RIFIUTI E NON RIFIUTI


Cass. Sez. III n. 25206 del 26 giugno 2012 (Ud.16 mag. 2012)
Pres.De Maio Est. Fiale Ric.Violato 
Rifiuti. Materiali inerti di composizione eterogenea

I materiali inerti di composizione eterogenea (nella specie, un miscuglio di cotto, cemento e calcestruzzo), sottoposti a procedimento di macinatura e non destinati ad attività di recupero, non sono assoggettati alla disciplina delle materie prime secondarie, ma costituiscono veri e propri rifiuti.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 16/05/2012
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 1345
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere - N. 50183/2011
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) VIOLATO MARCELLO N. IL 02/03/1978;
avverso la sentenza n. 117/2010 TRIBUNALE di PADOVA, del 24/05/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
udito il P.G. in persona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena;
udito il difensore, avv. Lucchetta Marina, la quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Padova, con sentenza del 24.5.2011, ha affermato la responsabilità penale di Violato Marcello in ordine al reato di cui:
- al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a), perché - quale imprenditore individuale - in mancanza di autorizzazione, effettuava la messa in riserva di rifiuti non pericolosi originati dall'attività di costruzioni e demolizioni edili e stradali nonché la frantumazione di detti materiali a mezzo di frantoio - acc. in Conselve, il 19.6.2008 e lo ha condannato alla pena di Euro 7.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Violato, il quale, sotto il profilo del vizio di motivazione, ha eccepito:
- la insussistenza della prova in merito alla qualificazione di "rifiuto" del materiale rinvenuto presso la sua sede aziendale, in quanto si sarebbe trattato di inerti composti da un miscuglio di cotto, cemento e calcestruzzo, acquistato già in piccola pezzatura (derivata da apposito trattamento), con regolari fatture, da un'impresa di recupero di inerti da demolizioni e scavi (s.n.c. Giovanni Zagolin) e destinato ad essere utilizzato, quale materia prima secondaria, per la realizzazione del sottofondo di un piazzale per conto di un'impresa committente (Egidio Aggio) specificamente individuata;
- la inconfigurabilità di un accertamento di colpevolezza che possa ritenersi effettuato "al di là di ogni ragionevole dubbio", tenuto conto del mancato espletamento di indagini circa la provenienza del materiale, le modalità di trasporto e la composizione fisico-chimica di esso;
- la omessa valutazione della richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I primi due motivi di ricorso devono essere rigettati, perché infondati.
1.1 Ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 184, comma 3, lett. b), - sono rifiuti speciali "i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione ...".
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "il fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale rientra nella definizione dei materiale proveniente da demolizioni e ricostruzioni, incluso nel novero dei rifiuti speciali non pericolosi" (vedi Cass., Sez. 3, 12.1.2011, n. 16705, Manetta).
1.2 In relazione ai residui delle attività di demolizioni edili e del loro reimpiego, questa Sezione:
- in alcune decisioni ha ritenuto possibile il loro riutilizzo, nello stesso od in diverso ciclo produttivo, solo quale attività di recupero (così Cass., Sez. 3: 9.7.2004, n. 30127, Piacentino;
15.6.2005, n. 22511, Venticinque);
- con le sentenze 9.10.2006, n. 33882, Barbati; 12.12.2006, n. 40445, Bisogno; 5.4.2007, n. 14185, Brugnera, ha rilevato che il materiale proveniente da demolizioni non può qualificarsi "materia prima secondaria", ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 181, commi 6 e 13;
- con la sentenza 7.4.2008, n. 14323, Coppa, ha affermato il principio secondo il quale i materiali di risulta da demolizione di edifici e scavi di cantiere possono essere qualificati "sottoprodotti", ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. n), soltanto a condizione che:
- il loro utilizzo sia certo e avvenga direttamente ad opera dell'azienda che li produce;
- gli stessi materiali non vengano sottoposti a trasformazioni preliminari;
- l'utilizzazione non comporti condizioni peggiorative per l'ambiente o la salute;
- con la sentenza 29.4.2011, n. 16727, Spinello, ha ribadito che i materiali provenienti da demolizioni rientrano nel novero dei rifiuti in quanto oggettivamente destinati all'abbandono; il recupero è condizionato a precisi adempimenti, in mancanza dei quali detti materiali vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi. L'eventuale assoggettamento di detti materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina ordinaria implica la dimostrazione, da parte di chi io invoca, della sussistenza di tutti presupposti previsti dalla legge. 1.3 Nella vicenda in esame i residui oggetto di contestazione non possono essere considerati "materia prima secondaria" secondo la disciplina progressivamente vigente a decorrere dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006.
Va rilevato, al riguardo, che:
