LEGGE REGIONALE del 16 agosto 1993 n. 26


LEGGE REGIONALE del 16 agosto 1993 n. 26

“Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria”.
( BURL del 19 agosto 1993 n. 33, 1º suppl. ord. )

TESTO VIGENTE 11/09/09

Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1. Finalità.
1. La regione Lombardia tutela la fauna selvatica secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali, nonché disciplina il prelievo venatorio nel rispetto delle tradizioni locali e dell’equilibrio ambientale, nell’ambito delle funzioni ad essa trasferite a norma dell’ art. 99 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e nell’osservanza dei principi e delle norme stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 di recepimento integrale delle direttive 79/409/CEE del consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, della convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812 , e della convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503 .
2. La fauna selvatica, ai sensi dell’ art. 1, comma 1, della legge n. 157/92 , è patrimonio indisponibile dello Stato, costituisce bene ambientale ed è tutelata e protetta in attuazione dell’art. 3 dello Statuto, nell’interesse della comunità internazionale, nazionale e regionale.
3. L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno alle produzioni agricole.
4. In attuazione delle direttive 79/409/CEE , 85/411/CEE e 91/244/CEE sono istituite lungo le rotte di migrazione dell’avifauna, segnalate dall’istituto nazionale per la fauna selvatica, zone di protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi e si provvede al ripristino dei biotopi distrutti e alla creazione di biotopi. Tali attività concernono particolarmente e prioritariamente le specie elencate nell’allegato I delle citate direttive.
5. La presente legge si prefigge l’obiettivo di mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di mammiferi ed uccelli, viventi naturalmente allo stato selvatico nel loro territorio, ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche, culturali e ricreative della Lombardia, assicurandone la protezione e la gestione con le misure necessarie per la conservazione dei mammiferi, degli uccelli, delle uova, dei nidi e dei loro ambienti naturali.

Art. 2. Funzioni regionali e provinciali.
1. La regione esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria; svolge altresì funzioni di orientamento e di controllo previste dalla presente legge.
2. Le province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ai sensi dell’ art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , nel rispetto della legge n. 157/92 e di quanto previsto dalla presente legge.
3. La giunta regionale si sostituisce alle province in caso di inadempienza nell’espletamento dei compiti previsti dalla presente legge.
4. La giunta regionale e le province possono avvalersi dell’istituto nazionale per la fauna selvatica quale organo consultivo di carattere scientifico, nonché degli enti ed istituti specializzati di ricerca indicati all’art. 9, comma 5.


Art. 3. Consulta faunistico-venatoria regionale.
1. La giunta regionale si avvale di una consulta di diciotto membri composta da:
a) l’assessore regionale competente, con funzioni di presidente;
b) tre rappresentanti delle province designati dall’unione regionale delle province lombarde;
c) un rappresentante per ciascuna delle tre organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;
d) un rappresentante per ciascuna delle tre associazioni venatorie maggiormente rappresentative a livello regionale;
e) un rappresentante per ciascuna delle tre associazioni protezionistiche maggiormente rappresentative a livello regionale;
f) tre docenti universitari esperti in problemi faunistici;
g) un rappresentante dell’ente nazionale per la cinofilia italiana;
h) il capo del coordinamento regionale del corpo forestale dello Stato, o suo delegato.
2. I componenti della consulta sono nominati dal presidente della giunta regionale, sulla base dei nominativi proposti dagli enti ed organismi interessati [1] .
3. I nominativi di cui al comma 2 devono pervenire al presidente della giunta regionale entro quindici giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il presidente stesso provvede alle nomine tenuto conto delle designazioni pervenute.
4. Il funzionamento della consulta è disciplinato dalla giunta regionale; svolge funzioni di segretario un funzionario del servizio faunistico regionale.
5. La consulta ha sede presso la giunta regionale e dura in carica quanto il consiglio regionale.
6. La consulta è costituita entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del presidente della giunta regionale.
7. La consulta, su richiesta dell’assessore regionale competente, può formulare proposte e partecipare alla elaborazione della normativa e delle direttive regionali, nonché degli strumenti e dei contenuti della pianificazione e della programmazione faunistico-venatoria e alla definizione del calendario venatorio.
8. Ai componenti della consulta di cui alle lettere b), c), d), e), f), g) e h) del comma 1 sono attribuiti, ove spettanti, l’indennità, il rimborso delle spese di viaggio e il trattamento di missione previsti dall’ art. 2 della L.R. 22 novembre 1982, n. 63 e successive modificazioni.

Art. 4. Fauna selvatica oggetto della tutela.
1. Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della presente legge, i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà nel territorio regionale.
2. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica, comunque presenti nel territorio regionale, elencate nell’ art. 2, comma 1, della legge n. 157/92 e ricomprese nell’allegato A della presente legge.
3. La tutela della fauna selvatica, a norma dello stesso art. 2 della legge n. 157/92 , non comprende le talpe, i ratti, i topi propriamente detti e le arvicole.

Art. 5. Divieto di uccellagione e di cattura di mammiferi selvatici.
1. A norma dell’ art. 3 della legge n. 157/92 sono vietati in tutto il territorio regionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.

Art. 6. Cattura a fini scientifici e soccorso alla fauna in difficoltà.
1. La giunta regionale, sentito l’istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l’utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati [2] .
2. L’attività di cattura temporanea per l’inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e coordinata dall’istituto nazionale per la fauna selvatica d’intesa con l’osservatorio regionale di cui all’art. 9; tale attività è svolta secondo lo schema nazionale di inanellamento previsto dall’unione europea per l’inanellamento (EURING).
3. L’attività di inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalla giunta regionale su parere dell’istituto nazionale per la fauna selvatica e subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso istituto, ed al superamento del relativo esame finale [2] .
4. È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all’istituto nazionale per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto istituto.
5. La giunta regionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e sentito l’istituto nazionale per la fauna selvatica, disciplina il soccorso, la detenzione temporanea e la successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà e individua, dandone adeguata pubblicità, i centri di recupero abilitati a ricevere tale fauna, possibilmente situati in ciascun ambito provinciale e gestiti da enti scientifici o da associazioni protezionistiche riconosciute con finalità scientifiche.

Art. 7. Prelievo di richiami vivi.
1. La giunta regionale, sentito l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (da ora in poi INFS), delibera, secondo le condizioni contenute nell’allegato “D” alla presente legge, le prescrizioni e le modalità per l’attività di cattura per il prelievo, l’inanellamento e per la cessione dei richiami vivi di cui all’art. 4, commi 3 e 4 della legge n. 157/1992 [3] .
2. Le province si avvalgono, per la gestione di ciascun impianto di cattura, di un gestore qualificato e valutato idoneo dall’istituto nazionale per la fauna selvatica; il gestore può avvalersi di collaboratori [4] .
3. L’istituto nazionale per la fauna selvatica svolge compiti di controllo e di certificazione dell’attività degli impianti di cattura, determinandone preventivamente il periodo di esercizio.
4. Le province, sentito l’istituto nazionale per la fauna selvatica, determinano il numero complessivo annuale di prelievo degli esemplari delle singole specie ed ogni altra condizione applicativa.
5. Per la cessione a fini di richiamo è consentita la cattura solo di esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella e colombaccio; gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere inanellati ed immediatamente liberati.
6. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l’attività venatoria da appostamento.
7. Le province cedono gratuitamente i richiami vivi consentiti e catturati negli impianti autorizzati.
8. La provincia, per assicurare la conservazione degli impianti di rilevante interesse arboreo e non più utilizzati, può concedere contributi annuali ai proprietari dei fondi, sempreché i relativi impianti rientrino nel l’ambito delle finalità previste dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089 .

Art. 8. Attività di ricerca e promozione della conoscenza della fauna.
1. La giunta regionale si avvale della collaborazione dell’istituto nazionale per la fauna selvatica e degli enti e degli istituti indicati all’art. 9, comma 5, per ricerche concernenti la biologia della fauna selvatica, il reperimento dei dati tecnici sulle condizioni ambientali e faunistiche, la reintroduzione di specie animali, il miglioramento delle tecniche di allevamento e di ambientamento della fauna selvatica autoctona, nonché l’approfondimento delle conoscenze sulla fauna selvatica anche in rapporto con la patologia degli animali domestici e dell’uomo e le migrazioni dell’avifauna.
2. L’attività di censimento delle popolazioni di fauna selvatica stanziale e di valutazione delle fluttuazioni numeriche delle popolazioni di avifauna migratoria ai fini del prelievo venatorio, è coordinata, secondo metodi e direttive dell’istituto nazionale per la fauna selvatica, dal servizio faunistico regionale e dalle province, in collaborazone con i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia.
3. L’attività di cui al comma 2 è svolta dagli agenti dipendenti dalla provincia coadiuvati dagli agenti del corpo forestale dello Stato e con la possibilità di avvalersi della collaborazione organizzata delle guardie volontarie e di altro personale volontario con qualificata esperienza.
4. La giunta regionale istituisce corsi di preparazione ed aggiornamento per dipendenti degli enti pubblici che abbiano per compito la tutela della fauna; a tali corsi è ammesso altresì qualsiasi cittadino italiano o straniero che ne faccia richiesta.
5. Per favorire la conoscenza delle specie di fauna selvatica e la diffusione di principi di razionale e corretta gestione delle stesse, la giunta regionale promuove la collaborazione attiva delle scuole, delle organizzazioni professionali agricole e delle associazioni venatorie e di protezione ambientale.

Art. 9. Osservatorio degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche.
1. La giunta regionale, in sede di articolazione del servizio faunistico, provvede alla costituzione dell’“Osservatorio degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche” con il compito di promuovere e di coordinare le ricerche per la raccolta e l’elaborazione dei dati relativi alla fauna selvatica, secondo le indicazioni e le direttive fornite dall’istituto nazionale per la fauna selvatica.
2. All’osservatorio è assegnato personale regionale provvisto di competenze specifiche e di professionalità riconosciuta attraverso titoli ed esperienza acquisita.
3. L’osservatorio ha come compiti prioritari:
a) mantenere sotto monitoraggio negli anni la struttura e la dinamica delle popolazioni di fauna selvatica;
b) determinare gli indici di abbondanza delle specie;
c) elaborare i dati del prelievo venatorio, pianificandolo sulla base dei principi di conservazione delle risorse;
d) valutare e verificare l’attuazione dei piani di recupero ambientale per la conservazione di specie in emergenza faunistica;
e) esprimere pareri e suggerimenti per la gestione faunistica ed il miglioramento o la ricostituzione degli habitat naturali.
4. ..... [5]
5. L’osservatorio esplica la sua attività di ricerca per la gestione del patrimonio faunistico, anche in collaborazione con l’istituto nazionale per la fauna selvatica, con i dipartimenti di biologia delle università lombarde attraverso convenzioni, e inoltre con i servizi faunistici di altre regioni, dipartimenti universitari nazionali ed esteri, altri enti di ricerca e consulenza nazionali, le commissioni di organismi internazionali cointeressati alla gestione e conservazione del comune patrimonio faunistico quali sono gli uccelli migratori o le specie di particolare rilevanza internazionale quali i grossi carnivori, lo stambecco, i tetraonidi ed i rapaci, anche ai fini della emanazione dei provvedimenti di cui agli artt. 1, 24, 40 e 41.
6. I dati raccolti ed elaborati dall’osservatorio sono utilizzati ai fini della predisposizione del calendario venatorio, di programmi di prelievo e di controllo, nonché delle varie attività di conservazione della fauna selvatica e dei suoi ambienti.
7. Nella deliberazione costitutiva sono altresì determinate la composizione, le responsabilità e le modalità di funzionamento dell’osservatorio.

