolazione equivalente da cinquanta a cento a.e. nei
recapiti di cui al comma 3 sono disattivati e recapitati sul suolo o
negli strati superficiali del sottosuolo, nel rispetto delle
disposizioni del presente regolamento, entro tre anni dalla data di
entrata in vigore dello stesso.
5. Nelle reti fognarie a servizio di una popolazione equivalente
inferiore a quattrocento a.e. sono ammessi esclusivamente gli
scarichi di acque reflue industriali che rispettino i valori limite
di emissione delle tabelle dell'allegato 5 al decreto legislativo n.
152/1999 di seguito indicate:
a) se le reti recapitano in acque superficiali, tabella 3 per
gli scarichi in acque superficiali;
b) se le reti recapitano sul suolo o negli strati superficiali
del sottosuolo, tabella 4.



Art. 10.
Prescrizioni di carattere generale
1. La provincia, in sede di rilascio o di rinnovo
dell'autorizzazione agli scarichi di acque reflue urbane provenienti
da agglomerati con popolazione equivalente pari o superiore a duemila
a.e. recapitati in corpi idrici superficiali destinati all'uso
potabile o alla balneazione, come individuati dal PTUA, ovvero in
loro immissari, fino alla distanza, a monte della confluenza negli
stessi, ritenuta dalla provincia medesima tale da fornire adeguate
garanzie di carattere igienico-sanitario, fissa il limite da
rispettare per il parametro escherichia coli, prescrivendo i termini
di adeguamento e in quale periodo dell'anno il limite deve essere
rispettato.
2. Gli scarichi in acque superficiali di acque reflue urbane
provenienti da agglomerati con popolazione equivalente pari o
superiore a diecimila a.e. devono rispettare, relativamente alle
forme azotate, i soli valori limite di emissione stabiliti per
l'azoto totale e per l'azoto ammoniacale, con una concentrazione
media giornaliera di azoto ammoniacale (come N) non superiore al 30%
di quella relativa all'azoto totale.
3. Gli scarichi in acque superficiali di acque reflue urbane nei
quali e' ammessa la presenza di acque reflue industriali devono
rispettare, salvo che per i parametri BOD5, COD, solidi sospesi,
fosforo totale e per le varie forme dell'azoto, i cui valori limite
di emissione sono fissati, ove del caso, dal presente regolamento, i
valori limite di cui alla tabella 3 dell'allegato 5 al decreto
legislativo n. 152/1999, qualora:
a) le acque reflue industriali affluenti all'impianto di
trattamento delle acque reflue urbane siano caratterizzate da un COD
o da un volume complessivo superiori al 20% di quelli relativi
all'affluente all'impianto stesso, percentuali da calcolare sui
valori medi di un giorno lavorativo tipo;
b) per tali acque il gestore del servizio idrico integrato
abbia adottato valori limite di emissione meno restrittivi di quelli
della tabella 3 stessa.
4. Gli scarichi in acque superficiali di reti fognarie
provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli
abitanti sono sottoposti, in attuazione dell'Art. 31, comma 5 del
decreto legislativo n. 152/1999, alla disciplina definita dal
presente regolamento, con riferimento alla popolazione equivalente
servita nelle diverse stagioni.
5. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque superficiali
situate al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare possono
essere sottoposti, ai sensi dell'Art. 31, comma 6, del decreto
legislativo n. 152/1999, a un trattamento meno spinto di quello
previsto dal presente regolamento, purche' studi dettagliati
comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane possono essere recapitati
sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo nel rispetto
delle disposizioni di cui all'Art. 29, comma 1, lettera c) del
decreto legislativo n. 152/1999 e delle prescrizioni di cui
all'allegato 5 al decreto stesso, nonche' dei criteri e dei valori
limite di emissione fissati dal presente regolamento.




Capo II
Disciplina degli scarichi di acque reflue urbane provenienti daagglomerati con popolazione equivalente inferiore a duemila a.e.
Art. 11.
Trattamenti appropriati degli scarichi di acque reflue urbane
1. I nuovi scarichi di acque reflue urbane provenienti da
agglomerati con popolazione equivalente inferiore a duemila a.e. sono
sottoposti ai seguenti trattamenti appropriati, da realizzare
conformemente alle norme tecniche regionali di cui all'Art. 3,
comma 1, nel rispetto dei valori limite di emissione di cui alla
tabella 2 dell'allegato B, fatta salva la specifica disposizione di
cui al comma 2:
a) se a servizio di una popolazione equivalente da cinquanta a
cento a.e., vasca Imhoff;
b) se a servizio di una popolazione equivalente superiore a
cento e fino a quattrocento a.e., in tutti i casi in cui le
condizioni ambientali lo consentono, secondario, preferibilmente di
tipo estensivo, preceduto da vasca Imhoff o fossa settica, ovvero
biologico;
c) se a servizio di una popolazione equivalente superiore a
quattrocento e inferiore a duemila a.e., secondario.
2. I nuovi scarichi di acque reflue urbane provenienti da
agglomerati con popolazione equivalente superiore a quattrocento e
inferiore a duemila a.e. sono sottoposti a trattamento secondario,
nel rispetto dei valori limite di emissione di cui alla tabella 3
dell'allegato B, nel caso di recapito sul suolo o negli strati
superficiali del sottosuolo.
3. La dispersione degli scarichi di cui ai commi 1 e 2 sul suolo
o negli strati superficiali del sottosuolo deve essere effettuata
mediante idonei sistemi, da realizzare conformemente alle norme
tecniche regionali di cui all'Art. 3, comma 1.
4. Qualora recapitati in corpi idrici superficiali destinati
all'uso potabile o alla balneazione, come individuati dal PTUA,
ovvero in loro immissari, fino alla distanza, a monte della
confluenza negli stessi, ritenuta dalla provincia tale da fornire
adeguate garanzie di carattere igienico sanitario, gli scarichi di
cui al comma 1 sono sottoposti a trattamento:
a) con sistemi, quali il lagunaggio naturale o la
fitedepurazione a flusso sub-superficiale o comunque in grado di
incidere in modo sensibile sulla qualita' microbiologica dello
scarico, se a servizio di una popolazione equivalente superiore a
cento e fino a quattrocento a.e.;
b) tra quelli contemplati dalle norme tecniche regionali di cui
all'Art. 3, comma 1, in grado di rispettare per l'escherichia con il
limite fissato dalla provincia in sede di rilascio
dell'autorizzazione allo scarico, se a servizio di una popolazione
equivalente superiore a quattrocento e inferiore a duemila a.e.; in
tale sede la provincia prescrive i termini di adeguamento e in quale
periodo dell'anno il limite deve essere rispettato.
5. Gli scarichi di cui al comma 1 recapitati in corpi d'acqua
superficiali ricadenti nelle zone vulnerabili da nitrati individuate
dal PTUA, se al servizio di una popolazione equivalente superiore a
quattrocento e inferiore a duemila a.e., sono sottoposti a
trattamento con sistemi in grado di garantire, oltre ai valori di cui
alla tabella 2 dell'allegato B, il valore limite di emissione di 40
mg/l per l'azoto totale (come N).
6. Gli scarichi in atto di acque reflue urbane provenienti da
agglomerati con popolazione equivalente inferiore a duemila a.e.
recapitati sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo
devono essere adeguati alle disposizioni del presente articolo entro
tre anni dalla data in vigore del presente regolamento.
7. La provincia, in sede di rilascio o di rinnovo
dell'autorizzazione, prescrive i termini per l'adeguamento degli
scarichi di cui al comma 4 alle disposizioni del comma medesimo.




Capo III
Disciplina degli scarichi di acque reflue urbane provenienti daagglomerati con popolazione equivalente pari o superiore a duemilaa.e.
Art. 12.
Disciplina dei nuovi scarichi di acque reflue urbane in acque
superficiali
1. I nuovi scarichi in acque superficiali di acque reflue urbane
provenienti da agglomerati con popolazione equivalente pari o
superiore a duemila a.e. devono rispettare i valori limite di
emissione di cui alle seguenti tabelle dell'allegato B:
a) se recapitati nei laghi individuati quali aree sensibili dal
PTUA e nei relativi bacini drenanti (di seguito scarichi recapitati
in laghi), tabella 4;
b) se recapitati nella restante parte del territorio regionale
drenante alle aree sensibili delta del Po e aree costiere
dell'Adriatico nord occidentale (di seguito: scarichi recapitati in
Adriatico), tabella 5.



Art. 13.
Disciplina degli scarichi in atto di acque reflue urbane in acque
superficiali
1. Gli scarichi in atto in acque superficiali di acque reflue
urbane provenienti da agglomerati con popolazione equivalente pari o
superiore a duemila a.e. devono essere adeguati, entro il 31 dicembre
2008, per i parametri indicati, ai valori limite di emissione di cui
alle seguenti tabelle dell'allegato B:
a) se recapitati in laghi, tabella 4;
b) se recapitati in Adriatico, tabella 6.
2. Entro il 31 dicembre 2016, gli scarichi di cui al comma 1,
lettera b) devono essere adeguati ai valori limite di emissione di
cui alla tabella 5 dell'allegato B.



Art. 14.
Disciplina degli scarichi di acque reflue urbane sul suolo o negli
strati superficiali del sottosuolo
1. Gli scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati
con popolazione equivalente pari o superiore a duemila a.e recapitati
sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo devono
rispettare i valori limite di emissione di cui alla tabella 4
dell'allegato 5 al decreto legislativo n. 152/1999.



Art. 15.
Acque meteoriche da avviare alla depurazione
1. Gli sfioratori di piena delle reti fognarie di tipo unitario
sono realizzati in modo da lasciare direttamente defluire
all'impianto di trattamento delle acque reflue urbane la portata nera
diluita corrispondente al piu' elevato dei valori derivanti
dall'applicazione dei seguenti criteri:
a) salvi i casi di cui al comma 2, apporto di 750 litri per
abitante equivalente al giorno, considerati uniformemente distribuiti
nelle ventiquattro ore, determinando in termini idraulici, ossia per
rapporto tra il consumo giornaliero medio industriale accertato e la
dotazione idrica della popolazione residente, assunta pari a 200
l/abxg, gli a.e. degli scarichi di acque reflue industriali non
caratterizzabili in base all'apporto di sostanze biodegradabili;
b) rapporto di diluizione pari a 2 rispetto alla portata nera,
calcolata come media giornaliera per gli apporti civili e come media
su dodici ore per quelli industriali, salvo presenza di significativi
complessi che lavorino su piu' turni giornalieri; il rapporto di
diluizione e' incrementato a 2,5 nel caso gli apporti industriali in
termini di abitanti equivalenti, calcolati con il criterio di cui
alla lettera a), superino il 50% del totale.
2. L'apporto di cui al comma 1, lettera a) e' elevato a 1.000 in
corrispondenza di sfioratori le cui acque eccedenti siano recapitate
in laghi ovvero sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo.
3. Le condotte per acque meteoriche di dilavamento delle reti
fognarie separate sono realizzate in modo da avviare all'impianto di
trattamento delle acque reflue urbane l'aliquota delle acque di
pioggia corrispondente ad un apporto di 11/sec per ettaro di
superficie scolante impermeabile, ricavata dal prodotto
dell'effettiva area scolante per il coefficiente di assorbimento
medio ponderale.