- L'art. 181, comma 6, di tale D.Lgs. (nella formulazione originaria) prevedeva la possibilità di ottenere materie prime secondarie attraverso attività di recupero - in attesa dell'emanazione di uno specifico decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio - rinviando alle disposizioni previste dal D.M. 5 febbraio 1998 e disponendo che materie siffatte fossero sottoposte al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti, purché avessero le caratteristiche indicate da quel decreto ministeriale e fossero "direttamente destinate in modo oggettivo ed effettivo all'impiego in un ciclo produttivo".
Nel caso che ci occupa la previsione normativa in oggetto non è applicabile, poiché gli eterogenei materiali rinvenuti (laterizi, pezzi di mattonelle e di asfalto), dei quali era in corso un'attività di macinatura (ulteriore, secondo la prospettazione difensiva, ad una trasformazione preliminare già effettuata da altra impresa), non costituivano il risultato di una operazione di recupero giunta al suo completamento, come richiesto dal comma 12, originario art. 181.
- Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ha modificato l'art. 181 (il cui testo è stato sostituito, da ultimo, dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 7) e nell'art. 181-bis aveva fissato requisiti e condizioni che dovevano sussistere perché un materiale potesse essere considerato non un rifiuto ma una materia prima secondaria. Alla stregua di quella normativa:
- doveva trattarsi di materie e sostanze prodotte da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;
- dovevano essere individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si potessero produrre;
- dovevano essere individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producevano, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse;
- dovevano essere precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e te altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto;
- le materie e sostanze dovevano avere un effettivo valore economico di scambio sul mercato.
La sussistenza delle condizioni indicate doveva essere contestuale e, in mancanza anche di una sola di esse, il residuo rimaneva soggetto alle disposizioni sui rifiuti (vedi Cass., Sez. 3, 19.12.2008, n. 47085).
Pure in relazione a tali disposizioni i materiali che costituiscono oggetto del presente giudizio non possono essere considerati materia prima secondaria, per la mancata dimostrazione della sussistenza del requisiti complessivi anzidetti (dimostrazione il cui onere incombe - come si è detto - su colui che prospetta l'applicabilità del regime gestionale di favore).
- L'art. 181-bis è stato poi abrogato dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 39, comma 3, che ha rinnovato ed innovato la disposizione dell'art. 184-quater, restando superata la definizione di materia prima secondaria a fronte di una chiara fissazione delle condizioni che, ove sussistenti, fanno cessare, per un materiale sottoposto ad attività di recupero, la qualità di rifiuto.
Presupposti essenziali sono da individuarsi, in ogni caso:
- nella sottoposizione del rifiuto ad un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo;
- nella sussistenza di un mercato e di una domanda del materiale recuperato (con conseguente attribuzione di un valore economico) e nella riammissione dello stesso in un ciclo produttivo tipico;
- nella rispondenza del materiale recuperato a requisiti tecnici e standard specifici;
- nella insussistenza di impatti negativi sull'ambiente e sulla salute umana.
Anche In relazione al regime dianzi delineato non risulta dimostrata la intervenuta effettuazione - nella vicenda che ci occupa - di alcuna attività di recupero (condotta nel rispetto di quanto previsto dai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 162 e 17 novembre 2005, n. 269) da parte di un soggetto autorizzato a compiere le relative operazioni.
2. Fondata, invece, è l'ultima censura svolta in ricorso, in quanto, in sede di discussione dibattimentale, il difensore aveva chiesto la concessione del beneficio della sospensione condizionale ed il giudice dei merito non ha accolto tale richiesta senza fornire alcuna giustificazione (in una situazione in cui risulta dagli atti la incensuratezza dell'imputato).
La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Padova limitatamente alla valutazione della concedibilità della sospensione condizionale.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Padova limitatamente alla valutazione della concedibilità della sospensione condizionale.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2012


IL FRESATO COME SOTTOPRODOTTO




Con la recente sentenza n. 4151 del 21 maggio – pubbl. 6 agosto 2013 il Consiglio di Stato ha lucidamente (e finalmente) chiarito, in modo univoco, che il fresato d’asfalto, originato dai lavori di manutenzione/ricostruzione della pavimentazione stradale, al pari di qualsiasi altro residuo produttivo, può essere qualificato come “sottoprodotto” in presenza ovviamente delle “condizioni” di cui all’art. 184 bis, comma 1, del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. (1)  (in prosieguo, anche TUA).