Art. 10. Stazioni ornitologiche.
1. La giunta regionale, sentiti l’istituto nazionale per la fauna selvatica e la consulta di cui all’art. 3, istituisce stazioni ornitologiche esclusivamente nelle oasi di protezione o nelle aree demaniali [5bis] allo scopo di sviluppare le attività per predisporre lo studio della biologia degli uccelli e delle popolazioni ornitiche nei loro rapporti con l’ambiente cui sono strettamente collegate.
2. I settori e le relative attività sono i seguenti:
a) nidificazione: censimento delle popolazioni nidificanti e studi sulla loro distribuzione e consistenza numerica, sulle uova, sui nidi e sui nidiacei;
b) ecologia: studio sui rapporti fra avifauna ed ambiente, proposte ed iniziative per la salvaguardia di zone di notevole interesse ornitologico ed ambientale;
c) etologia: studio sul comportamento delle varie specie nell’ambiente in cui vivono;
d) migrazione: formazione di nuclei regionali di osservatori e segnalatori, studi qualitativi e quantitativi in materia di censimenti sulle popolazioni svernanti;
e) studi particolareggiati: sistematica, malattie, contaminazioni da metalli e da sostanze nocive, tradizioni, usi e costumi in campo ornitologico.
3. Nell’ambito di ciascuna provincia dovranno funzionare, esclusivamente per i fini scientifici previsti dal presente articolo, una stazione principale per la raccolta dei dati relativi alle migrazioni ed alcuni punti di inanellamento, indicati dall’istituto nazionale per la fauna selvatica ed autorizzati dalla giunta regionale ai sensi dell’art. 6 [1] .
3-bis. Il presidente della giunta regionale può autorizzare associazioni, previo parere dell’INFS e dell’Osservatorio regionale degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche, a realizzare impianti esclusivamente dedicati al censimento ed alla produzione di stime sulla consistenza dei flussi di fauna migratoria, favorendo altresì la formazione didattica, culturale e informativa, nonché la valorizzazione delle tradizioni locali, secondo le modalità stabilite dalle singole autorizzazioni che dovranno stabilirne la durata e le modalità di gestione, nel rispetto dei limiti di cui all’ articolo 4 della legge 157/1992 [6] .
4. Le attività di studio e ricerca sono coordinate dall’osservatorio regionale, d’intesa con l’istituto nazionale della fauna selvatica.

Art. 11. Tassidermia.
1. La normativa regionale di cui alla L.R. 19 agosto 1986, n. 42 “Norme per l’esercizio dell’attività di tassidermia”, come modificata dalla L.R. 13 maggio 1988, n. 26 , è adeguata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alle disposizioni in materia previste dalla legge n. 157/92 .
2. A norma dell’ art. 30, comma 2, della legge n. 157/92 , per la violazione delle disposizioni in materia di imbalsamazione e tassidermia si applicano le medesime sanzioni che sono comminate per l’abbattimento degli animali le cui spoglie sono oggetto del trattamento descritto.

Titolo II
ISTITUTI PER LA TUTELA DELLA FAUNA E DELL’AMBIENTE

Art. 12. Piano faunistico-venatorio regionale
1. Il piano faunistico-venatorio regionale è predisposto dalla giunta regionale secondo criteri di omogeneità e congruenza, sulla base di indicazioni dell’istituto nazionale per la fauna selvatica; il piano regionale assicura il perseguimento degli obiettivi di mantenere e aumentare la popolazione di tutte le specie di mammiferi e uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico.
2. Il piano è approvato dal consiglio regionale, ha durata quinquennale e può essere aggiornato nel periodo di validità.
3. Il piano disciplina in particolare:
a) il regime di tutela della fauna selvatica secondo le tipologie territoriali;
b) le attività tese alla conoscenza delle risorse naturali e della consistenza faunistica, anche con la previsione di modalità omogenee di rilevazione e di censimento;
c) i criteri per la individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico venatorie, di aziende agrituristico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) gli indirizzi e le modalità di coordinamento della presente legge con la normativa regionale in materia di salvaguardia e di tutela delle aree naturali protette;
e) gli impegni finanziari per la realizzazione degli indirizzi e degli obiettivi della presente legge;
f) il rapporto numerico minimo tra gli agenti di vigilanza dipendenti dalle province ed il territorio agro-silvo-pastorale, nel rispetto delle indicazioni dell’istituto nazionale per la fauna selvatica.
4. Il piano è corredato da:
a) cartografie del territorio regionale in scala 1:10.000 e 1:100.000 indicanti le emergenze naturalistiche e le utilizzazioni territoriali aventi stretta connessione con la gestione faunistico-venatoria;
b) programma di protezione della fauna selvatica autoctona di cui sia accertata una diminuzione della popolazione sul territorio regionale;
c) programma di conservazione e ripristino delle zone umide per la tutela dell’avifauna selvatica migratoria;
d) carta delle potenzialità e delle vocazioni faunistiche;
e) programma di salvaguardia delle zone montane per l’incremento e il controllo della tipica fauna selvatica alpina ed appenninica.

Art. 13. Destinazione del territorio agro-silvo-pastorale
1. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, al controllo, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. La regione realizza la pianificazione di cui all’art. 12, mediante destinazione differenziata del territorio, come previsto nei commi successivi.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale della regione è destinato, per una quota dal dieci al venti per cento in zona Alpi e per una quota dal venti al trenta per cento nel restante territorio, a protezione della fauna selvatica; in dette quote sono compresi i territori ove è comunque vietata l’attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni comprese tutte le aree in cui l’esercizio venatorio è vietato dalla presente legge e, in particolare, dalle disposizioni di cui agli articoli 17, 18, 37 e 43. [7]
4. Nei territori di protezione di cui all’art. 14, comma 3, lettere a), b), e c) sono vietati l’abbattimento e la cattura a fini venatori e sono previsti interventi atti ad agevolare la sosta e la riproduzione della fauna. [8]
5. Il territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia è destinato nella percentuale massima del quindici per cento ad ambiti privati di cui agli artt. 19, comma 2, 21 e 38, ivi comprendendo fino all’otto per cento del territorio per le aziende agrituristico-venatorie e fino al tre per cento per le zone di allenamento e addestramento dei cani e per prove e gare cinofile.
6. Nel rimanente territorio agro-silvo-pastorale si effettua la gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dagli articoli dal 28 al 34.

Art. 14. Piani faunistico-venatori provinciali.
1. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province, sentite le organizzazioni agricole, protezionistiche, venatorie e cinofile, predispongono e presentano alla giunta regionale piani faunistico-venatori articolati per comprensori omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali.
2. I piani sono approvati dal consiglio provinciale, su proposta della giunta provinciale.
3. I piani hanno validità fino alla loro modifica secondo le esigenze e devono prevedere:
a) le oasi di protezione; [8bis]
b) le zone di ripopolamento e cattura;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie;
e) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale;
f) le zone e i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani;
g) gli ambiti territoriali e i comprensori alpini di caccia;
h) i criteri per la determinazione dell’indennizzo in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica e domestica selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi rustici vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c) [9] ;
i) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi agricoli, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all’incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
l) l’identificazione delle zone in cui sono collocati e collocabili gli appostamenti fissi. [10]
4. Le province, ai fini di dare attuazione alla programmazione ed alla gestione della fauna selvatica e dell’ambiente ove la stessa vive, definiscono al proprio interno apposite strutture tecniche, sulla base delle indicazioni fornite dall’istituto nazionale per la fauna selvatica, dotate di personale specializzato.
5. Le zone di cui al comma 3, devono essere perimetrate con tabelle esenti da tasse regionali:
a) quelle di cui alle lettere a), b) e c), a cura della provincia;
b) quelle di cui alle lettere d), e), f) e g) a cura dell’ente, associazione o privato preposto alla gestione della singola zona.
6. Le tabelle di segnalazione di divieto o di regimi particolari di caccia devono essere delle dimensioni di cm. 20x30 e collocate lungo tutto il perimetro dei territori interessati in modo che da una tabella siano visibili le due contigue.
6 bis. Gli appostamenti fissi esistenti alla data del 31 dicembre 2005, compresi, a seguito di successiva inclusione, in aree nelle quali è vietata la caccia per effetto dei piani provinciali di cui al presente articolo, e successivamente esclusi a seguito di modifica dei piani stessi, se riattivati, sono soggetti alla disciplina prevista per gli appostamenti fissi preesistenti di cui all’articolo 25, comma 8, seconda parte. [11]

Art. 15. Piani di miglioramento ambientale.
1. Le province predispongono piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la sosta dell’avifauna selvatica migratoria, la produzione naturale di fauna selvatica autoctona, nonché piani di immissione di fauna selvatica, anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici in accordo con gli enti gestori, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell’istituto nazionale per la fauna selvatica e dell’osservatorio regionale, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale tramite le loro organizzazioni provinciali.
2. Le catture e i ripopolamenti sono disposti dalle province e sono finalizzati alla immissione equilibrata sul territorio delle specie di fauna selvatica autoctona, fino al raggiungimento delle densità faunistiche ottimali.
3. Le catture sono controllate dagli agenti venatori dipendenti dalle province con la collaborazione delle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale.

Art. 16. Consulta faunistico-venatoria provinciale.
1. Le province si avvalgono di una consulta faunistico-venatoria, composta da un rappresentante per ogni ambito territoriale e per ogni comprensorio alpino di caccia, designato dai rispettivi comitati di gestione, e da tre esperti in problemi faunistici, agricoli e naturalistici, designati dalle rispettive associazioni; la consulta è presieduta dall’assessore competente ed è nominata dal presidente della provincia.
2. La durata in carica della consulta corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale.
3. I componenti della consulta, nei cui confronti siano state disposte sanzioni concernenti l’esercizio venatorio, sono revocati dal presidente della provincia e comunque non possono più far parte della consulta stessa.
4. Le funzioni di segretario della consulta sono svolte da un dipendente delle strutture organizzative provinciali competenti nella materia.

Art. 17. Oasi di protezione [1bis].
1. Le oasi di protezione di cui all’art. 14, comma 3, lettera a), sono destinate alla conservazione della fauna selvatica, col fine di favorire l’insediamento e l’irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie, nonché di preservare il flusso delle correnti migratorie; nelle oasi è vietata ogni forma di esercizio venatorio [12] .
2. Le oasi di protezione sono istituite dalle province; con le stesse modalità l’istituzione può essere revocata qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle specifiche finalità.
3. La gestione delle oasi di protezione è svolta dalla provincia che puo affidarla, su presentazione di specifico piano di gestione, ad associazioni di protezione ambientale con provata esperienza nella gestione di aree protette; con l’approvazione del piano di gestione la provincia predispone specifica convenzione con l’ente gestore.
4. Le province, sentiti l’istituto nazionale per la fauna selvatica e l’osservatorio regionale, possono autorizzare nelle oasi e zone di protezione catture a scopo di studio o di ricerca scientifica e possono altresì autorizzare le guardie venatorie dipendenti o quelle dell’ente gestore, alla cattura di determinate specie di fauna selvatica, presenti in accertato soprannumero, a scopo di ripopolamento e di reintroduzione, secondo i criteri fissati dalla pianificazione faunistica.
5. Con le modalità di cui al comma 4 le province possono prevedere altresì piani di abbattimento di specie la cui elevata densità non sia sostenibile dall’ambiente e in particolare sia causa di eccessiva predazione su altre specie.

Art. 18. Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura di cui all’art. 14, comma 3, lettera b), sono istituite dalle province e sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l’immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all’ambientamento, fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio.
2. Le zone di cui al comma 1 sono istituite in territori non destinati a coltivazioni specializzate o suscettibili di particolare danneggiamento per la rilevante concentrazione della selvaggina stessa ed hanno la durata di cinque anni, salvo rinnovo; con le stesse modalità possono essere revocate qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle specifiche finalità.
3. Nell’atto di costituzione sono stabiliti anche i criteri di prevenzione dei danni e le modalità del loro indennizzo, alle produzioni agricole nonché gli incentivi per l’incremento e la riproduzione della fauna selvatica, il miglioramento ambientale e il controllo delle specie la cui elevata densità sia causa di eccessiva predazione su altre specie [13] .
4. La gestione delle zone di ripopolamento e cattura è svolta dalle province e può essere affidata ai comitati di gestione di cui all’art. 30.

Art. 19. Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica.
1. I centri pubblici di riproduzione, di cui all’art. 14, comma 3, lettera c), sono istituiti dalle province, che ne curano anche la gestione e hanno per scopo la produzione di fauna selvatica allo stato naturale; le province possono affidarne la gestione ai comitati di gestione di cui all’art. 30.
2. Le province autorizzano la costituzione di centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l’esercizio dell’attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell’impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate.
3. L’autorizzazione dei centri privati è subordinata all’osservanza di apposito disciplinare contenente le prescrizioni per l’esercizio delle attività autorizzate.
4. Le province organizzano e svolgono attività di vigilanza e controllo sui centri privati di cui al comma 2.