Art. 16.
Vasche di accumulo delle acque di pioggia
1. Le acque eccedenti gli apporti di cui all'Art. 15 scaricate
dagli sfioratori di piena sono avviate a vasche di accumulo a
perfetta tenuta per evitare infiltrazioni negli strati superficiali
del sottosuolo.
2. Il sistema di alimentazione delle vasche di accumulo e'
realizzato in modo da escludere le stesse a riempimento avvenuto e le
ulteriori acque sfiorate sono avviate ai recapiti naturali,
direttamente o previo accumulo in vasche volano tese a contenere
l'entita' delle portate meteoriche scaricate entro valori compatibili
con la capacita' idraulica dei ricettori.
3. Le vasche di accumulo sono dimensionate come segue, in
relazione al recapito cui sono avviate le acque di cui al comma 1:
a) corpi idrici significativi, come individuati dal PTUA,
ovvero suolo o strati superficiali del sottosuolo: 50 mc/ha di
superficie scolante impermeabile, ricavata come da Art. 15, comma 3;
b) corpi idrici non significativi: 25 mc/ha.
Nel calcolo del volume delle vasche si puo' tenere conto,
mediante opportuni sistemi di controllo, della capacita' d'invaso
delle reti fognarie.
4. Le vasche sono realizzate presso:
a) lo sfioratore in testa all'impianto di trattamento delle
acque reflue urbane;
b) gli sfioratori che sottendono agglomerati con oltre
diecimila a.e.;
c) gli sfioratori che consentono di controllare
complessivamente almeno l'80% della superficie servita dalla rete,
nel caso di recapito in corpi idrici significativi, ovvero sul suolo
o negli strati superficiali del sottosuolo, e il 50% nel caso di
recapito in corpi idrici non significativi.
5. A evento meteorico esaurito, le acque accumulate sono immesse
nella rete fognaria con modalita' di svuotamento delle vasche
stabilite dal gestore del servizio idrico in modo da mantenere nelle
canalizzazioni portate inferiori a quelle delle acque nere diluite da
addurre direttamente all'impianto di trattamento delle acque reflue
urbane ai sensi dell'Art. 15 e comunque tali da assicurare il
corretto funzionamento dell'impianto stesso.



Art. 17.
Adeguamento dei manufatti di sfioro e realizzazione delle vasche di
accumulo e delle vasche volano
1. I manufatti di sfioro delle acque meteoriche delle reti
fognarie di tipo unitario e delle condotte per acque meteoriche di
dilavamento esistenti alla data di entrata in vigore del presente
regolamento sono adeguati alle prescrizioni di cui all'Art. 15 entro
il 31 dicembre 2016.
2. Ai fini di cui al comma 1, i piani d'ambito di cui all'Art.
48, comma 2, lettera d) della legge regionale n. 26/2003 (di seguito
piani d'ambito) prevedono la modulazione di realizzazione degli
interventi, tenuto conto dei termini stabiliti per l'adeguamento dei
connessi impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
3. Le vasche di accumulo sono realizzate entro il 31 dicembre
2016 con la modulazione prevista dai piani d'ambito.
4. I piani d'ambito determinano le situazioni in cui, in
relazione alle caratteristiche della zona servita, non e' possibile
procedere alla realizzazione delle vasche di accumulo in conformita'
alle prescrizioni di cui all'Art. 15, comma 3 e all'Art. 16,
indicando comunque gli interventi, da realizzare entro il termine di
cui al comma 3, idonei a garantire la tutela del corpo idrico
ricettore interessato dallo scarico dello sfioratore.
5. Le vasche di accumulo e le vasche volano per la limitazione
delle portate meteoriche recapitate nei ricettori previste dalle
norme tecniche di attuazione del PTUA sono gestite dal gestore del
servizio idrico integrato.




Titolo IV
REGIME AUTORIZZATORIO DEGLI SCARICHI DI ACQUE REFLUE DOMESTICHE EASSIMILATECapo IScarichi di acque reflue domestiche e assimilate in reti fognarie
Art. 18.
Allacciamento alla rete fognaria di scarichi di acque reflue
domestiche e assimilate
1. In sede di richiesta di allacciamento alla rete fognaria degli
scarichi di acque reflue domestiche sono comunicati al comune o al
gestore del servizio idrico integrato, se delegato, le generalita' e
il domicilio del titolare dello scarico, l'ubicazione
dell'insediamento da cui lo scarico si origina, il relativo volume e
la descrizione sommaria del medesimo, precisando in particolare il
numero delle unita' immobiliari che lo compongono, il numero di
persone che si prevede possano risiedere nell'insediamento e gli
abitanti equivalenti stimati per le acque reflue delle unita'
immobiliari adibite a servizi, nonche' gli ulteriori elementi che il
gestore del servizio idrico integrato, in relazione alle prescrizioni
dei regolamenti emanati e alle relative esigenze informative, ritenga
occorrenti a identificare, qualificare e quantificare lo scarico.
2. Alla comunicazione e' allegata una relazione tecnica
descrittiva della rete di raccolta delle acque reflue e di quelle
meteoriche, supportata da elaborati cartografici riportanti la
rappresentazione dell'insediamento e delle pertinenti superfici
impermeabili serviti dalla rete di raccolta e la planimetria della
rete stessa.
3. Qualora gli insediamenti per cui e' presentata la richiesta di
allacciamento comprendano unita' immobiliari dalle quali decadano
acque reflue assimilate da immettere nella rete fognaria, la
comunicazione di cui al comma 1 contiene i dati identificazione delle
unita' stesse e il volume occupato da ciascuna di esse, l'attivita'
che si intende svolgere, i consumi idrici previsti e gli abitanti
equivalenti stimati relativamente agli scarichi.
4. Per le unita' immobiliari di cui al comma 3, con esclusione di
quelle per le quali il comune intenda avvalersi ai fini
dell'assimilazione delle acque reflue della facolta' di cui all'Art.
5 comma 4, e' previsto un autonomo collegamento alla rete interna di
raccolta, munito, immediatamente a monte dell'innesto nel condotto
comune, di un pozzetto di caratteristiche tali da consentire
l'agevole prelievo dei campioni, opere che devono essere
esaurientemente descritte nella comunicazione.
5. Entro il termine fissato dai regolamenti locali o, in
mancanza, entro un mese dalla presentazione, il soggetto di cui al
comma 1 si pronuncia sulla richiesta di allacciamento, riservandosi
di impartire le prescrizioni necessarie entro il mese successivo; in
mancanza degli elementi occorrenti al pronunciamento, il relativo
termine e' interrotto dalla richiesta di precisazioni o integrazioni
e ridecorre interamente dalla data in cui esse sono fornite.
6. Il soggetto di cui al comma 1, verificata la conformita' della
realizzazione delle reti interne di fognatura alla descrizione
fornita ai sensi dei commi 1 e 2 e alle eventuali prescrizioni di cui
al comma 5, autorizza l'esecuzione dell'allacciamento alla rete
fognaria, previo versamento delle connesse spese, qualora alla sua
realizzazione provveda il comune o il gestore del servizio idrico
integrato.
7. Nei casi di cui all'Art. 7, comma 4, copia della richiesta di
allacciamento di cui al comma 1 e' inviata alla provincia, che
prescrive le opere e i dispositivi da demolire o rimuovere e le
bonifiche necessarie.



Art. 19.
Mutamenti nella situazione degli scarichi di acque reflue domestiche
e assimilate allacciati alla rete fognaria
1. I titolari, ovvero, nel caso di comproprieta' o condominio, i
legali rappresentanti degli insediamenti le cui acque reflue
domestiche sono immesse nella rete fognaria, comunicano al comune e
al gestore del servizio idrico integrato, se delegato:
a) con un preavviso di un mese, i dati di cui all'Art. 18,
comma 3, qualora nelle unita' immobiliari degli insediamenti si
intendano avviare attivita' dalle quali derivino acque reflue
assimilate destinate a essere immesse nella fognatura interna e da
questa convogliate nella rete fognaria;
b) entro due mesi, il cambiamento nella titolarita' o nella
rappresentanza legale dello scarico.
2. Per gli insediamenti gia' allacciati alla rete fognaria alla
data di entrata in vigore del presente regolamento le comunicazioni
di cui al comma 1 sono presentate per la prima volta entro sei mesi
da tale data.
3. Con la richiesta di autorizzazione o denuncia di effettuazione
di modifiche o varianti, compreso il cambiamento di destinazione
d'uso, delle opere edilizie, e' presentata al soggetto di cui al
comma 1 una specifica, distinta comunicazione, richiamando l'assenso
ad allacciare l'insediamento alla rete fognaria acquisito prima
dell'entrata in vigore del presente regolamento o ai sensi dell'Art.
18, comma 7 e fornendo i dati di cui all'Art. 18, commi 1 e 2 e, ove
ne ricorrano gli estremi, comma 3, fatte salve le semplificazioni che
l'indicato soggetto ritenga di introdurre in relazione alla
preesistenza dell'allacciamento e all'eventuale modesta entita' delle
innovazioni.
4. Alla fattispecie di cui al comma 3 si applicano le pertinenti
disposizioni di cui all'Art. 18, commi 4 e 5.



Art. 20.
Scarichi di acque reflue domestiche e assimilate nelle reti fognarie
in presenza di scarichi di acque reflue industriali
1. Qualora gli insediamenti da cui provengono le acque reflue
domestiche e assimilate comprendano unita' immobiliari dalle quali
decadano acque reflue industriali da immettere nella rete fognaria, i
titolari, ovvero, nel caso di comproprieta' o condominio, i legali
rappresentanti degli insediamenti comunicano al comune o al gestore
del servizio idrico integrato, se delegato, gli estremi catastali
delle unita' stesse, una descrizione sommaria delle medesime, con
indicazione del volume occupato da ciascuna di esse nel contesto
dell'insediamento, i dati anagrafici o societari dei soggetti terzi
che ne hanno il possesso o la disponibilita' e il relativo recapito
e, per quanto riguarda le attivita', gli estremi delle autorizzazioni
allo scarico.
2. I dati di cui al comma 1 sono presentati:
a) entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
regolamento;
b) nei casi agli articoli 18 e 19, con la comunicazione
prevista dagli articoli stessi.
3. Per ciascuna delle unita' immobiliari di cui al comma 1 e'
previsto un autonomo collegamento alla rete interna di raccolta delle
acque reflue, munito, immediatamente a monte dell'innesto nel
condotto comune, di un pozzetto di caratteristiche tali da consentire
l'agevole prelievo dei campioni, ferma restando la facolta' del
comune di richiedere che per gli scarichi stessi sia realizzato un
autonomo allacciamento alla rete fognaria.



Art. 21.
Spese d'istruttoria
1. Le spese occorrenti ad effettuare i rilievi, i controlli e i
sopralluoghi di cui al presente capo sono a carico del richiedente
che e' tenuto a versare, a titolo di deposito, la somma determinata
dal comune o dal gestore del servizio idrico integrato, se delegato;
completata l'istruttoria, il soggetto indicato provvede alla
liquidazione definitiva delle spese sostenute, al cui versamento e'
subordinato il rilascio del previsto assenso all'allacciamento alla
rete fognaria.




Capo II
Regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche eassimilate provenienti da insediamenti isolati
Art. 22.
Autorizzazione a scaricare le acque reflue domestiche e assimilate
provenienti da nuovi insediamenti isolati e da quelli in costruzione
1. Alla richiesta del permesso di costruire, ovvero alla D.I.A.
per la realizzazione dei nuovi insediamenti isolati da cui si
origineranno gli scarichi di acque reflue domestiche e assimilate e'
allegata copia della ricevuta di avvenuta presentazione alla
provincia della relativa domanda di autorizzazione allo scarico; per
gli insediamenti i cui lavori di costruzione non siano ultimati alla
data di entrata in vigore del presente regolamento e' presentata alla
provincia domanda di autorizzazione allo scarico, da trasmettere in
copia al comune, ad integrazione della richiesta del permesso di
costruire, ovvero della d.i.a. per la realizzazione
dell'insediamento.
2. La domanda di autorizzazione cui al comma 1 contiene le
generalita' e il domicilio del titolare dello scarico, l'ubicazione
dell'insediamento da cui lo scarico stesso si origina, il relativo
volume e una descrizione sommaria del medesimo, precisando in
particolare il numero delle unita' immobiliari che lo compongono, il
numero di persone che si prevede possano risiedere nell'insediamento
e gli abitanti equivalenti stimati per le acque reflue delle
eventuali unita' immobiliari adibite a servizi, la natura del
recapito, i sistemi di trattamento e, se del caso, di dispersione che
si intendono installare, nonche' gli ulteriori elementi che la
provincia ritenga occorrenti.
3. Alla domanda e' allegata una relazione tecnica descrittiva
della rete di raccolta delle acque reflue e di quelle meteoriche, dei
sistemi di trattamento e degli eventuali sistemi di smaltimento,
supportata da elaborati cartografici riportanti la rappresentazione
dell'insediamento e delle pertinenti superfici impermeabili serviti
dalla rete di raccolta, la planimetria della rete stessa,
l'ubicazione dei sistemi di trattamento, il punto di scarico e le
eventuali opere di smaltimento.
4. Qualora gli insediamenti comprendano unita' immobiliari dalle
quali decadano acque reflue assimilate, la domanda deve contenere i
dati di cui all'Art. 18, comma 3.
5. Alle unita' immobiliari di cui al comma 4 si applica la
prescrizione di cui all'Art. 18, comma 4, con esclusione di quelle
per le quali la provincia intenda avvalersi, ai fini
dell'assimilazione delle acque reflue, della facolta' di cui all'Art.
5, comma 4.