(1) ’art. 184-bis, comma 1, cit., introdotto dall'art. 12, del d.lgs. n. 205 del 2010 detta:
1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana”.


------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

IL FRESATO DI ASFALTO

-------------------------------------------

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
....omissis...
La società Doneda ha impugnato dinanzi al Tar Lombardia l’atto negativo comunale nonché il parere parzialmente negativo espresso dalla Provincia di Monza e Brianza nella parte in cui ritiene incompatibile con il PPGR il progetto di impianto per l’impiego di fresato d’asfalto.

Il Tar ha accolto il ricorso, giudicando erronea la qualificazione del fresato di asfalto alla stregua di un rifiuto anzicchè di un sottoprodotto, con conseguente illegittimità dell’ingiunzione della Provincia nei confronti del Comune di Arcore a non autorizzare l’impianto volto alla sua riutilizzazione , e considerando illegittimo il diniego opposto dal Comune per valutazioni di tipo paesistico-ambientale, in quanto contrastanti con la già effettuata VAS conclusasi positivamente. Ha altresì rilevato che il provvedimento negativo, oltre a discostarsi senza un’adeguata motivazione dalle conclusioni raggiunte in sede di conferenza di servizi, lederebbe il principio di legittimo affidamento ingenerato dallo stesso Comune che, precedentemente, aveva ritenuto possibile la realizzazione dell’impianto al punto tale da esigere anticipatamente il versamento di un consistente anticipo (150.000 euro) sugli oneri di urbanizzazione e che non aveva mai manifestato , nel corso del procedimento, le esigenze, marginalmente presenti nella motivazione del provvedimento, di carattere urbanistico, quali la vicinanza a zona residenziale.

...omissis...