Art. 20. Modalità di costituzione degli ambiti protetti
1. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, di cui agli artt. 17, 18 e 19 è notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati ed è resa nota, mediante affissione all’albo pretorio dei comuni territorialmente interessati, alle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative operanti a livello provinciale.
2. Qualora nei successivi sessanta giorni sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali, da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il quaranta per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere costituita.
3. Il consenso dei proprietari o conduttori dei fondi interessati si intende validamente accordato nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione nel suddetto termine di sessanta giorni.
4. Nelle zone non vincolate per la opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati, resta, in ogni caso, precluso l’esercizio dell’attività venatoria; la provincia può destinare le suddette zone ad altro uso nell’ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
5. La provincia, in via eccezionale e per particolari necessità ambientali, può disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, nonché l’attuazione di piani di miglioramento ambientale di cui all’art. 15.

Art. 21. Zone per l’allenamento e l’addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile.
1. Le province istituiscono le zone di cui all’art. 14, comma 3, lett. f), destinate all’allenamento ed addestramento dei cani da caccia ed alle gare cinofile e ne affidano la gestione alle associazioni venatorie riconosciute, alle associazioni cinofile ed alle associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché ad imprenditori agricoli singoli o associati.
2. Tali zone sono distinte in zone A, B e C.
3. Le zone A sono destinate alle prove cinofile di interesse almeno provinciale, con divieto di sparo, hanno carattere temporaneo e funzionano per tutta la durata delle prove autorizzate. La provincia, d’intesa con l’ente nazionale della cinofilia, può autorizzare tali prove anche su selvaggina naturale e ne può autorizzare lo svolgimento anche nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nonché nei parchi regionali ed in altre aree protette, previe intese con gli enti gestori.
4. Le zone B, di estensione non superiore a mille ettari, hanno durata triennale, sono destinate all’allenamento e all’addestramento dei cani per tutto l’anno, con divieto di sparo, eccetto che con la pistola a salve, e a prove cinofile sia su selvaggina naturale che allevata in cattività.
5. La provincia può autorizzare anche zone B temporanee nel periodo da gennaio ad agosto; può autorizzare inoltre l’istituzione di zone B, di estensione fino a cento ettari, recintate con rete metallica o altra effettiva chiusura destinate all’allenamento e all’addestramento dei cani su lepre comune; può autorizzare altresì zone B di estensione non inferiore a dieci ettari e recintate nei modi di cui sopra, destinate esclusivamente all’allenamento e all’addestramento dei cani da seguita su cinghiale.
6. La provincia può istituire zone B giornaliere, destinate a prove cinofile di interesse sub-provinciale, per cani iscritti e non ai libri genealogici. Dette prove possono essere autorizzate sia su selvaggina di allevamento in zone di limitata estensione, sia su selvaggina naturale anche in terreni a vincolo venatorio.
7. Le zone C, di estensione fra i tre e i cinquanta ettari, hanno durata triennale e sono destinate all’addestramento e all’allenamento dei cani da caccia e dei falchi, anche con l’abbattimento tutto l’anno di fauna riprodotta esclusivamente in allevamento artificiale o in cattività, nonché per le prove cinofile con selvatico abbattuto.
8. Su richiesta del titolare possono essere istituite zone per l’addestramento e l’allenamento dei cani di tipo A, B e C nelle aziende agri-turistico-venatorie e di tipo A e B nelle aziende faunistico-venatorie.
9. È adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto il regolamento attuativo, fermo restando che l’attività cinofila ivi praticata non è assimilabile all’esercizio venatorio o all’addestramento cani nei trenta giorni che precedono l’apertura annuale della stagione venatoria [14][15] .

Titolo III
ORGANIZZAZIONE DEL PRELIEVO VENATORIO

Art. 22. Esercizio dell’attività venatoria – Tesserino.
1. L’esercizio venatorio è disciplinato dall’ art. 12 della legge n. 157/1992 sul territorio individuato dall’art. 13 della presente legge come ammissibile all’esercizio venatorio; ai sensi della presente legge non sono considerate esercizio dell’attività venatoria l’attività di allenamento e l’esposizione dei richiami vivi, di cattura o di allevamento, anche al di fuori dei periodi, giornate e orari di caccia [16] .
2. Ai fini dell’esercizio dell’attività venatoria è necessario il possesso di un apposito tesserino predisposto dalla giunta regionale e rilasciato dalla provincia di residenza, ove sono indicate le specifiche norme inerenti al calendario venatorio regionale, nonché la forma di caccia prescelta in esclusiva, l’ambito territoriale o il comprensorio alpino di caccia assegnato [1] .
3. I cacciatori residenti in altre regioni possono praticare la caccia in Lombardia, previa annotazione sul tesserino, da parte della provincia interessata, dell’ambito territoriale o del comprensorio alpino di caccia assegnato.
4. Il numero del tesserino annuale deve essere riportato sulla licenza di caccia a cura della provincia che tiene un apposito schedario dei tesserini rilasciati, da aggiornare annualmente.
5. Il cacciatore deve annotare in modo indelebile, negli appositi spazi del tesserino personale, il giorno di caccia prescelto nella propria o nelle altre regioni all’atto dell’inizio dell’esercizio venatorio e il numero di capi di selvaggina stanziale [17] non appena abbattuti, anche al fine di rilevare il dato relativo ai prelievi per specie, secondo lo schema concordato con l’istituto nazionale per la fauna selvatica.
6. Il tesserino va restituito alla provincia rilasciante entro il 31 marzo successivo alla data di chiusura della caccia; le province raccolgono in serie storiche i dati sui prelievi venatori inviandoli all’osservatorio regionale per la costituzione di una banca dati sul prelievo venatorio regionale.
7. Il numero di capi di selvaggina migratoria abbattuti va annotato sul tesserino, in modo indelebile, al termine dell’attività giornaliera di caccia e comunque sul posto di caccia [18] .

Art. 23. Mezzi, attrezzi ed ausili per l’esercizio dell’attività venatoria. [19]
1. L’attività venatoria è consentita con l’uso di:
a) fucile con canna e anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con colpo in canna e caricatore che non possa contenere più di due cartucce di calibro non superiore al 12;
b) fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40;
c) fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40;
d) arco.
2. È consentito altresì l’uso dei falchi esclusivamente appartenenti a specie autoctone e riprodotte in cattività in conformità alle leggi vigenti, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie.
3. L’addestramento e l’allenamento dei falchi in periodo di caccia chiusa possono avvenire previo rilascio di permesso da parte delle province e non possono in alcun caso provocare la predazione di fauna selvatica.
4. Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l’uso del fucile con canna ad anima liscia a ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore sia adattato in modo da non contenere più di un colpo.
5. Il cacciatore nell’esercizio dell’attività venatoria è autorizzato a portare, oltre ai cani ed alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie; ad usare richiami vivi di cattura secondo le quantità previste dalla legge 157/1992 e richiami vivi di allevamento in voliere, corridore, palloni o similari e in gabbie; ad usare fischi e richiami a bocca o manuali; ad impiegare stampi di legno, plastica o altro materiale riproducenti specie cacciabili e non, soggetti imbalsamati delle specie cacciabili, nonché richiami non acustici a funzionamento meccanico [20] .
6. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
7. Sono vietati tutte le armi e i mezzi per l’esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.

Art. 24. Prelievo venatorio.
1. Per ogni giornata di caccia il cacciatore può prelevare due capi di fauna selvatica stanziale autoctona anche della stessa specie, ad eccezione della lepre comune, lepre bianca, coturnice e gallo forcello, di cui è consentito il prelievo di un solo capo [21] .
2. Le province, di concerto con i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia, previ censimenti della fauna selvatica stanziale e relativi piani di prelievo, prevedono un numero massimo di capi abbattibili, stagionale e giornaliero, per singola specie e per cacciatore.
3. Per ogni giornata di caccia all’avifauna selvatica migratoria il cacciatore non può prelevare più di trenta capi, con il limite di due sole beccacce e di dieci capi tra palmipedi e trampolieri per cacciatore [22] .
4. La giunta regionale nel calendario venatorio annuale deve prevedere variazioni numeriche entro i limiti indicati nei commi precedenti, sentiti l’istituto nazionale per la fauna selvatica e l’osservatorio regionale, tenuto conto delle fluttuazioni numeriche e delle tendenze delle popolazioni oggetto di caccia, anche tramite l’elaborazione dei dati di abbattimento delle annate precedenti [23] .

Art. 25. Esercizio venatorio da appostamento fisso e temporaneo.
1. Sono fissi gli appostamenti di caccia costruiti in muratura o altra solida materia con preparazione di sito destinati all’esercizio venatorio almeno per una intera stagione venatoria.
2. Fermi restando i divieti di cui all’art. 43, comma 1, lettera f) e quanto previsto dal comma 8, gli appostamenti fissi non possono essere ricavati da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, o essere collocati a meno di cento metri dagli stessi, fatta eccezione per i fabbricati rurali; ai fini dell’applicazione della distanza minima di cento metri non sono altresì considerati immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione quelli a carattere rurale destinati durante l’effettivo esercizio venatorio esclusivamente al supporto dell’attività venatoria e destinati alla sosta, al riposo del cacciatore e di eventuali ospiti ed alla custodia degli attrezzi di caccia e dei richiami [24] .
3. Sono considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni ancorate nelle paludi o negli stagni o sui margini di specchi d’acqua naturali o artificiali e quelli ubicati al largo dei laghi e dei fiumi, purché saldamente ancorati al fondale, destinati all’esercizio venatorio agli acquatici, verso i quali è consentito l’accostamento con mezzo galleggiante a trazione manuale, utilizzabile anche per il recupero, in atteggiamento di caccia, della selvaggina ferita.
4. Gli appostamenti all’avifauna selvatica acquatica collocati in terra ferma devono avere una stabile occupazione di sito definita, con la copertura d’acqua del suolo per una durata non inferiore a quattro mesi, pena la revoca dell’autorizzazione, fatta eccezione per quelli impiantati in risaia [25] .
5. L’autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla provincia e ha validità per tre anni, salvo revoca; la domanda deve essere corredata da planimetria in scala 1:10.000, indicante l’ubicazione dell’appostamento, e dal consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, lago o stagno privato in quanto l’appostamento importi preparazione del sito con modificazione e occupazione stabile del terreno.
5 bis. Gli appostamenti fissi di caccia autorizzati dalle Province in conformità alle disposizioni della legislazione venatoria non sono soggetti alle prescrizioni normative previste dalla l.r. 12/2005. Le Province, oltre a quanto previsto dall’articolo 14, comma 3, lettera l) della presente legge, possono emanare disposizioni regolamentari relative alle dimensioni dei capanni e ai materiali di costruzione più idonei, avuto riguardo al contesto paesaggistico dei luoghi. [25bis]
6. Non sono considerati fissi agli effetti della opzione della forma di caccia in via esclusiva, gli appostamenti per l’esercizio venatorio agli ungulati e ai colombacci.
7. Non è consentito impiantare appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a quattrocento metri dai confini delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura, nonché dei parchi nazionali [26] e riserve naturali.
8. Non sono consentiti nuovi appostamenti fissi a distanza inferiore a duecento metri da altro appostamento fisso preesistente; sono in ogni caso fatte salve, anche con riferimento al precedente comma 7, le diverse distanze relative agli appostamenti fissi preesistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
9. Ferma restando l’esclusività della forma di caccia ai sensi e per gli effetti del disposto di cui all’art. 35, è consentito al titolare ed alle persone dallo stesso autorizzate solo il recupero, in attitudine di caccia, della selvaggina ferita anche con l’uso del cane da riporto, entro un raggio di cento metri dal capanno.
10. È vietata la caccia in forma vagante ad una distanza minore di metri cento dagli appostamenti fissi segnalati a cura del titolare, durante l’effettivo esercizio di essi, salvo il consenso del titolare stesso.
11. L’accesso all’appostamento fisso con armi proprie e con l’uso dei richiami vivi è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l’opzione per la specifica forma di caccia. Oltre al titolare possono cacciare nell’appostamento fisso le persone che abbiano scelto tale tipo di caccia, con il consenso del titolare stesso, anche se non risultano soci dell’ambito territoriale o comprensorio alpino della regione ove è ubicato l’appostamento fisso nel quale sono stati invitati, senza versare alcun contributo ulteriore, purché documentino il pagamento del contributo di adesione all’ambito territoriale di caccia o al comprensorio alpino di cui sono soci; in caso di assenza del titolare dell’autorizzazione, l’accesso è consentito agli ospiti previo il possesso della copia dell’autorizzazione stessa. È comunque consentita la presenza nell’appostamento fisso di ospiti osservatori non titolari di licenza di caccia [27] .
12. Le province, nella stagione venatoria 1993/94, non possono rilasciare un numero di autorizzazioni per la caccia da appostamento fisso superiore a quello rilasciato nella stagione venatoria 1989/90, ammontante complessivamente a n. 20.940 suddivisi per provincia, come da prospetto di cui all’allegato B alla presente legge.
13. Le autorizzazioni di cui al comma 12 sono rilasciate su richiesta del titolare dell’appostamento fisso già autorizzato per la stagione venatoria 1989/1990, ovvero anche di persona diversa nel caso in cui l’autorizzazione per l’appostamento fisso sia stata rinnovata e confermata anche per gli anni successivi; ove si verifichi una possibile capienza, le autorizzazioni disponibili sono rilasciate in via prioritaria agli ultrasessantenni, ai portatori di handicap fisici e a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.
14. Le province autorizzano il titolare di appostamento fisso che, per caso fortuito o per forza maggiore, sia costretto a trovare altro sito, ad impiantare l’appostamento stesso in una zona diversa da quella in cui era stato in precedenza autorizzato.
15. Sono temporanei gli appostamenti che non comportino modificazioni del sito e siano destinati all’esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia; al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell’appostamento; detti appostamenti sono soggetti al consenso verbale del conduttore del fondo, qualora necessitino di preparazione di sito.
16. La caccia da appostamento temporaneo va intesa come caccia vagante.
17. La preparazione dell’appostamento temporaneo non può esere effettuata mediante taglio di piante da frutto o, comunque, di interesse economico, a meno che non si tratti di residui della potatura, né con impiego di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta.
18. Gli appostamenti temporanei non possono essere situati a distanza inferiore a duecento metri da altro appostamento, nonché delle zone previste dal comma 7.
19. Il titolare dell’autorizzazione dell’appostamento fisso di caccia, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede durante il corso dell’anno al mantenimento delle caratteristiche naturali dell’ambiente circostante, per la tutela della fauna selvatica e della flora, almeno nel raggio di cento metri dall’impianto.