Art. 23.
Scarichi in atto di acque reflue domestiche e assimilate provenienti
da insediamenti isolati
1. In sede di rinnovo dell'autorizzazione, i titolari, ovvero,
nel caso di comproprieta' o condominio, i legali rappresentanti,
degli insediamenti isolati da cui provengono scarichi in atto di
acque reflue domestiche presentano alla provincia apposita domanda,
fornendo i dati di cui all'Art. 22, comma 2 e allegando la relazione
tecnica di cui al comma 3 dello stesso articolo.
2. Qualora gli insediamenti di cui al comma 1 comprendano unita'
immobiliari dalle quali decadano acque reflue assimilate, la domanda
deve contenere i dati di cui all'Art. 18, comma 3 e alle indicate
unita' immobiliari si applica la disposizione di cui all'Art. 22,
comma 5.
3. In relazione alle competenze in materia di scarichi di cui
agli articoli 42 e 43 della legge regionale n. 26/2003, i comuni, nel
caso non abbiano gia' provveduto in tal senso, trasmettono alla
provincia entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente
regolamento copia delle autorizzazioni allo scarico sul suolo o negli
strati superficiali del sottosuolo di acque reflue domestiche e
assimilate, da essi rilasciate in conformita' alla previgente
disciplina.



Art. 24.
Mutamenti nella situazione degli scarichi di acque reflue domestiche
e assimilate provenienti da insediamenti isolati
1. I titolari, ovvero, nel caso di comproprieta', i legali
rappresentanti degli insediamenti da cui provengono scarichi di acque
reflue domestiche comunicano alla provincia i dati di cui all'Art.
19, comma 1, nei termini in esso previsti.
2. Per gli scarichi in atto le comunicazioni di cui al comma 1
sono presentate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente regolamento.
3. In caso di richiesta di autorizzazione o denuncia di
effettuazione di modifiche o varianti, compreso il cambiamento di
destinazione d'uso, delle opere edilizie degli insediamenti isolati
dai quali provengono le acque reflue domestiche e assimilate, si
applica, adottando le semplificazioni giustificate dall'eventuale
modesta entita' delle innovazioni, procedura analoga a quella di cui
all'Art. 22.



Art. 25.
Rilascio dell'autorizzazione
1. L'autorizzazione allo scarico di acque reflue domestiche e
assimilate provenienti da insediamenti isolati, con le eventuali
prescrizioni, e' rilasciata entro novanta giorni dal ricevimento
della domanda.
2. La provincia, nel rilasciare l'autorizzazione, puo' assegnare,
per la messa a punto funzionale degli eventuali presidi depurativi,
un periodo di tempo che non deve superare i tre mesi dall'attivazione
dello scarico, prorogabili, in via eccezionale e su motivata
richiesta, di non oltre due mesi. Con l'autorizzazione e' definita,
in relazione alle caratteristiche del recapito finale, la disciplina
dello scarico durante il periodo assegnato per la messa a punto
funzionale.
3. L'autorizzazione e' valida per quattro anni dal momento del
rilascio e, qualora ne ricorrano i presupposti in relazione
all'adempimento delle eventuali prescrizioni, si intende tacitamente
rinnovata per analoghi periodi.
4. Nei casi di cui all'Art. 24, commi 1 e 3, qualora i mutamenti
producano variazioni delle caratteristiche qualitative dello scarico
tali da richiedere, con riferimento all'Art. 3, l'installazione di un
diverso sistema di trattamento o la modifica o l'integrazione di
quello installato, la provincia prescrive ai soggetti responsabili di
presentare, entro congruo termine, nuova domanda di autorizzazione
allo scarico, in conformita' alle procedure di cui all'Art. 22.



Art. 26.
Spese d'istruttoria
1. Le spese di istruttoria e quelle occorrenti ad effettuare i
rilievi, i controlli e i sopralluoghi di cui al presente capo sono a
carico del richiedente che, quale condizione di procedibilita' della
domanda, e' tenuto a versare, a titolo di deposito, la somma
determinata dalla provincia; completata l'istruttoria, la provincia
provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute, al cui
versamento e' subordinato il rilascio dell'autorizzazione allo
scarico.




Titolo V
REGIME AUTORIZZATORIO DEGLI SCARICHI DI RETI FOGNARIE
Art. 27.
Ambito di applicazione
1. Sono soggetti al regime autorizzatorio di cui al presente
titolo:
a) i seguenti scarichi delle reti fognarie, sia di tipo
unitario che di tipo separativo, nonche' delle altre condotte
separate convoglianti acque meteoriche di dilavamento:
1) scarichi dei terminali delle reti o delle condotte di cui
sopra;
2) scarichi degli sfioratori di piena;
3) scarichi di emergenza delle stazioni di sollevamento;
b) gli scarichi degli impianti di trattamento di acque reflue
urbane, compresi i casi in cui gli stessi sono realizzati per lotti
funzionali.
2. L'esercizio delle funzioni autorizzatorie di cui al presente
titolo non deve essere svolto in surroga o ad integrazione delle
attivita' degli organi competenti alla approvazione dei progetti di
opere pubbliche, nonche' delle procedure vigenti in materia di
accertamento della loro rispondenza ai progetti approvati e di
collaudo.
3. Fermo quanto disposto dal comma 2, con l'autorizzazione puo'
essere prescritto, in caso di inconvenienti riscontrati o paventati
e, se del caso, disponendo o eseguendo adeguati accertamenti, di
definire e porre in essere le necessarie modifiche o integrazioni
delle opere o di operare con idonee cautele gestionali.
4. Gli accertamenti e le prescrizioni di cui al comma 3 possono
concernere la rispondenza degli scarichi alle prescrizioni del
decreto legislativo n. 152/1999, del PTUA e del presente regolamento,
nonche' la conformita' delle opere alle pertinenti norme tecniche di
cui alla delibera 4 febbraio 1977 del comitato interministeriale per
la tutela delle acque dall'inquinamento, nonche' alle norme tecniche
regionali di cui all'Art. 3, comma 1.



Art. 28.
Domande di autorizzazione
1. Le domande intese ad ottenere le autorizzazioni per gli
scarichi di cui all'Art. 27 o il loro rinnovo sono presentate alla
provincia dai rappresentanti legali dei soggetti cui spetta la
gestione delle reti e degli impianti ai sensi dell'Art. 2 della legge
regionale n. 26/2003.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se
l'erogazione del servizio e' affidata a terzi, ferme restando le
responsabilita' dei singoli soggetti in caso di violazione delle
prescrizioni vigenti.
3. A partire dalla data di affidamento del servizio idrico
integrato, i soggetti di cui al comma 1, in sede di rilascio o di
rinnovo dell'autorizzazione allo scarico dell'impianto di trattamento
delle acque reflue urbane, presentano domanda di autorizzazione per
il rinnovo di tutte le autorizzazioni relative agli scarichi delle
infrastrutture costituenti o destinate a costituire lo schema di
collettamento e depurazione in atto a tale data, ancorche' non
scadute, che nel frattempo siano state rinnovate, o delle quali sia
stato a termini di legge chiesto l'autonomo rinnovo.



Art. 29.
Contenuti della domanda
1. Le domande di cui all'Art. 28, comma 1, contengono:
a) i dati di cui alle direttive regionali previste dall'Art.
44, comma 1, lettera c) della legge regionale n. 26/2003;
b) la sintetica descrizione del sistema di raccolta,
convogliamento, trattamento e scarico esistente;
c) gli eventuali interventi occorrenti a normalizzare le
situazioni in atto e a dare compiuta attuazione alle previsioni del
PTUA, precisando i termini di realizzazione previsti dal piano
d'ambito ovvero, in mancanza di tale piano, lo stato delle iniziative
intese a realizzare gli interventi stessi;
d) le iniziative e le cautele che sono state assunte o si
intendono assumere in attesa della realizzazione degli interventi di
cui alla lettera c).
2. Alle domande sono inoltre allegate la relazione tecnica e gli
elaborati cartografici di cui agli articoli 30 e 31, nonche'
l'ulteriore documentazione che la provincia ritenga necessaria a
fornire un quadro completo della situazione.



Art. 30.
Contenuti della relazione tecnica
1. La relazione tecnica di cui all'Art. 29, comma 2:
a) illustra le caratteristiche tecniche e dimensionali degli
elementi da cui deriva lo scarico da autorizzare, desunte, qualora
disponibili, dai progetti in base ai quali essi sono stati
realizzati, e evidenzia le conformita', le inadeguatezze e le carenze
riscontrate rispetto ai requisiti prescritti dal decreto legislativo
n. 152/1999, dal presente regolamento e dal PTUA;
b) precisa i punti in cui sono stati predisposti o si intendono
predisporre i manufatti per il prelievo dei campioni necessari per
l'esecuzione dei controlli e degli autocontrolli di routine e, con
riferimento ai requisiti prescritti dal decreto legislativo n.
152/1999, le inerenti caratteristiche e dotazioni, con particolare
riguardo alla presenza di campionatori automatici e di misuratori di
portata;
c) indica, in relazione alle norme tecniche di cui
all'allegato 4 «Impianti di fognatura» alla deliberazione 4 febbraio
1977 del comitato interministeriale per la tutela delle acque
dall'inquinamento, gli eventuali punti o tratti delle reti fognarie e
dei sistemi di collettamento in cui si immettono o si infiltrano
acque parassite, illustrando i motivi e precisando se le portate
eccedenti sono sfiorate anche in tempo asciutto e il relativo
recapito, o in cui si registrano perdite di acque reflue,
specificando gli accertamenti compiuti e gli esiti e le iniziative
intraprese o che si intendono intraprendere, e in quali tempi, per
eliminare gli inconvenienti.
2. Alla relazione sono allegati, sul supporto magnetico
prescritto, i dati aggiornati relativi alle autorizzazioni rilasciate
per gli scarichi di acque reflue industriali nelle reti fognarie,
desunti dalla banca dati costituita ai sensi dell'Art. 42, comma 1,
della legge regionale n. 26/2003.



Art. 31.
Elaborati cartografici
1. Gli elaborati cartografici di cui all'Art. 29, comma 2,
contengono, in scala adeguata al dettaglio degli elementi da
rappresentare:
a) una planimetria in cui sia riportato, con le semplificazioni
richieste dalla scala dell'elaborato, lo schema di collettamento e
depurazione;
b) planimetrie in cui siano individuati:
1) la tipologia di ciascuna delle diverse componenti omogenee
del sistema di cui all'Art. 27, comma 1, nonche' di ciascun loro
elemento, quali camerette di ispezione, tratti sifonati, stazioni di
sollevamento con i relativi scaricatori di emergenza, sfioratori di
piena, condotti di scarico;
2) il recipiente ed il punto in cui lo scarico e' immesso,
nonche' il punto in cui sono ubicati i manufatti predisposti o da
predisporre per l'esecuzione dei controlli;
3) i punti o i tratti delle reti fognarie e dei sistemi di
collettamento, di cui all'Art. 30, comma 1, lettera c), nei quali si
immettono o si infiltrano acque parassite o si registrino perdite di
acque reflue;
c) planimetrie in cui siano riportate in scala adeguata la
pianta e, ove ritenuto opportuno, le sezioni degli impianti di
depurazione e delle stazioni di sollevamento o, in alternativa, gli
inerenti schemi.



Art. 32.
Rilascio dell'autorizzazione
1. L'autorizzazione, con le eventuali prescrizioni, e' rilasciata
entro novanta giorni dal ricevimento della domanda ed e' comunicata
al soggetto di cui all'Art. 28, comma 1.
2. La provincia, nel rilasciare l'autorizzazione, puo' assegnare,
per la messa a punto funzionale degli eventuali presidi depurativi,
un periodo di tempo che non deve superare i tre mesi dall'attivazione
dello scarico, prorogabili, in via eccezionale e su motivata
richiesta, di non oltre due mesi. Con l'autorizzazione e' definita,
in relazione alle caratteristiche del recapito finale, la disciplina
dello scarico durante il periodo assegnato per la messa a punto
funzionale.
3. L'autorizzazione rilasciata in esito a domanda presentata con
le modalita' di cui all'Art. 28, comma 3, sostituisce e abroga quelle
di cui al medesimo comma.
4. L'autorizzazione allo scarico e' valida per quattro anni dal
momento del rilascio e un anno prima della scadenza ne deve essere
chiesto il rinnovo.
5. Lo scarico di cui al comma 4 puo' essere provvisoriamente
mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella
precedente autorizzazione, fino all'adozione del nuovo provvedimento,
se la domanda di rinnovo e' presentata entro i termini predetti.



