ARIA


Aria. Getto pericoloso di cose

Cass. Sez. III n. 37495 del 17 ottobre 2011 (Cc. 13 lug. 2011)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. PM in proc. Dradi
Aria. Getto pericoloso di cose
Il reato di cui all'art. 674 cod. pen. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento
La fattispecie contravvenzionale descritta dall'art. 674 cod. pen. non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato ma un reato unico, in quanto la condotta consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una species del più ampio genus costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone. Le emissioni di cui alla seconda ipotesi (riferita a gas, vapori o fumo) rientrano già nell'ampio significato dell'espressione “gettare cose”, di cui in realtà costituiscono una specie, e sono state espressamente previste dalla norma unicamente per specificare che quando si tratta di attività disciplinata per legge - e per tale motivo ritenuta dal legislatore di un qualche interesse pubblico e generale - la loro rilevanza penale nasce soltanto con il superamento dei limiti e delle prescrizioni di settore.
E' vero che può costituire molestia anche il semplice arrecare alle persone preoccupazione generalizzata ed allarme circa eventuali danni alla salute da esposizione ad emissioni inquinanti. L'allarme, però, non può derivare da opinioni preconcette e da disinformazione mediatica.

Un altro parere


La Corte di Cassazione ha ribadito come la mancanza di una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione, fa si che il reato di cui all'art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di "molestie olfattive" promananti da impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera.

Un altro parere



In tema di emissioni idonee a creare molestie alle persone, bisogna rilevare che l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 674, seconda parte, c.p. afferma che esse possono certamente ricondursi ad una delle tre tipologie indicate dalla norma incriminatrice (gas, vapori, fumo). Parimenti, è stata ritenuta la loro capacità offensiva in considerazione della indubbia idoneità di tali emissioni ad arrecare molestia alle persone, dovendosi far rientrare nel concetto di “molestia” tutte quelle situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di “turbamento della tranquillità e della quiete”, che producono “un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione”.
In tale prospettiva, è stato affermato che può costituire “molestia” anche il semplice arrecare alle persone preoccupazione ed allarmi generalizzati circa possibili danni alla loro salute provocati dalle esalazioni stesse (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, 1/12/2005 n. 3678, Giusti; Sez. 3, 12/5/2003 n. 20755, Di Grado ed altri; Sez. 3, 9/10/2007 n. 2475, Alghisi ed altro).
Deve, a tale riguardo, ribadirsi che la contravvenzione di cui all’art. 674 c.p. costituisce reato di pericolo, per cui non è necessario che sia determinato un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente l’attitudine concreta delle emissioni ad offenderle o molestarle nel senso sopra precisato, purché, ovviamente, le emissioni di esalazioni maleodoranti non presentino un carattere del tutto momentaneo ed abbiano un sicuro impatto negativo (cfr. Cass. Sez. 3, 21/3/1998 n. 3531, Terrile; Sez. 3, 14/1/2000 n. 407, Samengo).
Nei rari casi in cui non esistano precisi limiti tabellari fissati dalla legge, ovvero in tutti i casi in cui non esiste una predeterminazione normativa, è affidata al giudice penale, che può basarsi anche su dichiarazioni testimoniali, purché non risolventisi in apprezzamenti meramente soggettivi, la valutazione della tollerabilità consentita, alla stregua delle conseguenze che le emissioni producono sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione.
Tale valutazione deve operarsi secondo criteri di “stretta tollerabilità” (cfr. , in tal senso, Cass. Sez. 3, 5/6/2007 n. 21814, Pierangeli; Sez. 3, 10/10/2006 n. 33971, Bortolato), “dovendo ritenersi riduttivo ed inadeguato il riferimento alla normale tollerabilità fissato dall’art. 844 c.c., che appare inidoneo ad approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana, attesa la sua portata individualistica e non collettiva” (cfr. Cass. Sez. 3, sentenza Alghisi citata).
In quest’ottica devono essere, pertanto, riguardate le c.d. “molestie olfattive”, dal momento che non esiste una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori – limite in materia di odori, materia sicuramente diversa da quella concernente l’inquinamento atmosferico.
L’assenza di una normativa di settore e di standards fissati dalla legge non può, tuttavia, condurre alla conclusione ritenere un vuoto normativo laddove non esistano precisi limiti tabellari fissati dalla legge.
In tali ipotesi, infatti, deve trovare applicazione l‘art. 674 c.p., con individuazione del parametro di legalità nel criterio della “stretta tollerabilità”.

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Esalazioni maleodoranti provenienti da stalle, allevamenti o luoghi simili - Reato di cui all'art. 674 c.p. - Sussistenza - Risarcibilità ex art. 844 c.c. - Fattispecie. 
Le esalazioni maleodoranti provenienti da stalle, allevamenti o luoghi simili configurano il reato di cui all'articolo 674 c.p. e non solo un illecito penale risarcibile ex articolo 844 c.c. allorché siano idonee a creare offesa al benessere dei vicini e grave pregiudizio per lo svolgimento della loro attività (Cass n. 678 del 1996 P.M. in proc. Viale; Cass n. 138 del 1995 Composto; 1293 del 1994 Sperotto). Nella specie, dai manufatti destinati all'allevamento di suini e pollame ed ubicati ad una distanza di circa 10 - 20 metri dalle abitazioni, si avvertivano cattivi odori i quali provocavano nei confronti delle persone offese ivi residenti uno stato d'ansia accertato documentalmente, che nonostante, l'avvenuto adeguamento della porcilaia alle prescrizioni vigenti non escludeva la sussistenza del reato proprio perché le emissioni maleodoranti non erano state comunque eliminate. 
"Esalazioni" maleodoranti - Superamento del limite della normale tollerabilità - Molestie - Nozione - Fattispecie - Relazione del medico dell'azienda sanitaria e dei sopraluoghi espletati. Per molestia deve intendersi ogni fatto idoneo a recare fastidio, disagio o disturbo ed in genere qualsiasi fatto idoneo a turbare il modo di vivere quotidiano.
Il superamento del limite della normale tollerabilità costituisce il parametro principale (ma non l'unico) per valutare l'idoneità dell'esalazione maleodorante a recare offesa o molestia e ciò perché le emissioni maleodorante sono vietate nei casi non consentiti dalla legge, la quale contiene una sorta di presunzione di legittimità delle emissione dei fumi che non superino la soglia fissata da leggi speciali.
Nella fattispecie, anche se non è stata espletata alcuna perizia tecnica (ma di ciò non si è doluto il ricorrente, il quale non ha sollevato alcuna specifica doglianza in merito ad un eventuale mancato superamento dei limiti di tollerabilità), si è comunque accertato per mezzo della relazione del medico dell'azienda sanitaria e dei sopraluoghi espletati dagli inquirenti, che si trattava di esalazioni non tollerabili tanto e vero che creavano "una condizione di disagio che culminava nella non vivibilità dell'ambiente" (Corte di Cassazione, Sez. III penale, 
sentenza 21.12.2006 n. 42087 - link a www.ambientediritto.it).


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