Art. 26. Detenzione ed uso dei richiami vivi per la caccia da appostamento.
1. Acquisito il parere dell’istituto nazionale per la fauna selvatica, con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, sono disciplinate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, muniti di anellini inamovibili rilasciati dalle province anche avvalendosi di associazioni, enti ed istituti ornitologici legalmente riconosciuti a livello regionale [27bis], nazionale e internazionale, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento [28] .
2. In attuazione dell’ art. 5, comma 1, della legge n. 157/92 , oltre ai richiami di cattura, sono consentiti la detenzione e l’uso per l’esercizio dell’attività venatoria di richiami di allevamento senza limitazione di numero [28bis] appartenenti alle specie cacciabili, ivi compreso il colombo domestico di allevamento [28ter].
3. Con regolamento adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, è disciplinato il possesso di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all’art. 7, comma 5, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti l’attività venatoria ai sensi dell’art. 35, comma 1, lettera b), l’utilizzazione di un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità; per i cacciatori che esercitano l’attività venatoria da appostamento temporaneo è consentito l’utilizzo di richiami vivi di cattura nel numero massimo di dieci unità. Tali limitazioni numeriche non riguardano la stabulazione dei richiami appartenenti a più cacciatori contemporaneamente [29] .
4. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore a quello stabilito dal comma 3, sono tenuti a farne denuncia alla provincia competente al fine di legittimarne il possesso entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa.
5. E’ vietato l’uso di richiami vivi di cattura che non siano identificabili mediante anello inamovibile fornito dalle province, numerato secondo le norme regionali ed apposto sul tarso di ogni singolo esemplare [30] .
6. ..... [30] .
7. La provincia vigila e controlla le attività previste dal presente articolo.

Art. 27. Zona Alpi e zona appenninica.
1. Il territorio della zona Alpi, individuato in base alla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica a sé stante.
2. La zona Alpi comprende territori delle province di Bergamo, Brescia, Como, Sondrio, Varese, Lecco [31] ed i relativi confini sono determinati dalla giunta regionale, su proposta delle province, sentite le comunità montane interessate e d’intesa con le altre regioni per i territori confinanti.
2-bis. Le province possono istituire all’interno dei comprensori alpini di caccia, di concerto con questi, due distinti comparti venatori, denominati l’uno zona di maggior tutela e l’altro zona di minor tutela, con l’esercizio della caccia differenziato in relazione alla peculiarità degli ambienti e delle specie di fauna selvatica ivi esistenti e meritevoli di particolare tutela [32] .
3. Il territorio appenninico della Lombardia ricompreso nell’Oltrepò Pavese è individuato come zona faunistica a sé stante anche ai fini della ricostituzione della fauna tipica e vocazionale ed è denominato zona appenninica; i confini della predetta zona sono determinati dalla Giunta regionale su proposta della provincia di Pavia, sentita la comunità montana interessata.
4. Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, sono stabilite norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l’attività venatoria nel territorio della zona Alpi e della zona appenninica, tenuto conto delle consuetudini e delle tradizioni locali [33] .
5. Le province, di concerto con i comitati di gestione dei comprensori alpini di caccia, emanano specifiche disposizioni limitative per l’esercizio venatorio nel comparto di maggior tutela e, relativamente al comparto di minor tutela, possono emanare particolari disposizioni limitative per la caccia alla selvaggina stanziale e per gli appostamenti temporanei, fermo restando che, per la caccia alla selvaggina migratoria, vige il calendario venatorio regionale, con il divieto della caccia vagante oltre il 31 dicembre, fatta eccezione per la caccia al cinghiale [34] .
6. Le province possono altresì emanare disposizioni limitative per l’esercizio della caccia in forma vagante alla selvaggina stanziale nei territori collinari e montani contigui alla zona Alpi.
7. Le province, sentiti i comitati di gestione interessati, individuano per ogni comprensorio l’altitudine massima raggiungibile in esercizio o attitudine di caccia con mezzi motorizzati; di tale altitudine, che preferibilmente dovrà corrispondere a luoghi facilmente identificabili, è data comunicazione nel calendario venatorio.
8. Le province, su conforme parere dell’istituto nazionale della fauna selvatica o dall’osservatorio regionale di cui all’art. 9 della presente legge [34bis], allo scopo di rapportare le popolazioni faunistiche a corrette densità agro-forestali, autorizzano nella zona Alpi, e nella zona appenninica, nel rispetto dei piani annuali di prelievo predisposti sulla base dei relativi censimenti invernali ed estivi, la caccia di selezione agli ungulati ai sensi dell’art. 40, comma 11, secondo il regolamento predisposto dalle province stesse ed approvato dalla giunta regionale.
9. Le province, per una corretta gestione della tipica fauna alpina, possono istituire zone di divieto dell’attività venatoria ad eccezione della caccia in forma selettiva ed esclusiva agli ungulati.
10. Le autorizzazioni di cui al comma 8 per le aziende faunistico-venatorie interprovinciali sono disposte dalla giunta regionale, sentite le province interessate [1] .
11. I cacciatori che per la prima volta intendano essere ammessi alla caccia vagante nella zona Alpi e appenninica, o che vengano riammessi dopo aver subito un anno di sospensione, sono tenuti a superare un colloquio vertente su nozioni agro-faunistiche venatorie relative alle predette zone, da sostenersi presso le province territorialmente interessate avanti alla commissione di cui al successivo art. 44.
12. Non sono tenuti al colloquio di cui al comma 11 coloro che hanno esercitato la caccia in zona appenninica anteriormente alla delimitazione della stessa a norma del comma 3.
13. Nei comparti di maggior tutela, ai sensi del comma 5, al fine di ripristinare l’integrità della biocenosi animale, è consentita l’immissione di sole specie autoctone, previo parere favorevole e vincolante dell’istituto nazionale per la fauna selvatica e dell’osservatorio regionale [35] .

Titolo IV
DISPOSIZIONI PER LA GESTIONE DELLA FAUNA SELVATICA E PER LA PROGRAMMAZIONE DEI PRELIEVI VENATORI

Art. 28. Gestione programmata della caccia.
1. Ai fini di quanto previsto dall’art. 14, comma 3, lettera g), le province, sentite le organizzazioni professionali agricole e le associazioni venatorie, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata, ai sensi dell’art. 13, comma 6, in ambiti territoriali e in comprensori alpini di caccia omogenei e delimitati esclusivamente da confini naturali e/o da ferrovie, autostrade, strade statali o provinciali o altri manufatti evidentemente rilevabili [36] .
2. ..... [36] .
3. ..... [36] .
4. La giunta regionale disciplina i modi di gestione e di accesso dei cacciatori, compresi quelli residenti in altre regioni, secondo le priorità indicate nell’art. 33.
5. La giunta regionale, d’intesa con le regioni confinanti, per esigenze motivate, può altresì, individuare ambiti territoriali e comprensori alpini di caccia interessanti territori contigui.
6. Ferme restando le indicazioni statali concernenti l’indice di densità venatoria, annualmente la giunta regionale determina, sulla base dei dati censuari, l’indice massimo della densità venatoria nei territori a gestione programmata della caccia, derivante dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l’esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale regionale [1] .
7. Ogni cacciatore ha diritto di essere socio dell’ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino di caccia in cui ha la residenza anagrafica; a tal fine il cacciatore conferma la propria iscrizione, anche non continuativa negli anni, attraverso il pagamento della relativa quota entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno; ogni cacciatore inoltre può essere socio di un ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia della regione diverso da quello di residenza; a tal fine il cacciatore deve farne richiesta entro il 31 marzo di ogni anno e provvedere entro il 31 maggio al pagamento della relativa quota associativa, fermo restando che l’accettazione della domanda da parte dei comitati di gestione è subordinata alla disponibilità di posti il cui numero è stabilito dalla Giunta regionale ogni tre anni, secondo i criteri di cui ai commi 4, 5 e 6 ed i parametri di cui all’articolo 34, comma 1, lettera c); fatti salvi, in deroga a quanto previsto dal comma 6 del presente articolo e dal comma 1, lettera c) dell’articolo 34, i diritti acquisiti di permanenza associativa dei soci residenti in Regione Lombardia già iscritti ad ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia nelle stagioni venatorie 1998/1999 e quanto stabilito in materia di ammissione dal comma 6 dell’articolo 33, le province, al fine di migliorare la gestione del patrimonio faunistico, possono limitare le ammissioni di nuovi soci non residenti per un massimo del venti per cento degli stessi e comunque in numero tale da non ridurre l’indice regionale con riferimento al numero degli ammessi non residenti riscontrato nell’ambito delle stagioni venatorie dal 1998/1999 al 2002/2003, con possibilità di aggiornamento ogni tre anni. Il diritto di permanenza associativa si mantiene anche qualora la provincia modificasse i confini degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini. [37]
8. La provincia può autorizzare, con delibera motivata, i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia ad ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori superiore a quello fissato, purché si siano accertate, mediante censimenti di cui all’art. 8, modifiche positive della popolazione faunistica stanziale.

Art. 29. Comitati provvisori degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia.
1. In sede di prima attuazione della presente legge il presidente della provincia, entro trenta giorni dall’approvazione del piano faunistico di cui all’art. 14, nomina un comitato provvisorio per ciascun ambito territoriale e comprensori alpini di caccia, composto:
a) da un rappresentante della Provincia, esperto in materia faunistico-venatoria;
b) per gli ambiti territoriali di caccia dal rappresentante del comune con maggior superficie agro-silvo-pastorale compresa nell’ambito stesso;
c) per i comprensori alpini di caccia, dal rappresentante della comunità montana interessata, o dal rappresentante delle comunità montane interessate designato d’intesa tra le stesse;
d) da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole;
e) da tre rappresentanti delle associazioni venatorie;
f) da due rappresentanti scelti tra le associazioni protezionistiche.
2. I rappresentanti di cui al comma 1, lettere d), e) ed f), sono designati dalle rispettive organizzazioni provinciali in base al principio della rappresentatività nel territorio e sono scelti fra persone residenti nell’ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia.
3. I comitati provvisori eleggono il presidente nel loro seno e rimangono in carica fino alla elezione dei comitati di gestione a norma del comma 4.
4. Il comitato provvisorio, entro sei mesi dalla sua costituzione, approva lo statuto, sentiti i cacciatori iscritti riuniti in assemblea; entro due mesi dalla approvazione dello statuto si procede alla nomina degli organi previsti dallo stesso.