Art. 33.
Modifiche agli schemi di collettamento e depurazione
1. Ai sensi e per gli effetti di cui all'Art. 45, comma 11, del
decreto legislativo n. 152/1999, i soggetti di cui all'Art. 28,
comma 1 comunicano alla provincia:
a) l'avvenuto adempimento delle prescrizioni delle
autorizzazioni, ovvero, all'approssimarsi della scadenza dei termini
stabiliti per l'adempimento, le ragioni per le quali non si sia
potuto adempiere alle stesse;
b) gli incrementi di portata superiori al 20% di quella
indicata nell'autorizzazione e l'allacciamento di nuovi scarichi di
acque reflue industriali.
2. Nei casi di cui al comma 1, lettera b), la comunicazione e'
corredata della documentazione di cui agli articoli 30 e 31 e la
provincia, qualora ne ravvisi gli estremi, provvede a rilasciare una
nuova autorizzazione allo scarico.



Art. 34.
Spese d'istruttoria
1. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli
accertamenti, i controlli e i sopralluoghi necessari per
l'istruttoria della domanda di autorizzazione sono a carico del
richiedente; la provincia determina, in via provvisoria, la somma che
il richiedente e' tenuto a versare, a titolo di deposito, quale
condizione di procedibilita' della domanda e, completata
l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese
sostenute.




Titolo VI
CAMPIONAMENTI E ACCERTAMENTI ANALITICI
Art. 35.
Scarichi di acque reflue domestiche e assimilate
1. Gli accertamenti finalizzati a verificare l'esistenza delle
condizioni di assimilabilita' di cui all'Art. 5, comma 2 e il
rispetto dei valori limite di emissione prescritti per gli scarichi
di cui al titolo II sono di norma eseguiti su campioni medi prelevati
nell'arco di tre ore.
2. L'autorita' preposta al controllo puo' eseguire il
campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione piu'
adatto a rappresentare le caratteristiche di variabilita' qualitativa
e quantitativa dello scarico.
3. I controlli degli scarichi sono effettuati in conformita'
all'Art. 49, commi 1 e 2 del decreto legislativo n. 152/1999. In
particolare il gestore, nell'ambito del servizio di controllo
previsto dal richiamato Art. 49, comma 2, effettua controlli a
campione per verificare il permanere delle condizioni di
assimilabilita'.
4. Per gli effetti di cui all'Art. 51 del decreto legislativo n.
152/1999, nelle autorizzazioni allo scarico di acque reflue
assimilate alle acque reflue domestiche e' espressamente esplicitato
l'obbligo di rispettare le concentrazioni limite di cui alla tabella
1 dell'allegato B al presente regolamento.



Art. 36.
Scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con
popolazione equivalente inferiore a duemila a.e.
1. Gli accertamenti finalizzati a verificare il rispetto dei
valori limite di emissione prescritti per gli scarichi di cui al capo
II del titolo III sono eseguiti su campioni medi prelevati nell'arco
di tre ore.
2. Il gestore e' tenuto ad eseguire ad intervalli regolari, sia
sull'effluente che sull'influente dell'impianto, gli accertamenti
analitici sul numero minimo annuo di campioni che risulta dallo
schema di cui alla tabella 7 dell'allegato B.
3. I risultati degli accertamenti devono pervenire all'autorita'
di controllo:
a) entro trenta giorni dal prelievo dei campioni, qualora
emerga la regolarita' dello scarico;
b) entro tre giorni lavorativi dalla data di esecuzione degli
accertamenti analitici che abbiano messo in luce il superamento dei
valori limite di emissione in misura percentuale superiore a quella
del comma 4.
4. Su base annua, si ammette che un campione medio su quattro o
due su otto possano superare i limiti tabellari purche' di non oltre:
a) il 100% per quanto concerne il BOD5 ed il COD;
b) il 150% per i solidi sospesi;
c) la misura fissata in sede di autorizzazione per gli altri
parametri.
5. In relazione alle caratteristiche degli scarichi, in fase di
autorizzazione possono essere stabilite modalita' diverse di
campionamento per i controlli e gli autocontrolli.
6. Nei casi di cui all'Art. 10, comma 3 gli accertamenti
analitici finalizzati a verificare il rispetto dei valori limite di
cui alla tabella 3 dell'allegato 5 al decreto legislativo n. 152/1999
sono eseguiti almeno una volta all'anno, limitatamente ai parametri
caratteristici degli scarichi di acque reflue industriali immessi
nelle reti fognarie.



Art. 37.
Scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con
popolazione equivalente pari o superiore a duemila a.e.
1. Gli accertamenti finalizzati a verificare il rispetto dei
valori limite di emissione prescritti per gli scarichi di cui al capo
III del titolo III sono eseguiti con le modalita' di cui
all'allegato 5 del decreto legislativo n. 152/1999.



Art. 38.
Metodi di campionamento ed analisi
1. A tutti i tipi di scarico di cui al presente titolo si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del punto 4 -
Metodi di campionamento ed analisi - dell'allegato 5 al decreto
legislativo n. 152/1999.
Il presente regolamento regionale e' pubblicato nel Bollettino
ufficiale della Regione.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo
osservare come regolamento della Regione lombarda.
Milano, 24 marzo 2006
FORMIGONI
Approvata con deliberazione del consiglio regionale n. VIII/139 del
14 marzo 2006



Allegato A
ACQUE REFLUE DOMESTICHE
1. Le acque reflue derivanti esclusivamente dal metabolismo umano
e dall'attivita' domestica ovvero da servizi igienici, cucine e/o
mense anche se scaricate da edifici o installazioni in cui si
svolgano attivita' commerciali o di produzione di beni;
2. In quanto derivanti da attivita' riconducibili per loro natura
a quelle domestiche e/o al metabolismo umano, le acque reflue
provenienti da:
a) laboratori di parrucchiere, barbiere e istituti di bellezza;
b) lavanderie a secco a ciclo chiuso e stirerie la cui
attivita' sia rivolta direttamente e esclusivamente all'utenza
residenziale;
c) vendita al dettaglio di generi alimentari e altro commercio
al dettaglio, anche con annesso laboratorio di produzione finalizzato
esclusivamente alla vendita stessa;
d) attivita' alberghiera e di ristorazione.