9. La Provincia, muovendo dalla classificazione del fresato d’asfalto come rifiuto speciale (codice CER 17.0.002- materiale di demolizione) e considerando che la caratteristica del “sottoprodotto” di cui all'art. 184 bis del d. lgs. n. 152/2006 è costituita dall'essere la sostanza originata da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante , pur non essendone lo scopo primario, ritiene che il fresato d’asfalto non sia prodotto originato da un processo produttivo bensì materiale di risulta ricavato dalla demolizione di fondi stradali e, conseguentemente, rifiuto speciale recuperabile, come tale non utilizzabile nell'impianto di cui si chiede l’autorizzazione alla realizzazione.
10. In ordine a tale questione ha proposto intervento la SITEB Associazione Italiana Bitume Asfalto Strade che, vantando l’interesse dei propri associati allo svolgimento della propria attività conformemente alla normativa in tema di rifiuti, ha illustrato sia la natura del ciclo di riutilizzazione dell’asfalto, che non prevede trasformazione e non viene, quindi, riciclato, e può essere recuperato in situ senza operazioni di stoccaggio e deposito. Sostiene, alla luce dell’art. 183 del Codice dell’ambiente, che caratteristica del rifiuto è che di esso il detentore intenda disfarsi, mentre del fresato d’asfalto il detentore non si disfa, ma le sue caratteristiche permettono un immediato ed integrale reimpiego. Considera quindi che, conformemente a quanto deciso dal T.a.r., il materiale in parola rivesta tutte le caratteristiche indicate dall’art. 184 bis per i sottoprodotti.
11. Occorre a riguardo osservare che il T.a.r., pur riconoscendo che il fresato d’asfalto viene generalmente classificato come rifiuto in quanto come tale disciplinato dal DM 5.2.1998 e contemplato dal codice europeo dei rifiuti, nondimeno possa essere trattato alla stregua di un sottoprodotto quando venga inserito in un ciclo produttivo e venga utilizzato senza nessun trattamento in un impianto che ne preveda l’utilizzo nello stesso ciclo di produzione senza operazioni di stoccaggio a tempo indefinito. Considerato che nell'impianto in questione l’asfalto verrebbe quotidianamente fresato e riutilizzato, nell'ambito dell’ordinario ciclo produttivo, esso deve essere considerato sottoprodotto e non rifiuto speciale, con la conseguenza che non soggiacerebbe alle regole del Piano gestione rifiuti che ne impedirebbero la localizzazione.
12. Ai sensi dell’art. 183, n. 1 lett. a) del codice dell’ambiente (d. lgs. n. 15272006), costituisce «rifiuto» qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi.
Ai sensi dell’art. 184, comma 3 lett. b), sono rifiuti speciali i rifiuti derivanti da attività di demolizione,costruzione o derivanti dall'attività di scavo.
Ai sensi dell’art. 184 bis, aggiunto dal comma 1 dell’art. 12 d.lgs. 3.12.2010, n. 205, è sottoprodotto e non rifiuto qualsiasi prodotto che soddisfi tutte (cumulativamente) le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale.
La norma delinea le caratteristiche essenziali del sottoprodotto consistenti nell'appartenenza della sostanza ad un ciclo di produzione di cui non costituisce scopo principale e nella consapevolezza, al momento della sua produzione, della sua riutilizzazione senza alcun trattamento diverso dalla normale pratica industriale. Il sottoprodotto nasce, quindi, con la certezza di essere riutilizzato senza particolari interventi manipolativi e non disfatto , non divenendo per questo mai rifiuto.
13. Data la novità della classificazione del sottoprodotto rispetto a quella contenuta nel codice CER, la giurisprudenza amministrativa ha già considerato non vincolante la classificazione recata dal codice CER anteriore alla definizione dei sottoprodotti alla stregua dei criteri sostanziali dell’art. 184 bis giungendo , per alcune sostanze classificate come rifiuto, al riconoscimento come sottoprodotto ( quali la pollina, Cons. St. Sez. IV, 28.2.2013, n. 1230).
Anche la Cassazione penale (Sez. III, 14.6.2012, n. 28609) giudica essenziale ai fini della qualificazione di una sostanza come sottoprodotto la sussistenza contestuale di tutte le condizioni richieste e l’assenza di trasformazione preliminare ai fini del riutilizzo, oltre alla circostanza che il materiale sia destinato con certezza e non come mera eventualità ad un ulteriore utilizzo.
Si tratta dunque di verificare, dal punto di vista sostanziale e fattuale, se la fresatura d’asfalto rivesta i requisiti indicati dalla norma di cui all'art. 184 bis per essere considerata sottoprodotto e non rifiuto speciale.
14. Alla luce di tali criteri, che il Collegio non può che condividere, deve ritenersi corretto il metodo di verifica utilizzato dal Tar, che ha tenuto conto delle seguenti circostanze: che il bitume d’asfalto si inserisse nel processo produttivo dell’impianto; che venisse rimosso con la certezza di essere integralmente riutilizzato; che non venisse sottoposto ad un processo di trasformazione; che venisse riutilizzato in tempi ravvicinati (quotidianamente) rispetto al prelievo, senza particolari operazioni di stoccaggio; che non si potesse porre a priori in senso assoluto il problema di doversene disfare, essendo esso sempre riutilizzabile e riutilizzato.
15. Le conclusioni cui è giunto il T.a.r. sono in linea non solo con la normativa interna, ma anche con la giurisprudenza comunitaria secondo cui, quando oltre che riutilizzare la sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, “la sostanza non può essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di disfarsi, bensì un autentico prodotto” (CGCE sent. 18 aprile 2002, causa C9/00 Palin Granit) . Secondo la giurisprudenza europea “E’ ammesso, alla luce degli obiettivi della direttiva 75/442, qualificare un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di cui il detentore non desidera disfarsi ai sensi dell’art. 1, lett. a) della Direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del processo di produzione” (sent. 11 settembre 2003, causa C114/01, Avesta Potarit Chrome).
16. Alla stregua di tali considerazioni, l’appello della Provincia deve essere respinto.

.....omissis...



Commenti

Post popolari in questo blog

polizia idraulica - sanzioni penali

Per un marchio non registrato non è punibile la contraffazione

Emendamento dell'on. Roger De Menech alla riforma del Min. Del Rio