Art. 30. Statuto e organi degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia.
1. Sono organi di ciascun ambito territoriale e comprensorio alpino di caccia:
a) il presidente;
b) il comitato di gestione;
c) l’assemblea dei cacciatori iscritti;
d) il collegio dei revisori dei conti.
2. Lo statuto degli ambiti e dei comprensori e le sue modificazioni sono approvati dall’assemblea dei cacciatori iscritti.
3. Lo statuto disciplina:
a) la durata e la composizione del comitato di gestione in conformità a quanto previsto dall’art. 29, comma 1, della presente legge e dall’ art. 14, comma 10, della legge n. 157/92 ;
b) le modalità per la elezione del presidente, del comitato di gestione e del collegio dei revisori dei conti;
c) le modalità di convocazione e di svolgimento dell’assemblea dei cacciatori iscritti;
d) le modalità di funzionamento degli organi, le rispettive competenze e responsabilità, nonché le procedure per la sostituzione o la revoca dei componenti.
4. I comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia, i cui componenti sono nominati con provvedimento del presidente della provincia, sono, in conformità all’ art. 14, comma 10, della legge 157/1992 , così composti:
a) un rappresentante della provincia;
b) un rappresentante per ognuno dei tre comuni con maggior superficie agro-silvo-pastorale compresa nell’ambito stesso e da essi designati;
c) sei rappresentanti designati dalle organizzazioni professionali agricole, di cui uno indicato dalle associazioni cinofile nominato dall’ente nazionale per la cinofilia italiana;
d) sei rappresentanti designati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale o [37bis] presenti in forma organizzata sul territorio dell’ambito e designati dai rispettivi organi provinciali;
e) quattro rappresentanti nominati dalle associazioni di protezione ambientale presenti in forma organizzata sul territorio dell’ambito.
5. I rappresentanti di cui al comma 4, lettera d) sono designati dalle rispettive organizzazioni provinciali in base al principio della rappresentatività sul territorio dell’ambito; i rappresentanti devono essere iscritti tra i soci dell’ambito territoriale di caccia e sono indicati nella misura di tre dall’associazione più rappresentativa nell’ambito territoriale di caccia e tre dalle altre associazioni in base al medesimo principio.
6. Il presidente dell’ambito territoriale di caccia è eletto dai componenti il comitato di gestione tra i suoi membri.
7. I comitati di gestione dei comprensori alpini di caccia, i cui componenti sono nominati con provvedimento del presidente della provincia, sono composti da:
a) un rappresentante della provincia;
b) un rappresentante designato dalla comunità montana territorialmente interessata o dal rappresentante delle comunità montane interessate, designato d’intesa tra le stesse;
c) cinque rappresentanti designati dalle associazioni venatorie provinciali presenti in forma organizzata sul territorio del comprensorio, in proporzione ai rispettivi associati ammessi;
d) due rappresentanti designati dall’organizzazione professionale agricola maggiormente rappresentativa sul territorio del comprensorio alpino;
e) due rappresentanti designati dall’associazione di protezione ambientale maggiormente rappresentativa sul territorio del comprensorio alpino;
f) un rappresentante designato dalle associazioni cinofile.
8. La durata in carica dei comitati corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale. Ogni comitato di gestione ha facoltà di spesa nei limiti delle disponibilità di bilancio. La durata in carica dei membri di nomina amministrativa corrisponde a quella effettiva degli organi che li hanno nominati. Per tutti i membri designati è ammessa la revoca da parte degli organi designanti.
9. Il presidente del comprensorio alpino di caccia è eletto direttamente dall’assemblea dei soci tra i componenti del comitato di gestione.
10. La provincia, sentito il comitato di gestione, nomina il collegio dei revisori dei conti, il cui presidente è scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili e gli altri due preferibilmente fra gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti o nel collegio dei ragionieri e periti aziendali ovvero nel registro dei revisori contabili; il collegio dei revisori dei conti rimane in carica per lo stesso periodo previsto per il comitato di gestione e può essere riconfermato.
11. Al termine dell’esercizio sociale, il comitato di gestione predispone il bilancio consuntivo e preventivo che vengono approvati, entro il 30 aprile dell’anno successivo, dall’assemblea dei soci e li trasmette alla provincia competente corredati della relazione tecnico-finanziaria del collegio dei revisori dei conti.
12. Il bilancio e i verbali di riunione del comitato di gestione debbono essere resi disponibili a chiunque ne faccia richiesta.
13. Qualora i rendiconti presentino dei disavanzi di gestione, o nel caso in cui i comitati non siano in grado di funzionare, ovvero commettano violazioni di legge o prevarichino le proprie competenze anche in riferimento al comma 3, il comitato di gestione viene destituito dal presidente della provincia che provvede a nominare un commissario.
14. Entro sessanta giorni dalla nomina, il commissario di cui al comma 13 riferisce al presidente della provincia per avviare le procedure per il rinnovo del comitato stesso.
15. Gli ambiti territoriali ed i comprensori alpini di caccia conformano i propri statuti ai criteri ed agli indirizzi per la redazione dello statuto adottati dalla giunta regionale. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge e dallo statuto, si rinvia alle disposizioni di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice civile , ove applicabili, fermo restando che è fatto divieto agli organi degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia introdurre o attuare regolamenti in contrasto con le norme sull’attività venatoria stabilite dalla presente legge o dal calendario venatorio regionale.
16. Le province predispongono entro il 15 aprile di ogni anno un elenco contenente le sedi, gli indirizzi ed ogni altra informazione ritenuta utile, degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia e lo comunicano entro la stessa data alla regione che provvede a predisporre un elenco a livello regionale ed a fornirlo alle province ed a tutte le associazioni venatorie presenti sul territorio.
17. Le province sono tenute a verificare costantemente il rispetto delle norme della presente legge da parte dei comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia ed altresì a rendere immediatamente operative le disposizioni applicative regionali. In caso di inadempienze o irregolarità nello svolgimento delle loro funzioni, agli ambiti territoriali e ai comprensori alpini di caccia le province applicano il disposto di cui al comma 13.
18. In nessun caso i comitati di gestione degli ambiti territoriali o dei comprensori alpini possono modificare le disposizioni di cui all’art. 32, né apportare modifiche ai periodi, agli orari, ai modi ed ai luoghi di caccia o all’elenco delle specie cacciabili o ai limiti di carniere giornaliero o stagionale definiti dalla presente legge, dal calendario venatorio regionale e dai calendari venatori integrativi provinciali.
19. In nessun caso i comitati di gestione degli ambiti territoriali o dei comprensori alpini possono disporre ai propri soci l’obbligo della rinuncia all’iscrizione ad altri ambiti territoriali o comprensori alpini ove gli stessi soci risultino già regolarmente iscritti [38] .

Art. 31. Compiti dei comitati di gestione.
1. I comitati di gestione di cui all’art. 30, entro quattro mesi dal loro insediamento, sulla base degli indirizzi della pianificazione provinciale, approvano un proprio programma nel quale devono essere previsti:
a) i piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi di immissione e dei prelievi di selvaggina e di riqualificazione faunistica, le previsioni sulla realizzazione di interventi di set-aside faunistico e la pianificazione pluriennale degli interventi di gestione e miglioramento ambientale di cui al comma 2 [39] ;
b) la realizzazione di strutture atte alla produzione, allevamento e adattamento in libertà di fauna selvatica [39] ;
c) le condizioni perché venga garantita una densità minima di base della fauna selvatica durante tutto l’anno solare [40] .
2. I comitati di gestione promuovono e organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programmano gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvedono all’attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;
b) le coltivazioni per l’alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli [41] ;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli, alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica;
h) la coltivazione dei terreni in modo da prevedere una zona di rispetto agricolo da siepi e fossati di almeno tre metri, libera da coltivazioni [42] .
3. Le province erogano annualmente ai comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia i contributi del fondo di cui all’art. 47, relativi ai danni arrecati alle produzioni agricole dall’esercizio dell’attività venatoria; i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia provvedono all’erogazione dei contributi per le finalità del presente comma, secondo i criteri stabiliti dalle singole province [43] .
4. Per la stagione venatoria 1994/1995 i comitati di gestione definiscono le modalità per l’esercizio venatorio entro il 31 luglio 1994.

Art. 32. Partecipazione economica alla gestione programmata della caccia.
1. Ai fini della partecipazione alla gestione programmata della caccia, i cacciatori sono tenuti a versare ai comitati di gestione degli ambiti territoriali e comprensori alpini di caccia nei quali esercitano l’attività venatoria alla selvaggina migratoria in forma vagante, un contributo-base, di importo non superiore a € 51,65, riducibile fino al cinquanta per cento per la caccia da appostamento fisso, da determinarsi dagli stessi comitati di gestione [44] .
2. Per la caccia alla selvaggina stanziale, il comitato di gestione determina un contributo integrativo in misura non superiore a tre volte il contributo-base di cui al comma 1 negli ambiti territoriali e non superiore a sei volte nei comprensori alpini.
3. I proventi derivanti dai contributi sono utilizzati per il finanziamento delle spese di gestione di ogni ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia e sono destinati esclusivamente a finalità faunistico-venatorie.
4. A compenso delle prestazioni richieste al cacciatore per la partecipazione alle attività gestionali degli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia, va prevista una adeguata riduzione della quota di partecipazione e/o altre forme di riconoscimento, da definirsi nel programma degli interventi di cui all’art. 31, comma 1.

Art. 33. Criteri e modalità d’iscrizione.
1. Il comitato di gestione è tenuto a soddisfare le richieste di iscrizione dei cacciatori fino al limite di disponibilità determinata a norma dell’art. 34, comma 1, lettera c).
2. ..... [45] .
3. Il cacciatore che sia titolare dell’autorizzazione alla costituzione di un appostamento fisso di caccia con uso di richiami vivi, ha diritto di essere iscritto all’ambito o al comprensorio in cui è compreso l’appostamento. È fatto salvo il diritto per ogni cacciatore che abbia effettuato l’opzione per la caccia in via esclusiva da appostamento fisso di cui all’art. 35, comma 1, lettera b), di accedere in qualsiasi appostamento fisso della regione anche se ubicato nell’ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia diverso da quello ove risulta associato, senza dover versare altro contributo di adesione [46] .
4. La provincia, sulla base degli indici di densità venatoria programmata, individua gli ambiti e i comprensori a cui possono essere iscritti i cacciatori che risiedono nel capoluogo e nei centri urbani di maggior rilievo.
5. Gli ulteriori posti che risultano disponibili sono assegnati ai cacciatori richiedenti, secondo le seguenti priorità:
a) residenti nella provincia;
b) residenti nelle province della Lombardia a più alta densità venatoria, indicate dalla giunta regionale;
c) residenti nella regione;
d) residenti in altre regioni e all’estero.
6. Le domande di adesione agli ambiti territoriali o ai comprensori alpini di caccia della regione devono essere presentate nel periodo intercorrente tra il 1º marzo ed il 31 marzo di ogni anno su modulo predisposto dalle province o suo fax-simile. Gli associati delle precedenti stagioni venatorie possono confermare la propria adesione anche solo attraverso il pagamento della quota associativa entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno; i neo-cacciatori, all’atto del conseguimento della licenza di caccia, hanno diritto ad essere associati allo stesso ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia di colui che li dovrà accompagnare per una stagione venatoria ai sensi dell’art. 44, comma 8; nel caso di figli di associati, questi hanno altresì il diritto di praticare la stessa specializzazione di caccia del genitore che li accompagna [47] .
7. Il comitato di gestione, entro il 31 maggio, accoglie le domande con l’osservanza delle priorità di cui al comma 5, nei limiti consentiti e nel rispetto dell’ordine di presentazione delle domande stesse e trasmette, entro il 31 luglio di ogni anno, alle province di residenza dei cacciatori le domande pervenute ed accolte per la annotazione sul tesserino regionale di caccia.
8. Il mancato accoglimento della domanda presentata dal cacciatore deve essere motivato e va comunicato all’interessato e alla Provincia entro quindici giorni.
9. Avverso il diniego della iscrizione può essere presentato ricorso alla provincia competente per territorio, entro quindici giorni dalla relativa comunicazione all’interessato.
10. La provincia, nei successivi trenta giorni, decide sul ricorso, espletata la necessaria istruttoria; l’accoglimento del ricorso comporta, di diritto, l’iscrizione all’ambito o al comprensorio: nel caso che il diniego dell’iscrizione sia dovuto ad indisponibilità di posti, la provincia può assegnare, d’ufficio, i cacciatori ricorrenti ad altri ambiti o comprensori.
11. Nei periodi in cui vengono svolte le cacce speciali agli ungulati il comitato di gestione può consentire l’accesso oltre il limite di densità venatoria esclusivamente nelle località prestabilite e per le attività venatorie autorizzate.
12. La provincia trasmette alla regione e ad ogni comitato di gestione l’elenco aggiornato dei cacciatori ivi iscritti.
13. Il comitato di gestione, sulla base di modalità determinate d’intesa con la provincia, può consentire al socio di ospitare dopo il primo mese di caccia, senza finalità di lucro, un altro cacciatore che ha scelto la medesima forma di caccia vagante, anche se residente in altra regione. All’ospite è rilasciata un’autorizzazione giornaliera predisposta dall’ambito territoriale o dal comprensorio alpino di caccia; nel caso di prelievo di selvaggina stanziale da parte dell’ospite, la marcatura sul tesserino venatorio è a carico del socio ospitante [48] .
14. Il cacciatore che intenda accedere ad un ambito o ad un comprensorio di altre regioni è tenuto a darne comunicazione alla provincia di residenza per l’iscrizione sul tesserino regionale di caccia.
15. La giunta regionale promuove scambi interregionali per realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale e a tale fine determina il numero dei cacciatori non residenti ammissibili in Lombardia.