REGIONE LOMBARDIA
REGOLAMENTO REGIONALE 24 marzo 2006, n.4
Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di
lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell'Art. 52, comma 1,
lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26.
(Pubblicato nel 1° suppl. ord. al Bollettino ufficiale della Regione
Lombardia n. 13 del 28 marzo 2006)
IL CONSIGLIO REGIONALE
Ha approvato
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
Emana
il seguente regolamento:
Art. 1.
O g g e t t o
1. Il presente regolamento disciplina lo smaltimento delle acque
di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne ai sensi dell'Art.
39, comma 3, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152
(Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e
recepimento della direttiva n. 91/271/CEE concernente il trattamento
delle acque reflue urbane e della direttiva n. 91/676/CEE relativa
alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati
provenienti da fonti agricole) e successive modificazioni e
integrazioni e in attuazione dei criteri generali di cui all'Art. 52
della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi
locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione
dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse
idriche).
Art. 2.
D e f i n i z i o n i
1. Fatte salve le definizioni di cui all'Art. 2 del decreto
legislativo n. 152/1999, si intende per:
a) «evento meteorico» una o piu' precipitazioni atmosferiche,
anche tra loro temporalmente distanziate, di altezza complessiva di
almeno 5 mm, che si verifichi o che si susseguano a distanza di
almeno 96 ore da un analogo precedente evento;
b) «acque meteoriche di dilavamento» la parte delle acque di
una precipitazione atmosferica che, non assorbita o evaporata, dilava
le superfici scolanti;
c) «acque di prima pioggia» quelle corrispondenti, nella prima
parte di ogni evento meteorico, ad una precipitazione di 5 mm
uniformemente distribuita sull'intera superficie scolante servita
dalla rete di raccolta delle acque meteoriche;
d) «acque di seconda pioggia» la parte delle acque meteoriche
di dilavamento eccedente le acque di prima pioggia;
e) «acque pluviali» le acque meteoriche di dilavamento dei
tetti, delle pensiline e dei terrazzi degli edifici e delle
installazioni;
f) «superficie scolante» l'insieme di strade, cortili,
piazzali, aree di carico e scarico e di ogni altra analoga superficie
scoperta, alle quali si applicano le disposizioni sullo smaltimento
delle acque meteoriche di cui al presente regolamento;
g) «acque di lavaggio» le acque, comunque approvvigionate,
attinte o recuperate, utilizzate per il lavaggio delle superfici di
cui alla lettera f) e qualsiasi altra acqua di origine non meteorica
venga ad interessare le medesime superfici direttamente o
indirettamente;
h) «rete di raccolta delle acque meteoriche» l'insieme delle
condotte utilizzate per la raccolta separata ed il convogliamento
delle acque meteoriche di dilavamento e di quelle di lavaggio
relative alle superfici scolanti.
Art. 3.
Acque di prima pioggia e di lavaggio soggette a regolamentazione
1. La formazione, il convogliamento, la separazione, la raccolta,
il trattamento e lo scarico delle acque di prima pioggia sono
soggetti alle disposizioni del presente regolamento qualora tali
acque provengano:
a) da superfici scolanti di estensione superiore a 2.000 mq,
calcolata escludendo le coperture e le aree a verde, costituenti
pertinenze di edifici ed installazioni in cui si svolgono le seguenti
attivita':
1) industria petrolifera;
2) industrie chimiche;
3) trattamento e rivestimento dei metalli;
4) concia e tintura delle pelli e del cuoio;
5) produzione della pasta carta, della carta e del cartone;
6) produzione di pneumatici;
7) aziende tessili che eseguono stampa, tintura e finissaggio
di fibre tessili;
8) produzione di calcestruzzo;
9) aree intermodali;
10) autofficine;
11) carrozzerie;
b) dalle superfici scolanti costituenti pertinenza di edifici
ed installazioni in cui sono svolte le attivita' di deposito di
rifiuti, centro di raccolta e/o trasformazione degli stessi, deposito
di rottami e deposito di veicoli destinati alla demolizione;
c) dalle superfici scolanti destinate al carico e alla
distribuzione dei carburanti ed operazioni connesse e complementari
nei punti di vendita delle stazioni di servizio per autoveicoli;
d) dalle superfici scolanti specificamente o anche
saltuariamente destinate al deposito, al carico, allo scarico, al
travaso e alla movimentazione in genere delle sostanze di cui alle
tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5 al decreto legislativo n. 152/1999.
2. Le acque di lavaggio delle superfici di cui al comma 1 sono
soggette alle disposizioni stabilite dal presente regolamento per le
acque di prima pioggia.
3. La formazione, il coinvolgimento, la separazione, la raccolta,
il trattamento e lo scarico delle acque di seconda pioggia sono
soggetti alle disposizioni del presente regolamento qualora
provengano dalle superfici scolanti di cui al comma 1, lettere a) e
b) e l'autorita' competente accerti l'inquinamento di tali acque da
sostanze asportate o in soluzione, derivante dal percolamento delle
acque meteoriche tra materie prime, prodotti intermedi e finiti,
sottoprodotti, rifiuti o quant'altro accatastato o depositato sulle
superfici stesse.
4. Nei casi di cui al comma 3 l'autorita' competente determina,
con riferimento alle singole situazioni, la quantita' di acqua
meteorica di dilavamento da assoggettare alle disposizioni del
presente regolamento.
Art. 4.
C o m p e t e n z e
1. Ai sensi degli articoli 42 e 43 della legge regionale n.
26/2003, l'autorita' competente al rilascio dell'autorizzazione allo
scarico per le acque di prima pioggia e di lavaggio delle superfici
di cui all'Art. 3 (di seguito acque di prima pioggia e di lavaggio)
e':
a) il comune, nel caso di recapito nella rete fognaria;
b) la provincia, nel caso di recapito in corpo idrico
superficiale o sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo.
2. Qualora le acque di prima pioggia e di lavaggio di cui
all'Art. 3 provengano da superfici scolanti costituenti pertinenze di
edifici e installazioni in cui si svolgono attivita' soggette alla
disciplina del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59
(Attuazione integrale della direttiva n. 96/61/CE relativa alla
prevenzione e riduzione integrale dell'inquinamento), le disposizioni
del presente regolamento trovano applicazione nell'ambito delle
procedure previste dal decreto stesso in ordine al rilascio, rinnovo
e riesame dell'autorizzazione integrata ambientale.
Art. 5.
Sistemi di raccolta e convogliamento delle acque di prima pioggia e
di lavaggio
1. Tutte le superfici scolanti di cui all'Art. 3 devono essere
impermeabili.
2. Le acque di prima pioggia e le acque di lavaggio, che siano da
recapitare in corpo d'acqua superficiale ovvero sul suolo o negli
strati superficiali del sottosuolo, devono essere avviate ad apposite
vasche di raccolta a perfetta tenuta, dimensionate in modo da
trattenere complessivamente non meno di 50 m3 per ettaro di
superficie scolante (di seguito vasche di prima pioggia).
3. Alle acque meteoriche di dilavamento deve essere destinata una
apposita rete di raccolta e convogliamento, munita, nei casi di cui
al comma 2, di un sistema di alimentazione delle vasche di prima
pioggia che le escluda automaticamente a riempimento avvenuto; la
rete deve essere dimensionata sulla base degli eventi meteorici di
breve durata e di elevata intensita' caratteristici di ogni zona, e
comunque quanto meno assumendo che l'evento si verifichi in quindici
minuti e che il coefficiente di afflusso alla rete sia pari ad 1 per
la superficie scolante e a 0,3 per quelle permeabili di qualsiasi
tipo ad esse contigue, escludendo dal computo le superfici incolte e
quelle di uso agricolo.
4. Le acque meteoriche di dilavamento provenienti da superfici
contaminate da idrocarburi di origine minerale, in alternativa alla
separazione delle acque di prima pioggia di cui al comma 2, possono
essere sottoposte a trattamento in impianti con funzionamento in
continuo, progettati sulla base della portata massima stimata in
connessione agli eventi meteorici di cui al comma 3, fermo restando
il rispetto dei valori limite di emissione di cui all'Art. 7,
comma 1.
Art. 6.
Trattamento e scarico delle acque di prima pioggia e di lavaggio
1. Le acque di prima pioggia e di lavaggio devono essere
sottoposte, su indicazione dell'autorita' competente di cui all'Art.
4, separatamente o congiuntamente alle restanti acque reflue degli
edifici od installazioni dalle cui superfici drenanti siano derivate,
ai trattamenti necessari ad assicurare il rispetto dei valori limite
allo scarico prescritti dall'Art. 7.
2. Durante le precipitazioni atmosferiche le acque di prima
pioggia trattate da recapitare in corpi d'acqua superficiali non
possono essere scaricate.
3. Le opere di scarico devono essere realizzate in modo da
consentire che i campionamenti possano essere eseguiti con le
modalita' prescritte dal presente regolamento.
4. Qualora le acque di prima pioggia e di lavaggio vengano
recapitate sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, il
loro smaltimento deve essere effettuato in modo da consentire il
prelievo di campioni delle acque in corso di spandimento o
dispersione e l'effettuazione di ogni altro accertamento ritenuto
funzionale a verificare la regolarita' dello scarico.
Art. 7.
Recapito e valori limite di emissione delle acque di prima pioggia e
di lavaggio
1. Le acque di prima pioggia e di lavaggio devono essere
recapitate, in ordine preferenziale:
a) nella rete fognaria nella condotta adibita al trasporto
delle acque nere e miste, nel rispetto delle norme tecniche, delle
prescrizioni regolamentari e dei valori limite di emissione adottati
dal gestore del servizio idrico e approvati dall'autorita' d'ambito
di cui all'Art. 48, comma 1, della legge regionale n. 26/2003;
b) in corpo d'acqua superficiale, nel rispetto dei valori
limite di emissione della tabella 3 dell'allegato 5 al decreto
legislativo n. 152/1999, ovvero di quelli eventualmente fissati dalla
Regione ai sensi dell'Art. 28, commi 1 e 2, del decreto stesso;
c) nelle zone non direttamente servite da rete fognaria e non
ubicate in prossimita' di corpi d'acqua superficiali, e solo qualora
l'autorita' competente accerti l'impossibilita' tecnica o l'eccessiva
onerosita' di utilizzare tali recapiti, sul suolo o negli strati
superficiali del sottosuolo, fermo restando i divieti per tale tipo
di recapito di cui al punto 2.1 dell'allegato 5 al decreto
legislativo n. 152/1999 e nel rispetto dei valori limite di emissione
della tabella 4 del medesimo allegato, ovvero di quelli eventualmente
fissati dalla Regione ai sensi dell'Art. 28, commi 1 e 2, del decreto
stesso.
2. Alle acque di prima pioggia e di lavaggio provenienti dalle
superfici scolanti di cui all'Art. 3, comma 1, lettera d) si
applicano, per tutti i tipi di recapito, le disposizioni di cui
all'Art. 34, commi 1 e 2 del decreto legislativo n. 152/1999 e il
rispetto dei valori limite di emissione e' accertato su campioni
prelevati all'uscita del relativo impianto di trattamento.
Art. 8.
Prevenzione dell'inquinamento delle acque di prima pioggia e di
lavaggio
1. Le superfici scolanti di cui all'Art. 3 devono essere
mantenute in condizioni di pulizia tali da limitare l'inquinamento
delle acque di prima pioggia e di lavaggio.
2. Nel caso di versamenti accidentali, la pulizia delle superfici
interessate dovra' essere eseguita immediatamente, a secco o con
idonei materiali inerti assorbenti qualora si tratti rispettivamente
di versamento di materiali solidi o pulverulenti o di liquidi.
3. I materiali derivati dalle operazioni di cui ai commi 1 e 2
devono essere smaltiti congiuntamente ai rifiuti derivanti
dall'attivita' svolta.
Art. 9.
Domanda di autorizzazione
1. Per lo scarico delle acque di prima pioggia e di lavaggio deve
essere presentata domanda di autorizzazione all'autorita' competente
di cui all'Art. 4. Qualora contestualmente agli scarichi delle acque
di prima pioggia e di lavaggio debbano essere autorizzati anche gli
scarichi delle acque reflue, la domanda deve riferirsi alla
situazione complessiva di scarico ed e' sottoposta alle disposizioni
del presente regolamento e, per quanto concerne le acque reflue, alle
disposizioni del decreto legislativo n. 152/1999.
2. La domanda deve essere presentata anche per gli edifici e le
installazioni gia' autorizzati a scaricare le acque di prima pioggia
e di lavaggio sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo ai
sensi della previgente disciplina, qualora in essi si svolgano
attivita' soggette alle disposizioni del presente regolamento.
3. La domanda deve contenere dettagliate informazioni
sull'autorizzazione allo scarico delle acque reflue eventualmente
posseduta e sui provvedimenti amministrativi con cui sia stata
eventualmente rilasciata l'autorizzazione a scaricare le acque di
prima pioggia e di lavaggio sul suolo o negli strati superficiali del
sottosuolo e precisare il recapito in cui si intendono scaricare, o
continuare a scaricare, le acque di prima pioggia e di lavaggio,
giustificando l'eventuale richiesta di derogare all'ordine
preferenziale di cui all'Art. 7.
4. Nella domanda puo' essere richiesto:
a) che per le acque di prima pioggia e di lavaggio provenienti
dalle superfici scolanti di cui all'Art. 3, comma 1, lettere a), b) e
c) l'autorizzazione sia rilasciata in base alla valutazione della
conformita' impiantistica dei sistemi che si intendono installare per
il trattamento delle acque stesse e del corrispondente programma di
gestione;
b) che le disposizioni di cui al presente regolamento siano
applicate solo ad una parte delle superfici scolanti di cui all'Art.
3, comma 1, lettere a) e b);
c) che per le acque meteoriche di dilavamento provenienti da
superfici contaminate da idrocarburi di origine minerale
l'autorizzazione sia rilasciata in base al trattamento di cui
all'Art. 5, comma 4.
5. Alla domanda deve essere allegata una relazione, corredata da
planimetrie, grafici, relazioni di calcolo e da quanto necessario ad
illustrare dettagliatamente:
a) le superfici scolanti di cui all'Art. 3, gli edifici ed
installazioni di cui esse costituiscono pertinenze e la specifica
natura delle attivita' che si intendono svolgere o continuare a
svolgere su tali superfici e negli inerenti edifici o installazioni e
le relative modalita' di svolgimento, precisando le materie prime
impiegate, i prodotti intermedi e finiti e i sistemi di
movimentazione sulle superfici stesse;
b) la situazione prevista o in atto relativamente alla raccolta
e allo smaltimento delle acque meteoriche di dilavamento e delle
acque di lavaggio, i rapporti tra le reti di raccolta, convogliamento
e scarico delle acque meteoriche e di quelle reflue e ogni elemento
sugli interventi definiti per realizzare o regolarizzare la rete di
raccolta delle acque meteoriche ed i relativi dispositivi di
separazione delle acque di prima pioggia e di lavaggio, le vasche di
prima pioggia, gli impianti di trattamento e lo scarico di tali
acque, di quelle di seconda pioggia e di quelle pluviali, motivando
le scelte compiute;
c) nel caso ci si sia avvalsi della facolta' di cui al comma 4,
lettera a), il grado di abbattimento garantito dai sistemi di
trattamento installati o che si intendono installare, supportato da
esauriente documentazione di letteratura e tecnico-commerciale;
d) nel caso ci si sia avvalsi della facolta' di cui al comma 4,
lettera b), i motivi per i quali si ritenga che solo da una parte
della superficie scolante possa derivare la contaminazione delle
acque di prima pioggia e di lavaggio e gli eventuali apprestamenti o
accorgimenti gestionali adottati;
e) le eventuali modifiche, rispetto alla situazione in base
alla quale e' stata rilasciata l'autorizzazione allo scarico delle
acque reflue posseduta, intervenute in merito agli elementi di cui
all'Art. 46, comma 1, del decreto legislativo n. 152/1999.
6. Ai fini di cui all'Art. 3, comma 4, la domanda di cui al
comma 1 contiene dettagliate informazioni in ordine alle materie
prime, prodotti intermedi e finiti, sottoprodotti, rifiuti o quanto
altro accatastato o depositato sulle superfici di cui all'Art. 3,
comma 3 e gli eventuali apprestamenti o accorgimenti gestionali
adottati per limitare la contaminazione delle acque meteoriche di
dilavamento.
7. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli
accertamenti, i controlli e i sopralluoghi necessari per
l'istruttoria delle domande di autorizzazione sono a carico dei
richiedenti e sono determinate e liquidate secondo le modalita' di
cui all'Art. 45, comma 10, del decreto legislativo n. 152/1999.
Art. 10.
Autorizzazione agli edifici e alle installazioni esistenti
1. Per edifici e installazioni esistenti si intendono quelli che
all'entrata in vigore del presente regolamento sono destinati allo
svolgimento delle attivita' soggette alle disposizioni sullo
smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio di cui al
regolamento stesso, indipendentemente dalla circostanza che siano
gia' in esercizio o che gli inerenti lavori di costruzione siano
stati ultimati, purche' per la loro realizzazione siano stati
rilasciati i permessi di costruire, ovvero sia stata presentata una
D.I.A. il cui termine per l'inizio delle attivita' sia decorso e in
tali atti ne sia stata espressamente prevista la destinazione allo
svolgimento delle attivita' suddette.
2. Per gli edifici o installazioni di cui al comma 1 la domanda
di autorizzazione allo scarico di acque di prima pioggia e di
lavaggio deve essere presentata entro un anno dalla entrata in vigore
del presente regolamento.
3. Entro novanta giorni dal ricevimento della domanda,
l'autorita' competente di cui all'Art. 4 autorizza lo scarico delle
acque di prima pioggia e di lavaggio, invitando eventualmente il
soggetto responsabile a fornire, in un termine non inferiore a
quarantacinque giorni e non superiore a novanta, chiarimenti o a
modificare le soluzioni tecniche proposte qualora ritenute non
adeguate, nel qual caso il termine per la pronuncia si intende
interrotto.
4. Con l'autorizzazione allo scarico sono prescritti i termini
per la realizzazione delle opere occorrenti a regolarizzare la
situazione in atto e per l'avvio e la messa a punto funzionale degli
eventuali sistemi di trattamento. I termini sono fissati di norma in
non oltre trentasei mesi e possono essere ridotti, comunque a non
meno di diciotto mesi, per le opere o parti di esse necessarie a
regolarizzare situazioni di particolare gravita'.
5. Dell'avvenuta realizzazione delle opere e della messa a punto
funzionale degli eventuali sistemi di trattamento il soggetto
responsabile informa l'autorita' competente di cui all'Art. 4. In tal
caso, previo accertamento positivo da parte dell'autorita' stessa,
l'autorizzazione e' definitivamente perfezionata.
Art. 11.
Autorizzazione agli edifici e alle installazioni nuovi
1. Per edifici e installazioni nuovi si intendono quelli
destinati allo svolgimento delle attivita' soggette alle disposizioni
sullo smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio di cui
al presente regolamento, per i quali all'entrata in vigore dello
stesso non siano ancora stati rilasciati i permessi di costruire,
ovvero sia stata presentata una D.I.A., il cui termine per l'inizio
delle attivita' non sia decorso.
2. Per le acque di prima pioggia e di lavaggio degli edifici e
installazioni di cui al comma 1 deve essere presentata la domanda di
cui all'Art. 9 ai fini della preventiva autorizzazione allo scarico.
3. L'autorita' competente si pronuncia sulla domanda di
autorizzazione nei termini di cui all'Art. 10, comma 3.
4. L'autorita' competente, nel rilasciare l'autorizzazione allo
scarico, puo' assegnare, per la messa a punto funzionale degli
eventuali sistemi di trattamento durante la fase di avviamento, un
periodo di tempo che non dovra' superare i tre mesi dalla attivazione
dello scarico, prorogabili, in via eccezionale e su motivata
richiesta, di non oltre due mesi. Con l'autorizzazione e' definita la
disciplina dello scarico durante il periodo assegnato per la messa a
punto funzionale.
Art. 12.
Validita' dell'autorizzazione
1. L'autorizzazione allo scarico di acque di prima pioggia e di
lavaggio e' valida per quattro anni dal momento del rilascio e un
anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo.
2. Lo scarico di cui al comma 1 puo' essere provvisoriamente
mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella
precedente autorizzazione, fino all'adozione del nuovo provvedimento,
se la domanda di rinnovo e' presentata entro i termini predetti.
3. Nel caso in cui la medesima autorita' competente di cui
all'Art. 4 debba autorizzare anche lo scarico delle acque reflue,
come previsto dall'Art. 9, comma 1, e' rilasciata un'unica
autorizzazione relativa all'insieme degli scarichi.
4. Per gli edifici o le installazioni gia' in possesso di
autorizzazione allo scarico delle relative acque reflue,
l'autorizzazione di cui al comma 3 si configura ad ogni conseguente
effetto quale nuova autorizzazione.
5. Nei casi di cui ai commi 3 e 4 per l'autorizzazione allo
scarico delle acque reflue si osservano anche, o qualora sussistano
incompatibilita' solo, le disposizioni del decreto legislativo n.
152/1999.
Art. 13.
Disposizioni particolari per le superfici scolanti a ridotto impatto
inquinante
1. Qualora i soggetti responsabili delle attivita' di cui
all'Art. 3, comma 1, lettere a) e b) dichiarino che dallo svolgimento
delle attivita' medesime non possano derivare pericoli di
contaminazione delle relative superfici scolanti di natura tale da
provocare l'inquinamento delle acque di prima pioggia e di lavaggio,
la domanda di autorizzazione di cui all'Art. 9, comma 1, deve
riportare, oltre agli elementi di cui al medesimo articolo, comma 3,
la motivata richiesta di non essere assoggettati alle disposizioni
del presente regolamento che disciplinano la separazione e il
trattamento di tali acque.
2. La relazione da allegare alla domanda di autorizzazione deve
contenere le informazioni di cui all'Art. 9, comma 5, nonche' la
dettagliata descrizione degli eventuali apprestamenti e accorgimenti
operativi predisposti o che si intendono predisporre per evitare i
pericoli di contaminazione di cui al comma 1.
3. L'autorita' competente di cui all'Art. 4, in caso di
accoglimento della domanda di cui al comma 1, rilascia
l'autorizzazione allo scarico delle acque di prima pioggia e di
lavaggio senza prescriverne la separazione e il trattamento di cui al
presente regolamento; l'autorizzazione puo' comunque prevedere
prescrizioni, anche con riferimento agli apprestamenti e agli
accorgimenti operativi di cui al comma 2 e alla verifica dell'assenza
di contaminazioni delle acque di prima pioggia riferibili alle
attivita' svolte, quale la realizzazione di un pozzetto, derivato
dalla rete di raccolta delle acque meteoriche, che consenta
l'accumulo di un quantitativo delle acque stesse sufficiente ad
eseguire il prelievo dei campioni.
4. Nel caso di riscontro negativo, l'autorita' competente
prescrive il termine per l'adeguamento della domanda di
autorizzazione, trovando applicazione nella fattispecie le
disposizioni di cui agli articoli 10 e 11.
Art. 14.
Campionamenti e accertamenti
1. Gli accertamenti finalizzati a verificare il rispetto dei
valori limite di emissione prescritti dall'Art. 7 per le acque di
prima pioggia e di lavaggio sono di norma eseguiti su campioni
istantanei, ferma restando la possibilita' per l'autorita' cui
compete il controllo di eseguire il campionamento su tempi diversi al
fine di ottenere il campione piu' adatto a rappresentare le
caratteristiche di variabilita' dello scarico.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente regolamento, la giunta regionale approva le direttive per
l'accertamento dell'inquinamento delle acque di seconda pioggia di
cui all'Art. 3, comma 3.
3. Le spese per i sopralluoghi, i rilievi, i controlli, i
prelievi e gli accertamenti analitici eseguiti in vigenza
dell'autorizzazione sono a carico dei titolari dello scarico qualora
evidenzino il mancato rispetto delle disposizioni del presente
regolamento o dell'autorizzazione stessa.
4. Per i metodi di campionamento e analisi si applicano le
disposizioni del punto 4 metodi di campionamento ed analisi di cui
all'allegato 5 al decreto legislativo n. 152/1999.
5. Nei casi in cui l'autorizzazione sia stata rilasciata in base
alla valutazione della conformita' impiantistica dei sistemi di
trattamento e del corrispondente programma di gestione di cui
all'Art. 9, comma 4, lettera a), il soggetto responsabile deve tenere
a disposizione dell'autorita' cui compete il controllo la
documentazione necessaria all'accertamento delle modalita' di
gestione adottate.
Art. 15.
Disposizioni finali
1. La giunta regionale adegua il regolamento tipo di igiene
locale, approvato con deliberazione della giunta regionale 28 marzo
1985, n. 49784, cosi' come successivamente modificato ed integrato,
alle disposizioni del presente regolamento, entro novanta giorni
dalla data della sua entrata in vigore.
2. Nei successivi centottanta giorni i comuni adeguano i
rispettivi regolamenti di igiene locale.
Il presente regolamento regionale e' pubblicato nel Bollettino
ufficiale della Regione.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo
osservare come regolamento della Regione lombarda.
Milano, 24 marzo 2006
FORMIGONI
Approvato con deliberazione del consiglio regionale n. VIII/40
del 14 marzo 2006.
19.07.2006 Istituto Poligrafico e Zecca dello
Stato 09:58:11
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08/06/2011


Acque di prima e seconda pioggia

Le aziende IPPC ( soggette all'autorizzazione ambientale integrata )  sono soggette alla normativa sulle  acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne.
 In particolare  le aziende  devono verificare se ricadono nei casi previsti dall’art.3 del Regolamento Regionale 24 marzo 2006 n.4  ovvero che le loro acque di prima pioggia e di lavaggio provengono da superfici scolanti:
a) di aree di estensione superiore a 2.000 m2 calcolata escludendo le coperture e le aree a
verde;  aree di edifici ed installazioni in cui si svolgono attività quali quelle dell’industria
petrolifera, delle industrie chimiche, del trattamento e rivestimento dei metalli, della concia e tintura delle pelli e del cuoio, della produzione della pasta carta, della carta e del cartone, della produzione
di pneumatici, delle aziende tessili che eseguono stampa, tintura e fissaggio di fibre tessili, della
produzione di calcestruzzo e di aree intermodali legate alla logistica ed allo stoccaggio;
b) di edifici e strutture in cui sono svolte le attività di deposito di rifiuti, centro di raccolta e/o
trasformazione degli stessi, deposito rottami e deposito di veicoli destinati alla demolizione;
c) di aree destinate al carico ed alla distribuzione dei carburanti ed operazioni connesse e
complementari nei punti di vendita delle stazioni di servizio per autoveicoli;
d) di aree specificamente o saltuariamente destinate al deposito, al carico, allo scarico, al
travaso ed alla movimentazione in genere di  sostanze pericolose (elencate nelle tabelle 3/A e 5
Allegato 5 D.Lgs 152/2006).
Il D.Lgs 152/06  all’art.113 demanda le competenze  sulle  acque meteoriche e di dilavamento a
livello regionale prevedendo, in determinati casi, l’obbligo di autorizzazione  per gli scarichi di
acque meteoriche, la separazione e lo specifico trattamento delle acque di prima pioggia derivanti
da superfici potenzialmente contaminate. Per  le aziende IPPC tale autorizzazione rientra
nell’Autorizzazione Integrata Ambientale e contiene l’eventuale obbligo.
Per  acque di prima pioggia si intendono i primi 5 mm di ogni  evento di pioggia indipendente,
uniformemente distribuiti sull’intera superficie scolante servita dalla rete di raccolta delle acque
meteoriche. 
La Regione Lombardia il 24 marzo 2006 ha emesso il Regolamento regionale n. 4 “Disciplina dello
smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne”. Il Regolamento in
particolare prevede che debbano obbligatoriamente essere autorizzare le aziende che rientrano nei
criteri del sopra citato art. 3.
Ne consegue che in relazione a quanto previsto dall’art. 113 del D.Lgs. 152/06 e dal Regolamento
Regionale n.4/06 e richiamato quanto stabilito dall’art. 7 del Regolamento medesimo riguardo
l’ordine preferenziale dei recapiti;  le acque di prima pioggia e di lavaggio provenienti da superfici
scolanti, che costituiscono pertinenza degli insediamenti elencati nell’art. 3 del R.R. n. 4/06, sono
soggette ad autorizzazione e devono essere recapitate in ordine preferenziale:
1) in fognatura dove  i limiti di emissione sono quelli  adottati dal Gestore del servizio idrico
integrato e approvati dall’Autorità d’ambito come previsto dall’art. 48 comma 1 della Legge
Regionale 26/2003;
2) nei corpi idrici superficiali dove i limiti di emissione sono quelli della tabella 3 dell’Allegato
5 alla parte terza del D.Lgs. 152/06;
3) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo dove limiti della tabella 4 dell’Allegato 5
alla parte terza del D.Lgs. 152/06.  Gli scarichi di acque meteoriche provenienti da aree di parcheggio, soggette al normale transito
veicolare, non rientrando nell’elenco di cui all’art. 3 del R.R. n. 4/06 non sono di norma soggetti ad
autorizzazione. Anche nel caso in cui le acque di 1^ pioggia e di lavaggio siano smaltite come
rifiuto e la frazione eccedente la  1^ pioggia abbia recapito sul suolo  o negli strati superficiali del
sottosuolo, non si procederà, di norma, al rilascio dell’autorizzazione allo scarico della frazione
eccedente le acque di 1^ pioggia.
In generale, l’azienda IPPC che ricade nelle condizioni definite dall’art. 3, deve assicurare il rispetto
dei valori limite, espressi in concentrazione, di emissioni previsti all’art.7 R.R. n.4/06. All’interno
dell’A.I.A. viene individuato l’Ente gestore della fognatura e si analizzano i limiti di portata fissati
dal Gestore. L’azienda fornisce nella documentazione IPPC i dati relativi al consumo idrico
specifico. I valori limite di emissione possono essere definiti, in alternativa, per unità di prodotto in
linea con quanto previsto dalle BAT e le linee guida settoriali nazionali.
Esiste il divieto di diluizione ed è prevista per le acque reflue l’installazione di un auto
campionatore fisso le cui caratteristiche tecniche sono le seguenti:
a) automatico e programmabile
b) dotato di sistemi per rendere il campionamento proporzionato alla portata
c) refrigerato
d) sigillabile
e) installato in modo da rendere possibile la sigillatura del condotto di prelievo
f) dotato di sistema di segnalazione di guasto e/o interruzione di funzionamento
Inoltre si danno indicazioni affinché i campionatori siano preferibilmente autosvuotanti.
Il 21 giugno 2006  con il D.g.r. n.8/2772 si attua art. 14/2 del R.R n. 4/2006 sopra citato, relativo
all’accertamento dell’inquinamento delle acque di seconda pioggia.
Le situazioni che possono dare origine ad inquinamento delle acque di seconda pioggia  sono la
contemporanea sussistenza di superfici scolanti con  le caratteristiche previste dall’art.3 R.R. n.
4/2006 e lo stoccaggio  sulle stesse superfici di liquidi classificati come pericolosi, di rifiuti liquidi
(per cui è previsto l’obbligo di adozione di bacini di contenimento per la raccolta integrale delle
acque meteoriche di dilavamento e lo stoccaggio di solidi sfusi) e di materiali solidi sfusi accatastati
attraverso i quali le acque meteoriche percolino o possano percolare.
L’autorizzazione allo scarico delle acque di seconda pioggia è rilasciata nei casi previsti dalla
Direttiva per l’accertamento dell’inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell’art.
14/2,  R.R. n. 4/2004, approvata con D.g.r. n. 8/2772 del 21/06/0