Art. 34. Caccia programmata: compiti delle province.
1. Ai fini del coordinamento della gestione programmata della caccia, le province:
a) regolamentano il prelievo venatorio nel rispetto delle forme e dei tempi di caccia previsti dalla presente legge e dal calendario venatorio regionale, in rapporto alla consistenza delle popolazioni di fauna selvatica stanziale constatata tramite preventivi censimenti effettuati d’intesa con i comitati di gestione;
b) indicano il numero di capi di fauna selvatica stanziale prelevabili durante la stagione venatoria;
c) determinano il numero di cacciatori ammissibili in ogni ambito territoriale e comprensorio alpino di caccia, in modo che risulti un rapporto cacciatore-territorio utile alla caccia non inferiore alla media regionale, sulla base dei tesserini rilasciati l’anno precedente, fermo restando che tale rapporto è differenziato tra zona Alpi e restante territorio;
d) possono individuare di intesa con i comitati di gestione aree a gestione venatoria differenziata per la tutela di particolari specie faunistiche;
e) adottano i provvedimenti disciplinari a carico dei trasgressori alle disposizioni vigenti.

Art. 35. Esercizio della caccia in forma esclusiva.
1. Fatto salvo l’esercizio venatorio con l’arco e con il falco, l’attività venatoria può essere praticata nel territorio regionale in via esclusiva in una delle seguenti forme:
a) vagante nella zona Alpi;
b) da appostamento fisso;
c) nelle altre forme consentite dalla presente legge negli ambiti territoriali di caccia programmata.
1-bis. Il cacciatore che ha optato per la forma di caccia di cui al comma 1, lettera b), ovvero da appostamento fisso, può disporre di quindici giornate di caccia vagante alla selvaggina migratoria anche con l’uso del cane, da effettuarsi a partire dalla terza domenica di ottobre di ogni stagione venatoria, limitatamente agli ambiti territoriali o al comparto di minor tutela dei comprensori alpini di cui risulta iscritto. Il cacciatore che ha optato per le forme di caccia di cui al comma 1, lettere a) e c) può esercitare, a partire dall’1 ottobre di ogni stagione venatoria, quindici giornate di caccia in tutti gli ambiti territoriali e i comprensori alpini della regione, previo consenso del titolare dell’autorizzazione dell’appostamento stesso. In entrambi i casi, la fruizione delle quindici giornate non presuppone richiesta o adempimento alcuno, se non quello di evidenziare sul tesserino venatorio cerchiando in modo indelebile la giornata di caccia utilizzata in difformità dell’opzione prescelta. Nella giornata in cui il cacciatore usufruisce di tale facoltà, non gli è consentito esercitare altra forma di caccia [49] .
2. Fermo restando il numero massimo consentito di giornate di caccia di cui all’art. 40, comma 13, ogni cacciatore iscritto può disporre, a partire dal 1º novembre di ogni stagione venatoria, di un pacchetto di dieci giornate venatorie fruibili in tutti gli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia, esclusivamente nella zona di minor tutela, della provincia di residenza e di quella di ammissione, limitatamente alla caccia alla selvaggina migratoria, sulla base dei criteri approvati dalla Giunta regionale, corrispondendo il contributo base di adesione di cui all’art. 32, comma 1 [50] .
2-bis. Al fine di migliorare l’attività venatoria, con riferimento alle forme di caccia esclusiva di cui al comma 1, le Province possono determinare forme di caccia di specializzazione alla selvaggina stanziale d’intesa con i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, sentite le associazioni venatorie provinciali riconosciute [51] .
3. L’opzione della forma di caccia, da riportarsi sul tesserino venatorio, ha validità annuale e si intende confermata se entro il 30 novembre di ogni anno non viene presentata alla provincia richiesta di modifica. Le province, entro il 31 dicembre di ogni anno, trasmettono i dati relativi alla giunta regionale [52] .
4. Sulla base di motivate esigenze le province possono disporre, su richiesta dell’interessato, la variazione della forma di caccia prescelta, anche prima della scadenza triennale, per la stagione venatoria successiva alla data della richiesta.

Art. 36. Fondo regionale per i contributi a favore dei proprietari o conduttori agricoli.
1. È istituito il fondo regionale per la concessione dei contributi previsti dall’ art. 15, comma 1, della legge n. 157/92 ai proprietari o conduttori agricoli.
2. L’entità del fondo è stabilita annualmente con la legge di approvazione del bilancio di previsione annuale regionale.
3. La giunta regionale definisce le modalità per l’utilizzazione del fondo e, in particolare, determina i criteri per la concessione e la liquidazione dei contributi con riferimento, in via prioritaria, agli interventi di valorizzazione dell’ambiente e di conservazione delle specie di fauna selvatica ed avuto riguardo all’estensione dei fondi rustici e agli indirizzi colturali ivi praticati nel rispetto anche di quanto previsto dall’art. 45, comma 9.
4. La giunta regionale ripartisce annualmente il fondo di cui la comma 1 alle province che si avvalgono per l’erogazione di una commissione costituita dalle organizzazioni professionali agricole e dai comitati di gestione degli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia interessati.

Art. 37. Limitazioni all’utilizzo di terreni agricoli a fini venatori – Fondi chiusi.
1. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l’esercizio dell’attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio provinciale, al presidente della provincia una richiesta motivata che, ai sensi dell’ art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 , dalla stessa è esaminata entro sessanta giorni.
2. La richiesta è accolta se non ostacola l’attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui agli artt. 12 e 14. È altresì accolta, nel rispetto delle norme regolamentari approvate dal consiglio regionale su proposta della giunta regionale, quando l’attività venatoria sia in contrasto con l’esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate, nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale ed ambientale.
3. Il divieto è reso noto mediante l’apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro dell’area interessata in conformità all’art. 14, comma 6.
4. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o il conduttore, esercitare l’attività venatoria fino al venir meno delle ragioni di divieto.
5. L’esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi rustici chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o da specchi d’acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri.
6. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati a cura del proprietario o del conduttore alla giunta regionale e alla provincia precisando l’estensione del fondo ed allegando planimetria catastale in scala 1:2000 con l’indicazione dei relativi confini. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali.
7. La superficie dei fondi di cui ai commi 1 e 5, entra a far parte della quota del territorio agro-silvo-pastorale della regione, destinata a protezione della fauna selvatica di cui all’art. 13, comma 3.
8. L’esercizio venatorio è comunque vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L’esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione, individuati su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, in relazione all’esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
9. L’esercizio venatorio è, inoltre, vietato nei fondi ove si pratica l’allevamento e il pascolo del bestiame custodito allo stato brado e semibrado, purché delimitati da muretti, recinzioni in rete o da steccati, fili metallici e plastificati, siepi o altre barriere naturali.

Art. 38. Aziende faunistico-venatorie ed aziende agri-turistico-venatorie.
1. La provincia su richiesta degli interessati e sentito l’istituto nazionale per la fauna selvatica, entro i limiti di cui al precedente art. 13, comma 5, può:
a) autorizzare in modo equilibrato sul territorio l’istituzione di aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro, con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; le domande devono essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l’obiettivo naturalistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto [53] ;
b) autorizzare l’istituzione di aziende agri-turistico-venatorie ai fini di impresa agricola, nelle quali sono consentiti l’immissione e l’abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento.
1 bis. Qualora su alcuna delle aree proposte per l’inclusione nell’azienda faunistico-venatoria non sia intervenuto l’accordo dei proprietari o di chi, ad altro titolo, ne ha la disponibilità, l’interessato può chiedere alla provincia, con la domanda di cui al comma 4, che le aree stesse, per accertate necessità tecniche e di tutela e conservazione faunistico-ambientale, e comunque per una percentuale non superiore al 10 per cento dell’estensione dell’azienda faunistico-venatoria, siano coattivamente incluse nell’azienda, salva corresponsione di una indennità. La provincia, sentito il proprietario dell’area interessata, qualora ne ricorrano i presupposti e con specifica motivazione, dispone l’inclusione coattiva con il provvedimento di autorizzazione all’istituzione dell’azienda, e determina contestualmente l’indennità annuale da corrispondere al medesimo, sulla base delle seguenti misure, da aggiornare annualmente secondo i dati ISTAT:
a) euro 51,65 per ettaro di terreno ad incolto, mareschi, a pascolo e a bosco ceduo o a fustaia;
b) euro 77,47 per ettaro di terreno a seminativi, a prati permanenti asciutti o irrigui e ad altre colture specializzate;
c) euro 103,29 per ettaro di terreno a vivaio, ad ortaggi e a colture floricole. [53bis]
2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono preferibilmente:
a) essere situate nei terreni di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1094/88/CEE , e successive modificazioni.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
4. La domanda di concessione per la realizzazione delle aziende agri-turistico-venatorie è presentata dai proprietari, affittuari o conduttori dei fondi rustici interessati alla costituzione delle aziende stesse.
5. La giunta regionale disciplina le procedure e le prescrizioni per la gestione delle aziende di cui al presente articolo.
6. L’esercizio dell’attività venatoria nelle aziende di cui al presente articolo è consentito, nel rispetto delle norme della presente legge, con la esclusione dei limiti di cui all’art. 35, comma 1, e dei limiti di prelievo per la selvaggina stanziale.

Art. 39. Allevamenti.
1. Con regolamento adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, è disciplinato l’allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale [54]   2. Il titolare di un’impresa agricola autorizzata è tenuto a dare comunicazione alla provincia dello svolgimento dell’attività con la segnalazione delle specie di fauna selvatica allevate.

Titolo V
ESERCIZIO DELL’ATTIVITÀ VENATORIA

Art. 40. Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.
1. Ai fini dell’esercizio venatorio è consentito abbattere gli esemplari di fauna selvatica appartenenti alle specie e per i periodi previsti dall’ art. 18, comma 1, della legge n. 157/92 , riprodotti nell’allegato C alla presente legge.
2. La regione, nella predisposizione del calendario venatorio regionale, in relazione alle specie di cui all’ art. 18, comma 1, della legge n. 157/92 e non comprese nell’allegato II della direttiva 79/409/CEE , attua le disposizioni contenute nell’ art. 1, comma 4, della legge 157/92 [55] .
3. È sempre vietato abbattere o catturare:
a) le femmine del fagiano di monte;
b) i tetraonidi e la coturnice delle Alpi, al di fuori della zona Alpi;
4. Previo parere dell’istituto nazionale per la fauna selvatica, la giunta regionale può modificare i termini per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali ed alle tradizioni locali delle diverse realtà territoriali; i termini devono essere comunque contenuti tra il 1º settembre ed il 31 gennaio dell’anno. La modifica è concessa alle province che hanno approvato il proprio piano faunistico venatorio [56] .
5. La giunta regionale, sentito l’istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblica entro e non oltre il 15 giugno il calendario regionale e le disposizioni relative all’annata venatoria.
6. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre a scelta, con esclusione del martedì e del venerdì nei quali l’esercizio dell’attività venatoria è sospeso.
7. La caccia nel territorio della zona Alpi e zona appenninica è disciplinata dalle particolari disposizioni previste dall’art. 27, commi 4, 5 e 6.
8. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, la provincia, sentito l’istituto nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, disciplina diversamente l’esercizio venatorio da appostamento fisso alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1º ottobre e il 30 novembre, integrandolo con due giornate settimanali di caccia.
9. La caccia è consentita da un’ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un’ora dopo il tramonto.
10. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.
11. La caccia agli ungulati si svolge sulla base di preventivi piani di abbattimento e può protrarsi sino alla seconda domenica di dicembre; la caccia al cinghiale può essere praticata fino al 31 gennaio.
12. Nei trenta giorni antecedenti la apertura generale della stagione venatoria le province disciplinano l’allenamento e l’addestramento dei cani, per cinque giornate settimanali con eccezione del martedì e del venerdì.
13. Ogni cacciatore, indipendentemente dal tipo di caccia esercitato, non può usufruire di più di cinquantacinque giornate complessive di caccia nella stagione venatoria.