SCARICO DI ACQUE METEORICHE usato come scolo di acque reflue industriali



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 2313

DIRITTO DELLE ACQUE - Nozione di acque reflue industriali - Scarico di acque reflue industriali - Assenza di autorizzazione - Integrazione del reato di cui all'art. 137 D.L.vo 152/06 (prima art. 59, D.Lgs. n. 152/1999) - art. 74, c.1°, lett. h) D.Lgs. n. 152/2006, (come mod. dal D.Lgs. n. 4/2008).
Nella nozione di acque reflue industriali definita dall'art. 74, comma primo, lett. h), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (come modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) rientrano tutti i tipi di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive, in quanto detti reflui non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue domestiche, come definite dall'art. 74, comma primo, lett. g), del citato decreto. Inoltre, integra il reato di cui all'art. 59 co. D.l.vo 152/99 (ora art. 137 D.L.vo 152/06) l’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali senza aver ottenuto il prescritto provvedimento di autorizzazione da parte della autorità competenti.
Nella specie, si contesta di avere effettuato il lavaggio di cassette di uva durante la vendemmia e fatto defluire l'acqua di lavaggio in un canalone per la raccolta delle acque piovane. In una situazione analoga, anche lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive è stato ritenuto integrare il reato di cui all'art. 137 D.L.vo 152/06 (prima previsto dall'art. 59, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152). (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del Tribunale di Crotone, sez. dist. di Strangoli in data 22.1.08) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Librandi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 2313


art.74
h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;


commento


LA CASSAZIONE E IL CONCETTO DI ACQUE REFLUE INDUSTRIALI 

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza della terza Sezione Penale del 24 gennaio 2011 n. 
2313 ha ribadito il concetto di acque reflue industriali per contestare il reato di scarico non 
autorizzato così come previsto dall’articolo 137 del Decreto Legislativo 152/2006. 
Il caso oggetto della sentenza atteneva allo scarico in un canale di raccolta di acque piovane, delle 
acque di lavaggio di cassette di uva durante la vendemmia. L’imputato aveva proposto 
un’improbabile distinzione tra “acque di lavaggio”  e “scarichi”; la Corte, però, ha confermato 
l'orientamento elaborato della giurisprudenza, secondo cui: 
• incorre nella contravvenzione chiunque immetta nella pubblica fognatura “acque reflue non 
aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche” (Sez. III, 18 giugno 2009); 
• “nella nozione di acque reflue industriali [...] rientrano tutti i tipi di acque derivanti dallo 
svolgimento di attività produttive, in quanto detti rifiuti non attengono prevalentemente al 
metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue 
domestiche ...” (Sez. III, 5 febbraio 2009). 
Va detto che la Terza Sezione aveva già ritenuto che integrasse lo stesso reato lo scarico senza 
autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive (Sez. III, 20 maggio 
2008). 


Testo della sentenza: 



Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 24-01-2011, n. 2313 
1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - Con la sentenza qui impugnata, lo S. è stato dichiarato responsabile - e condannato alla pena di 1500 Euro di ammenda - per la violazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 59, per avere, quale titolare della ditta omonima, effettuato uno scarico di acque reflue industriali senza aver ottenuto il prescritto provvedimento di autorizzazione da parte della autorità competenti. In particolare, gli si contesta di avere effettuato il lavaggio delle cassette di uva durante la vendemmia e fatto defluire l'acqua di lavaggio in un canalone per la raccolta delle acque piovane.
Avverso tale decisione, l'imputato ha proposto, tramite il difensore, appello (convertito in ricorso) deducendo:
1) che scarichi di acque è concetto diverso da quello di lavaggio con acqua: nel primo caso, lo scarico, per quanto discontinuo, è il risultato di un ciclo produttivo industriale mentre nella specie - anche attenendosi a quanto accertato nel corso del  sopralluogo - si è in presenza di un fatto occasionale; nel secondo caso, trattandosi di un normale lavaggio, il Tribunale avrebbe dovuto
concludere che non si era in presenza di uno scarico e che non necessitava alcuna autorizzazione amministrativa.
Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
La ragione fondamentale di tale declaratoria risiede nel "vizio di origine" dell'impugnazione, concepita come appello e, quindi, sviluppata tutta su argomenti di merito che non si attagliano ad un giudizio in questa sede di legittimità.
 D'altro canto, la condanna alla sola pena pecuniaria non avrebbe potuto che essere censurata - ex art. 593 c.p.p., comma 3, - dinanzi a questa S.C..
Il gravame, perciò, nei suoi contenuti, è contrario alle regole del giudizio di legittimità ove l'unico controllo sulla motivazione che può essere invocato attiene alla verifica che il giudice abbia fornito una spiegazione del proprio convincimento, ancorandosi alle emergenze processuali e mostrando di darne una lettura non manifestamente illogica nè contraddittoria.
Sulla scorta di tali premesse, è da escludere, pertanto, che il presente giudizio si identifichi con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite ovvero con la possibilità di formulare un giudizio diverso - da quello espresso dai giudici di merito - sull'intrinseca adeguatezza della valutazione dei risultati probatori o sull'attendibilità delle fonti di prova.
Risulta, dunque, inattaccabile la motivazione qui impugnata che, pur nella sua estrema sintesi, sottolinea un dato di fatto inconfutabile, e cioè, che, a seguito di lamentele degli abitanti del rione, ispettori ASL avevano effettuato un sopralluogo presso la cantina (OMISSIS) "constatando che, nel piazzale della cantina veniva effettuato il lavaggio delle cassette di uva durante la vendemmia, da parte degli operai dipendenti della Cantina (OMISSIS); l'acqua di lavaggio defluiva in un canalone per la raccolta delle acque piovane".
Ancorchè non esplicitato, è chiaro il concetto che il giudicante ha ritenuto tale condotta integrare il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 59, comma, (ora D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137) e, nel fare ciò, non ha errato essendovi plurime pronunzie di questa S.C. che affermano la ricorrenza di tale ipotesi contravvenzionale - e la conseguente necessità della prescritta autorizzazione - tutte le
volte in cui vi sia immissione nella pubblica fognatura di "acque reflue non aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche" (sez. 3^, 18.6.09, Tonelli, Rv. 244587).
Ed infatti, "nella nozione di acque reflue industriali definita dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74, comma 1, lett. h), (come modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) rientrano tutti i tipi di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive, in quanto detti reflui non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue domestiche, come definite dall'art. 74, comma 1, lett. g), del citato decreto." (sez. 3^, 5.2.09, Bonaffini, Rv. 243122).
Per tale ragione, dunque, in una situazione assimilabile alla presente, anche lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive è stato ritenuto integrare il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, (prima previsto dal D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 59) (Sez. 3^, 20.5.08, De Gregoris, Rv. 240549).
L'inammissibilità del presente ricorso non consente (su. 22.3.05, Bracale, Rv. 231164) il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., (nella specie, la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso).
P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro



ACQUE METEORICHE - commento ARPA LOMBARDIA 
La Regione Lombardia ha disciplinato la dispersione delle acque meteoriche con il Regolamento 24 marzo 2006, n° 4, nel quale è prevista l'autorizzazione allo scarico per le acque meteoriche di "prima pioggia".
Le acque di prima pioggia sono quelle corrispondenti, per ogni evento meteorico che segua il precedente di almeno 96 ore, ad una precipitazione di 5 mm uniformemente.


CHI E' SOGGETTO

Sono da assoggettare obbligatoriamente a trattamento, prima del loro scarico sul suolo, le acque di prima pioggia provenienti da superfici scoperte scolanti di estensione superiore a 2'000 mq, computati escludendo le aree a verde, al servizio delle seguenti attività:
- industrie petrolifere;
- industrie chimiche;
- trattamento e rivestimento di metalli;
- concia e tintura delle pelli e del cuoio;
- produzione della pasta carta, della carta e del cartone;
- produzione di pneumatici;
- aziende tessili che eseguono stampa, tintura e finissaggio di fibre tessili;
- produzione di calcestruzzo;
- aree intermodali;
- autofficine;
- carrozzerie.

Indipendentemente dall'estensione delle superfici scolanti, sono soggette alla separazione delle acque di prima pioggia le acque meteoriche provenienti:
- dalle pertineze degli edifici ed installazioni in cui sono svolte attività di deposito di rifiuti, centri di raccolta e/o trasformazione degli stessi, deposito di rottami e deposito di veicoli destinati alla demolizione;
- dalle superfici scolanti destinate al carico e distribuzione di carburanti ed operazioni connesse ed operazioni connesse e complementari nei punti vendita delle stazioni di serviio per autoveicoli;
- dalle superfici scolanti specificamente o saltuariamente destinate al deposito, al carico, allo scarico, al travaso e alla movimentazione in genere di sostanze pericolose (di cui alle tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del D.L.vo 152/2006). (VEDI LINK A PIE DI PAGINA)


COMPETENZE

Lo scarico delle acque di prima pioggia è soggetto ad autorizzazione, analoga a quella delle acque reflue industriali. Escluso il caso di recapito in rete fognaria (per il quale è competente il Comune), il rilascio di tale autorizzazione è competenza della Provincia.


DETTAGLI DELLA NORMA

Le industrie soggette devono adeguarsi per quanto concerne i sistemi di raccolta e convogliamento della acque di prima pioggia e di lavaggio, il trattamento e il recapito delle stesse.
Le industrie soggette devono, inoltre, presentare domanda di autorizzazione.

L’autorizzazione è rilasciata, a seguito della presentazione di idonea domanda da parte dell’interessato, dopo una verifica tecnica congiunta con l’Agenzia regionale per la Protezione dell’ambiente.
Pertanto il titolare dello scarico deve fare apposita domanda, secondo quanto indicato nell'apposita modulistica. La SCADENZA per la presentazione della domanda è fissata dal Regolamento regionale alla data del 12 APRILE 2007.

Le fasi principali del procedimento per il rilascio di un’autorizzazione allo scarico delle acque di prima pioggia sono le seguenti:
- presentazione della domanda, da
- esame della documentazione;
- avvio del procedimento (o sospensione per richiesta di integrazioni);
- istruttoria tecnica con sopralluogo, generalmen te effettuato dall’ARPA;
- notifica dell’autorizzazione, valida quattro anni salvo casi specifici per i quali la durata è ridotta. 