Art. 41. Controllo della fauna selvatica.
1. Il presidente della giunta regionale può vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all’allegato C, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
2. Le province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica o inselvatichita anche nelle zone vietate alla caccia.
3. Il controllo, esercitato selettivamente, viene praticato, di norma, mediante l’utilizzo di metodi ecologici, su parere dell’istituto nazionale per la fauna selvatica o dell’osservatorio regionale di cui all’art. 9 della presente legge [56bis]; qualora l’istituto o l’osservatorio verifichino l’inefficacia dei predetti metodi, le province predispongono piani di abbattimento. I piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province stesse che potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali, degli agenti venatori volontari provinciali e delle guardie comunali munite di licenza per l’esercizio venatorio e delle guardie dipendenti dalle aziende faunistico venatorie, nonché degli operatori espressamente autorizzati dalle province, selezionati attraverso specifici corsi di preparazione alla gestione faunistica [57] .
4. Qualora il controllo debba essere effettuato esclusivamente per motivi sanitari o per la tutela del patrimonio storico-artistico all’interno di centri urbani, lo stesso è attuato, su conforme parere dell’ufficiale sanitario competente, dal comune interessato, d’intesa con la provincia.
5. Le province, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, possono autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali e agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro strutture provinciali, piani di abbattimento delle forme domestiche di specie selvatiche e delle forme inselvatichite di specie domestiche attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province stesse con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi e da operatori espressamente autorizzati dalle province, selezionati attraverso specifici corsi di preparazione alla gestione faunistica [58] .
6. Nel caso in cui le province intendano adottare il regime di deroga previsto dall’art. 9, comma 1, lettere a) e b), della direttiva 79/409 CEE , sono tenute a fare riferimento alle condizioni specificate dallo stesso articolo con la menzione, tra l’altro, delle specie che formano oggetto della deroga, dei mezzi, degli impianti e dei modi di cattura o di prelievo autorizzati, delle condizioni di rischio e delle circostanze di tempo e di luogo in cui la deroga stessa può essere attuata e dei controlli che saranno effettuati, previo parere dell’istituto nazionale della fauna selvatica.

Art. 42. Ripopolamenti.
1. Le attività di cattura e di ripopolamento sono disposte dalle province e tendono alla riproduzione delle specie autoctone e alla loro immissione equilibrata sul territorio fino al raggiungimento delle densità faunistiche ottimali.
2. L’introduzione o l’immissione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone, proveniente da allevamenti nazionali o esteri, è effettuata dalle province, nonché, previa autorizzazione della provincia competente, dagli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia e dalle associazioni venatorie, in qualunque periodo dell’anno, fatto salvo quanto previsto dall’ art. 16, comma 1, della legge 157/1992 , esclusivamente nei territori e negli istituti di cui all’art. 14, comma 3, della presente legge; in caso di fauna selvatica viva proveniente dall’estero, l’introduzione o l’immissione della stessa è effettuata al solo scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico [59] .
3. Al fine di prevenire la diffusione di malattie infettive e di garantire l’idoneità della fauna stanziale destinata al ripopolamento i capi provenienti da allevamenti nazionali o introdotti dall’estero, anche se muniti di certificato sanitario all’origine, sono sottoposti al controllo sanitario a cura dell’ufficiale sanitario competente il quale rilascia la relativa autorizzazione.
4. È vietato su tutto il territorio regionale l’immissione del cinghiale.

Art. 43. Divieti
1. A norma dell’ art. 21 della legge n. 157/92 , è vietato a chiunque:
a) l’esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;
b) l’esercizio venatorio nei parchi nazionali; nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991 n. 394 , la regione adegua la propria legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 e successive modificazioni al disposto dell’art. 22, comma 6, della predetta legge entro il 1º gennaio 1995, provvedendo nel frattempo all’eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali; [60]
c) l’esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell’istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
d) l’esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell’autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;
e) l’esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro ed a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali, nonché consortili o vicinali ad uso pubblico [61] ;
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all’alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;
g) il trasporto, all’interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l’attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l’esercizio venatorio dalle leggi nazionali e dalle disposizioni della presente legge, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia tale divieto non si applica, fuori dai centri abitati, per il trasferimento di cacciatori con armi scariche, unicamente nei giorni consentiti alla caccia, per brevi tratti di attraversamento di strade e ferrovie, fermo restando che il percorso di andata e ritorno dall’appostamento fisso di caccia va effettuato comunque con il fucile scarico [62] ;
h) cacciare a rastrello in più di tre persone, ovvero utilizzare a scopo venatorio scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d’acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da aeromobili o da natanti;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine agricole in funzione;
m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve e nei piccoli specchi di acqua circostanti, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, e nei territori delle comunità montane e su terreni pregiudicati da incendio per un minimo di due anni [63] ;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d’acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume;
o) prendere o detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti dall’articolo 6, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente provincia;
p) usare richiami vivi al di fuori dei casi previsti dall’art. 26;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d’acqua ove si esercita l’industria della pesca o dell’acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica;
aa) l’esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli a partire dal 1º gennaio 1994, fatto salvo quanto previsto dall’art. 21, comma 7;
bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle seguenti specie: germano reale (Anas platyrhynchos); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice di Sardegna (Alectoris barbara); starna (Perdix perdix); fagiano (Phasianus colchicus); colombaccio (Columba palumbus);
cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti;
dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della legislazione nazionale e regionale a specifici ambiti territoriali, ferma restando l’applicazione dell’ art. 635 del codice penale ;
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione è regolamentata anche con le norme sulla tassidermia;
ff) l’uso di segugi per la caccia al camoscio, salva la facoltà della provincia di vietarne l’uso per la caccia agli altri ungulati, sentiti i comitati di gestione degli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia;
gg) abbattere fauna stanziale da appostamento fisso [64] .
2. È altresì vietato:
a) abbattere o catturare le femmine accompagnate dai piccoli o comunque lattanti ed i piccoli del camoscio, del capriolo, del cervo, del daino e del muflone di età inferiore ad un anno, fatta eccezione per la caccia di selezione;
b) arrecare disturbo alla selvaggina ovvero causare volontariamente spostamenti della stessa al fine di provocarne la fuoriuscita da ambiti protetti per scopi venatori;
c) detenere e/o usare fonti luminose atte alla ricerca della fauna selvatica durante ore notturne, salvo gli autorizzati dalla provincia competente;
d) addestrare o allenare cani da caccia al di fuori dei periodi e degli orari consentiti, con l’esclusione dei cuccioli di età non superiore a 15 mesi tatuati e iscritti all’anagrafe canina il cui allenamento o addestramento viene disciplinato con regolamento regionale adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto [65] ;
e) effettuare fotografie o riprese cinematografiche non autorizzate dalla provincia a uccelli selvatici durante la cova o l’allevamento dei piccoli nati [66] .
3. La caccia è vietata sui valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna per una distanza di mille metri dagli stessi; i valichi sono individuati dal consiglio regionale su proposta delle province [66bis], sentito l’INFS, esclusivamente [66ter]  nel comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi e devono essere indicati nei piani di cui agli artt. 12 e 14 e nei calendari venatori [67] .
4. Ogni cacciatore o gruppo di cacciatori non può usare più di sei cani durante l’esercizio venatorio, fatta eccezione per chi pratica la caccia al cinghiale, ove tale limite sarà determinato dalla provincia competente e comunque non potrà essere superiore a 18 cani [68] .
5. Fermi restando i divieti di cui all’art. 5, comma 9 e all’art. 21, comma 1, lettere bb), cc) ed ee) della legge 157/1992 , è consentita la consumazione anche in pubblico esercizio di fauna selvatica legittimamente abbattuta appartenente alle specie cacciabili [69] .
5 bis. L’esercizio venatorio nelle aree contigue a parchi naturali e regionali, individuate dalla Regione ai sensi dell’ articolo 32, comma 2, della Legge 6 dicembre 1991, n. 394 , si svolge nella forma della caccia programmata riservata ai cacciatori aventi diritto all’accesso negli ambiti territoriali di caccia o comprensori alpini su cui insiste l’area contigua all’area naturale protetta. [70]

Titolo VI
CONDIZIONI PER L’ESERCIZIO DELLA CACCIA – VIGILANZA

Art. 44. Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all’esercizio venatorio.
1. Ai fini di quanto disposto dall’ art. 22, comma 1, della legge n. 157/92 , ciascuna provincia nomina una commissione per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio venatorio a seguito di esami pubblici.
2. La provincia stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
3. L’abilitzione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le materie oggetto di esame. La commissione valuta la preparazione del candidato con un giudizio di idoneità o di inidoneità; in caso di idoneità il presidente della commissione rilascia il relativo attestato.
4. Coloro i quali siano stati giudicati inidonei non possono sostenere la prova d’esame prima che siano trascorsi due mesi.
5. Gli esami sulle precitate materie si svolgono mediante una prova scritta a quiz ed una prova orale in conformità delle disposizioni emanate al riguardo dalla giunta regionale, fermo restando che:
a) la preparazione e l’esame si effettuano su programma approvato dalla giunta regionale;
b) ogni candidato è tenuto a versare alla provincia quale rimborso spese di esame un importo fissato dalla giunta regionale in misura non superiore al cinquanta per cento della tassa regionale per l’abilitazione venatoria, comprensivo degli ausili didattici, nonché del rilascio in carta legale del certificato di abilitazione.
6. L’abilitazione venatoria è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d’armi per uso di caccia e per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
7. Le province organizzano, anche avvalendosi della commissione di cui al comma 11, corsi di preparazione per il conseguimento dell’abilitazione venatoria e provvedono all’aggiornamento sui contenuti innovativi della presente legge, anche in collaborazione con le associazioni venatorie riconosciute.
8. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza il cacciatore può praticare l’esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni, che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell’art. 50.
9. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l’esercizio della caccia mediante l’uso dell’arco e del falco.
10. La durata in carica della commissione di cui al comma 1 corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale.
11. Ogni commissione è composta:
a) da un funzionario provinciale esperto in problemi faunistico-venatori, che la presiede, designato dal presidente della provincia;
b) da cinque membri effettivi nominati dal presidente della provincia, esperti nella materia indicata al precedente comma 2, di cui almeno uno laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi, nonché di altrettanti supplenti;
c) da un dipendente della provincia con funzioni di segretario.
12. Per il colloquio previsto dall’art. 27 comma 11, le province possono nominare un membro effettivo e uno supplente esperto in gestione faunistica della zona Alpi e della zona appenninica.
13. Alla domanda per sostenere la prova d’esame, da presentarsi alla provincia ove risiede il candidato, deve essere allegato il certificato medico di idoneità fisica all’esercizio venatorio rilasciato a norma delle disposizioni vigenti.
14. Non possono essere membri della commissione provinciale di cui al comma 1 i consiglieri provinciali in carica della provincia stessa.