Come il metodo ( sbagliato) del campionamento provoca l'annullamento delle sentenze

 

Sez. 3, Sentenza n. 14425 del 24/03/2004 (Ud. 21/01/2004 n.00048 ) Rv. 227782
Presidente: Zumbo A. Estensore: Onorato P. Imputato: Lecchi. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Annulla con rinvio, App.Milano, 14 aprile 2003).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio Presidente del 21/01/2004
Dott. ONORATO Pierluigi est. Consigliere SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia Consigliere N. 48
Dott. PICCIALLI Luigi Consigliere REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo Consigliere N. 23554/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LECCHI Giorgio, nato a Caorle (VE) l'8.7.196, avverso la sentenza resa il 14.4.2003 dalla corte d'appello di Milano;
Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IZZO Gioacchino;
che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza;
Udito il difensore della parte civile, avv. Claudio Pizzocaro, per il comune di Senago, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Udito il difensore dell'imputato, avv. Carlo Baccaredda Boy, che ha insistito nel ricorso,
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza del 14.4.2003 la corte d'appello di Milano ha integralmente confermato quella resa il 17.5.2002 dal locale tribunale monocratico, che aveva dichiarato Giorgio Lecchi colpevole del reato di cui all'art. 59, comma 5, D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, perché - quale direttore di stabilimento e responsabile in materia ambientale della Uva Polimeri s.p.a. - aveva effettuato uno scarico di acque reflue industriali superante i valori stabiliti dalla tabella 3 dell'allegato 5 in relazione allo zinco (accertato in Senago il 18.10.1999).
Per l'effetto il Lecchi veniva condannato alla pena di un mese di arresto ed euro 1.500 di ammenda, con i doppi benefici di legge, oltre al risarcimento dei danni a favore del comune di Senago, costituitosi parte civile, liquidato in euro 2.500. Prendendo in considerazione i motivi di appello, la corte milanese ha osservato che "il residuo di zinco trovato nel pozzetto era diretta conseguenza di una fase del ciclo produttivo"; che si trattava di scarichi reiterati, ancorché non continui, tali da non potersi definire come immissione occasionale; che è "ovvio che per cicli di produzione che non richiedano scarichi continui o di lunga durata, il metodo di analisi non può essere che quello del prelievo, anche singolo", intendendo così escludere l'obbligo del prelievo plurimo di un campione medio.
2 - Il Lecchi ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo sei motivi a sostegno. In particolare, lamenta:
2.1 - inosservanza di legge penale e mancanza o illogicità di motivazione in ordine al metodo del prelievo unico o istantaneo. Sostiene che a norma dell'allegato 5 del D.Lgs. 152/1999, par. 1.2, è imposto il prelievo di un campione medio nell'arco di tre ore, salvo che l'autorità preposta al controllo, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, decida di effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico, in relazione alle caratteristiche di questo. Tali regole, che non sono soltanto modi di acquisizione delle fonti di prove, ma elementi integratrici della fattispecie penale, non erano state osservate nella fattispecie concreta. 2.2 - mancanza e illogicità di motivazione laddove la sentenza impugnata ha escluso che si trattasse di una immissione occasionale, priva di rilevanza penale;
2.3 - omessa motivazione, laddove la sentenza, ipotizzando col giudice di primo grado che l'acqua trovata nel pozzetto fosse il risultato anche del dilavamento del piazzale dello stabilimento (dove veniva trasportato stereato di zinco), non ha considerato l'obiezione difensiva secondo cui il ritrovamento del ferro, non normalmente utilizzato nello stabilimento, era incompatibile con l'ipotesi formulata;
2.4 - mancanza di motivazione e violazione dell'ari, 530, comma 2, c.p.p., giacché la corte milanese non ha minimamente preso in considerazione l'ipotesi difensiva secondo cui il ferro e lo zinco reperiti nel campione analizzato fossero il residuo conseguente all'evaporazione dell'acqua presente nel pozzetto;
2.5 - illogicità di motivazione e travisamento del fatto laddove la sentenza impugnata sembra aver escluso che il titolare della ditta abbia fatto osservazioni a verbale durante la procedura di prelievo;
2.6 - illogicità di motivazione con travisamento del fatto e violazione degli artt. 24 e 133 c.p. in ordine alla determinazione della pena, nonché mancata decisione in ordine alla richiesta di sostituzione della pena detentiva ex art. 53 legge 689/1981. Con motivi nuovi tempestivamente depositati, il difensore del Lecchi ha argomentato ulteriormente sul secondo, terzo, quarto e sesto motivo, e ha formalmente chiesto la sostituzione dell'arresto con l'ammenda ai sensi dell'art. 5 legge 134/2003 e la conseguente revoca della sospensione condizionale della pena.
3 - Il pubblico ministero in sede ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nella considerazione che il giudice d'appello non aveva adeguatamente motivato che nella specie non si trattasse di immissioni occasionali, le quali non sono più sanzionate in seguito alla novella di cui al D.Lgs. 258/2000. MOTIVI DELLA DECISIONE
4 - Va anzitutto chiarita la portata degli artt. 21 e 22 del D.Lgs. 18.8.2000 n. 258 laddove riformulano il testo del primo comma dell'art. 54 e del quinto comma dell'art. 59 del D.Lgs. 152/1999 che prevedono rispettivamente come illecito amministrativo o come reato lo scarico superante determinati valori tabellari. Il nuovo testo si limita ad escludere l'inciso relativo alle "immissioni occasionali", con la conseguenza che non costituiscono più reato o illecito amministrativo quelle immissioni occasionali che superano i valori tabellari (cfr. Cass. Sez. 3^, n. 29651 del 9.8.2002, P.G. in proc. Paolini, rv. 222114).
La portata normativa della modifica va però precisata in relazione alla definizione di scarico introdotta per la prima volta dal D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, secondo cui è scarico "qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue (...) nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria" (art. 2 lett. bb)). Secondo il testo originario di questo provvedimento legislativo, gli scarichi in quanto tali, cioè le immissioni dirette tramite condotte, in via di principio dovevano essere preventivamente autorizzati (art. 45); mentre gli scarichi superanti i limiti tabellari venivano sottoposti secondo i casi a sanzione amministrativa o penale; analogo trattamento sanzionatorio era previsto per le immissioni occasionali extratabellari (art. 54, comma 1, e art. 59, comma 5). Secondo una corretta interpretazione logica, teleologica e sistematica, dunque, per immissioni occasionali dovevano intendersi quelle realizzate senza il tramite di una condotta, in relazione alle quali era illogico richiedere un'autorizzazione amministrativa, ma era logico sanzionare ugualmente l'inquinamento extrabellare.
Ora, con l'abolizione dell'inciso relativo alla immissioni occasionali, il D.Lgs. 18.8.2000 n. 258 ha inteso semplicemente escludere dalla sanzione per l'inquinamento tabellare le immissioni realizzate senza il tramite di una condotta.
Ma non ha inteso escludere dalla sanzione gli scarichi propriamente detti, cioè le immissioni tramite condotta, che non abbiano carattere di continuità. Più precisamente questi scarichi non possono superare i limiti tabellari, quale che sia il loro carattere temporale, continuo, discontinuo o anche semplicemente occasionale. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno motivatamente accertato che lo scarico nella fognatura avveniva tramite condotta, anche se in modo discontinuo. Più precisamente nello stabilimento di Senato, dove la Uva Polimeri s.p.a. produceva vernici per legno e resine, esisteva a) un impianto di ossidazione termica che bruciava i liquidi di processo: le ceneri che residuavano dalla combustione venivano smaltite come rifiuti; b) una rete di condotte che scaricava nella pubblica fognatura le acque meteoriche, le acque derivanti dallo spurgo delle torri di raffreddamento, le acque usate per attività urbane o derivanti da normali operazioni di pulizia, nonché le acque di scolatura di alcuni processi di lavaggio del piazzale usato per il trasporto dello stereato di zinco (v. pag. 3 sentenza tribunale). Correttamente la corte d'appello ha ritenuto che lo scarico delle acque di cui al punto b) fosse "diretta conseguenza di una fase del ciclo produttivo" e non potesse definirsi una "immissione occasionale" (pag. 5 sentenza impugnata).
È quindi infondato il secondo motivo di ricorso.
5 - Diverso è il problema della regolarità del metodo di prelievo del campione delle acque reflue industriali come sopra individuate (primo motivo di ricorso di cui al n. 2.1).
La materia è disciplinata dall'allegato 5, paragrafo 1.2, il quale - nel testo vigente al momento del fatto - stabiliva che "i limiti indicati in tabella 3, per le acque reflue industriali, sono riferiti ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore", salva la possibilità di effettuare il campionamento su tempi più lunghi. In seguito il citato D.Lgs. 258/2000 ha riformulato la norma, confermando come criterio ordinario il campionamento medio nell'arco di tre ore, ma prevedendo in aggiunta che l'autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al line di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze.
Se questa novellazione della norma non poteva essere applicata al caso di specie, perché entrata in vigore successivamente alla effettuazione del campionamento, doveva tuttavia essere rispettata la norma originaria che prevedeva comunque il campionamento medio, ordinariamente nell'arco di tre ore.
In fatto questa norma non è stata rispettata, giacché i funzionari preposti al controllo hanno proceduto a un prelievo istantaneo. Peraltro l'inosservanza del metodo di campionamento non è assoggettata ad alcuna sanzione, sicché è lasciata all'autorità amministrativa procedente e in ultima istanza al giudice la valutazione della razionalità del metodo adottato, in relazione alle caratteristiche del ciclo produttivo e alle modalità temporali dello scarico, nonché la valutazione della attendibilità delle analisi. In altri termini, ritiene il collegio che la norma sul metodo di campionamento dello scarico ha carattere procedimentale, non sostanziale, sicché non può configurarsi come norma integratrice della fattispecie penale: essa indica il criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il giudice possa motivatamente valutare la rappresentatività di un campione che, per qualsiasi causa, non è stato potuto prelevare secondo il criterio ordinario. Sul punto, non appare quindi condivisibile Cass. Sez. 3^, n. 9140 del 22.8.2000, Pautasso, rv. 217545, richiamata dal ricorrente, dovendosi invece condividere Cass. Sez. 3^, n. 32996 del 5.8.2003, Lazzeroni, rv. 225547.
Nel caso di specie la corte di merito ha giustificato il prelievo istantaneo in considerazione del carattere discontinuo dello scarico, senza logicamente considerare che uno scarico non continuo, ma ripetuto (come sembra pacificamente quello di cui trattasi), avrebbe consentito un prelievo plurimo in un arco temporale più o meno lungo.
In secondo luogo la sentenza impugnata avrebbe dovuto motivare sull'attendibilità delle analisi effettuate sul campione istantaneo prelevato, giacché anche un prelievo irregolare può essere ritenuto dal giudice ugualmente rappresentativo dello scarico e quindi idoneo a provare il superamento dei valori tabellari, purché il giudizio sia supportato da specifica motivazione.
Sul punto però la motivazione della sentenza è carente. Vero è che l'acqua reflua prelevata dal pozzetto, data la sua provenienza composita, poteva contenere anche ferro, oltre allo zinco (in tal senso è infondato il motivo di ricorso di cui al n. 2.3). Ma è anche vero che la corte milanese non spiega in modo specifico perché l'analisi del campione dovesse ritenersi attendibile nonostante il prelievo istantaneo; e anche laddove esclude che l'attendibilità fosse pregiudicata dall'evaporazione dell'acqua non confuta in maniera plausibile le censure sollevate sul punto dall'appellante. Al riguardo il tribunale aveva in sostanza escluso che nel pozzetto non fossero avvenuti scarichi da molto tempo e che nei mesi di settembre e ottobre non avesse piovuto, cioè aveva escluso che fossero ricorse le condizioni necessarie per l'evaporazione. Ma il giudice d'appello ha ritenuto errate e irrilevanti queste argomentazioni, senza sostituirle con altre argomentazioni pertinenti e logiche (pag. 5). Nei limiti sopra esposti vanno accolti il primo e il quarto motivo di ricorso, mentre restano assorbiti il quinto e il sesto. In conclusione la sentenza impugnata va annullata per difetto di motivazione, con rinvio ad altra sezione della corte milanese, perché - alla luce dei principi su esposti - rinnovi il giudizio sulla attendibilità delle analisi effettuate sul campione prelevato. P.Q.M.
la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2004

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