Art. 45. Tassa di concessione regionale per l’abilitazione all’esercizio venatorio.
1. La regione per conseguire i mezzi finanziari necessari a realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalla legge n. 157/92 , istituisce la tassa di concessione regionale, ai sensi dell’ art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 , per il rilascio dell’abilitazione all’esercizio venatorio di cui all’art. 44, soggetta a rinnovo annuale.
2. La tassa di cui al comma 1 è fissata per il 1994 nella misura del cinquanta per cento della corrispondente tassa erariale per la licenza di porto di fucile anche per uso di caccia.
3. Il versamento della tassa di concessione regionale deve essere effettuato, a decorrere dal 1994, su apposito conto corrente postale intestato alla tesoreria della regione Lombardia, in occasione del pagamento della tassa di rilascio o di rinnovo della concessione governativa per la licenza di porto d’armi per uso di caccia ed ha la validità di un anno dalla data di rilascio della concessione governativa.
4. Il pagamento della tassa per gli anni successivi deve essere effettauto non prima di quindici giorni dalla scadenza annuale.
5. La ricevuta del versamento deve essere allegata al tesserino per l’esercizio venatorio.
6. Per le difformi situazioni di scadenza eventualmente riscontrabili fra la data di versamento della tassa regionale e quella governativa, la validità del versamento della tassa regionale è procrastinata sino alla scadenza della tassa di concessione governativa.
7. La tassa di concessione regionale non è dovuta:
a) qualora non si eserciti l’attività venatoria durante l’anno;
b) qualora durante l’anno si eserciti l’attività venatoria esclusivamente all’estero.
8. La tassa di concessione regionale deve essere rimborsata:
a) nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia;
b) ..... [71] .
9. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione ambientale presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi che, nell’ambito della programmazione regionale, contemplino, tra l’altro, la realizzazione di strutture per l’allevamento di fauna selvatica e la salvaguardia dei riproduttori durante le operazioni colturali; la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica; l’adozione delle forme di lotta biologica e di lotta integrata; il ricorso a tecniche colturali e tecnologie innovative non pregiudizievoli per l’ambiente; la valorizzazione agro-turistica di percorsi per la visita degli ambienti naturali e la conoscenza scientifica e culturale della fauna selvatica ospite; la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi.

Art. 46. Tasse di concessione regionale.
1. Gli appostamenti fissi, i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie sono soggette a tasse di concessione regionale da versare secondo le modalità e nella misura prevista alle corrispondenti voci della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni.
1-bis. L’importo della tassa di concessione regionale per gli appostamenti fissi è ridotto del 50 per cento per i titolari ultra sessantacinquenni e per i portatori di handicap fisici che comportino la riduzione di oltre il 30 per cento della capacità motoria [72] .
2. I relativi introiti sono destinati alle province.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie sono soggette alle stesse tasse regionali previste per le aziende faunistico-venatorie situate in territori non montani.

Art. 47. Indennizzo dei danni prodotti dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita e nell’esercizio dell’attività venatoria. [73]
1. L’indennizzo dei danni arrecati alle produzioni agricole e alle opere approntate su terreni coltivati ed a pascolo dalle specie di fauna selvatica e domestica inselvatichita è a carico:
a) delle province, qualora siano provocati nelle oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, nei centri pubblici di produzione della selvaggina; le stesse faranno fronte ai danni con la dotazione finanziaria del bilancio regionale riguardante le spese per le funzioni trasferite in materia di caccia;
b) degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini di caccia, qualora si siano verificati nei fondi ivi compresi, per i danni provocati da fauna selvatica e domestica inselvatichita. I danni, che devono essere denunciati entro otto giorni dall’avvenimento, sono quantificati attraverso perizie effettuate da tecnici abilitati, individuati dalle provincie di concerto con i comitati di gestione degli ambiti territoriali o dei comprensori alpini. Le risorse sono reperite nell’ambito della dotazione finanziaria del bilancio regionale assegnata alle provincie per le spese relative alle funzioni trasferite in materia di caccia e sono ripartite dalle stesse in base alle effettive esigenze dei singoli ambiti territoriali o dei comprensori alpini di competenza; gli stessi sono tenuti a compartecipare fino al 10 per cento dei danni quantificati e liquidati, tramite le quote versate dai singoli soci [74] ;
c) dei titolari delle strutture territoriali private di cui agli artt. 19 e 38 della presente legge, qualora si siano prodotti nei fondi inclusi nelle rispettive strutture;
d) dei proprietari o conduttori dei fondi di cui all’art. 37 della presente legge, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi;
e) dei titolari delle zone per l’addestramento e per le prove cinofile di cui all’art. 21 della presente legge, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle spese per gli interventi di prevenzione dei danni alle produzioni agricole e alle opere approntate su terreni coltivati ed a pascolo (recinzioni, repellenti, ecc.) solo se preliminarmente concordate ed autorizzate dai comitati di gestione.
3. I nuovi impianti che fruiscono di finanziamenti CEE debbono già prevedere nella domanda di contributo le opere di difesa dei danni provocabili dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita. Per tali impianti non sono ammesse richieste di indennizzo danni [13] .
4. La provincia provvede alla gestione delle somme assegnate, sentito il Comitato tecnico costituito da ciascuna provincia a norma del comma 2, dell’art. 26 della legge 157/92 .
5. La provincia, nei limiti e con le modalità previste dal piano faunistico-venatorio provinciale, provvede alla concessione dei contributi finalizzati alla prevenzione dei danni entro 180 giorni dalla presentazione della relativa domanda e provvede altresì alla liquidazione dei danni accertati entro e non oltre i termini previsti dal comma 3 dell’art. 26 della legge 157/92 .
6. Le province, qualora accertino ripetuti fenomeni di consistente predazione dei frutti di vigneti e frutteti dovuti all’eccessiva consistenza di una o più specie di fauna selvatica, attuano interventi di sfoltimento della popolazione faunistica interessata, avvalendosi anche della collaborazione delle associazioni venatorie [75] .

Art. 48. Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull’applicazione della presente legge è delegata alle province.
2. Gli agenti di vigilanza devono essere dipendenti di ruolo delle province ed ai sensi della vigente legislazione statale hanno la qualifica di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, ferme restando le competenze tecniche per la conservazione e gestione della fauna selvatica. Essi possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all’art. 23, nonché armi con proiettili a narcotico. Le armi sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all’ art. 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65 .
3. Ferme restando le altre disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65 , gli agenti dipendenti dalle province, esercitano l’attività di vigilanza venatoria, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio, e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
4. Gli stessi agenti, oltre alle contestazioni di carattere penale, possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti indicati dall’art. 49 anche fuori dall’orario di servizio.
5. Esercitano altresì la vigilanza le guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, nonché le guardie ecologiche e zoofile previste da leggi regionali ed alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , e che abbiano frequentato appositi corsi nella specifica materia e superati gli esami di idoneità avanti una commissione nominata presso ciascuna provincia dal rispettivo presidente in conformità alle disposizioni di cui all’ art. 27, comma 4 della L. n. 157/92 .
6. La vigilanza di cui al comma 1, è, altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
7. Le province hanno facoltà di richiedere a termini di legge il riconoscimento della qualifica di guardie venatorie volontarie per i cittadini che, avendo i requisiti di legge, diano sicuro affidamento di preparazione tecnica e siano disposti a prestare volontariamente e gratuitamente la loro opera.
8. Gli agenti venatori dipendenti dalle province e le guardie volontarie operano di norma nell’ambito delle circoscrizioni territoriali di competenza.
9. A tutti i soggetti cui è affidata la vigilanza venatoria ai sensi del presente articolo è vietata la caccia durante l’esercizio delle loro funzioni.
10. Agli agenti di vigilanza di cui al comma 1, è altresì vietato l’esercizio venatorio nell’ambito del territorio in cui esercitano le funzioni.
11. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull’esercizio venatorio, sulla tutela dell’ambiente e della fauna e sulla salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati anche dalle associazioni di cui al comma 5, sotto il controllo della regione.
12. I cittadini in possesso, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia venatoria volontaria alla data di entrata in vigore della presente legge, non necessitano dell’attestato di idoneità di cui al comma 5.
13. Le province coordinano l’attività delle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e ambientaliste.

Art. 49. Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.
1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell’art. 48, possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso caccia, del tesserino di cui all’art. 22, comma 2, del contrassegno della polizza di assicurazione, nonché procedere al controllo delle armi, delle munizioni e del carniere.
2. Nel caso di violazioni di cui all’ art. 30 della legge n. 157/92 gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono, a norma dell’art. 28 della stessa legge, al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo art. 30, comma 1, lettere a), b) c), d) ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano alla provincia competente la quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto degli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, la provincia provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l’infrazione, nel caso in cui si accerti che l’illecito non sussiste; nell’ipotesi di illecito riconosciuto, l’importo viene introitato dalla provincia medesima.
4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant’altro possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull’attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all’ente da cui dipendono ed alla provincia competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
6. Gli agenti venatori dipendenti degli enti locali, che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772 , e successive modifiche e integrazioni, non sono ammessi all’esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all’art. 9 della medesima legge.
7. Alle guardie zoofile dell’ente nazionale protezione animali si applicano le disposizioni di cui all’ art. 37, comma 3, della legge n. 157/92 .


Titolo VII
PROCEDIMENTI SANZIONATORI

Art. 50. Sanzioni penali. Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia, nonché chiusura o sospensione dell’esercizio.
1. Le sanzioni penali concernenti le violazioni della presente legge sono disposte dall’ art. 30 della legge n. 157/92 .
2. I provvedimenti, nonché le relative procedure e modalità di adozione, concernenti la sospensione, revoca e divieto di rilascio delle licenze di porto di fucile di caccia, nonché quelli relativi alla chiusura o sospensione dell’esercizio commerciale, sono disposti a norma dell’ art. 32 della legge n. 157/92 .

Art. 51. Sanzioni amministrative statali e regionali – Ritiro tesserino.
1. Ferme restando le sanzioni amministrative previste dall’ art. 31, comma 1, della legge 157/1992, si applica la sanzione da € 15,49 a € 92,96 per tutte le violazioni alla presente legge ed ai regolamenti regionali e provinciali attuativi che non siano già comprese nelle violazioni previste dall’art. 31; la medesima sanzione si applica per gli abusi e l’uso improprio della tabellazione dei terreni.
2. Si applica la sanzione amministrativa da € 15,49 a € 92,96 per chi abbatte selvaggina migratoria consentita anche in deroga, in numero superiore a quanto previsto dall’art. 24. Per chi supera, per la caccia vagante, le tre giornate di caccia settimanali o il numero complessivo di giornate per l’intera stagione venatoria, o per chi addestra i propri cani in periodo di divieto o in zone non consentite, o per la mancata sorveglianza dei cani da caccia in luoghi in cui possano arrecare grave danno alla fauna selvatica, se recidivo, la sanzione è raddoppiata.
3. Si applica la sanzione amministrativa di € 25,82 per la mancata consegna, al termine della stagiona venatoria, del tesserino venatorio.
4. Si applica la sanzione amministrativa da € 154,94 a € 929,62 per chi abbatte selvaggina stanziale da appostamento fisso; se la violazione è commessa durante i periodi concessi ai sensi dell’art. 40, comma 4, la sanzione è raddoppiata ed è disposto dalla provincia il ritiro del tesserino fino ad un anno.
5. Si applica la sanzione amministrativa da € 206,58 a € 619,75 per chi volontariamente procura disturbo all’esercizio venatorio anche avvalendosi di strumenti atti all’allontanamento della selvaggina; se l’attività di disturbo è commessa da agenti della vigilanza volontaria di cui al comma 5 dell’art. 48, la sanzione è raddoppiata.
6. Il presidente della provincia provvede alla richiesta del risarcimento del danno arrecato alla fauna stanziale; i relativi introiti sono destinati ai rispettivi comitati di gestione.
7. Le sanzioni accessorie sono quelle stabilite dall’ art. 32 della legge 157/1992 .
8. Le sanzioni amministrative sono irrogate dal presidente della provincia [76] . [77]

Titolo VIII
DISPOSIZIONI FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 52. Finanziamenti regionali e piani di riparto.
1. Ai fini dell’attuazione della presente legge la Regione provvede, sulla base delle riscossioni che sono complessivamente affluite al bilancio dell’esercizio precedente per le tasse di concessione regionale relative alla caccia e nella misura individuata annualmente con legge finanziaria regionale, al finanziamento delle seguenti spese:
a) contributi alle province per la predisposizione ed attuazione dei piani faunistico-venatori provinciali e relativi interventi faunistico-venatori e di miglioramento ambientale di cui agli articoli 8, 10, 12, 14 e 15;
b) contributi alle provincie per l’indennizzo dei danni di cui all’articolo 47, comma 1, lettere a) e b) [78] ;
c) concorso nelle spese sostenute dalle province per l’attuazione dei compiti previsti dall’articolo 7, comma 1, da ripartire in misura direttamente proporzionale alle autorizzazioni per appostamenti fissi;
d) contributi alle province per attività di controllo e vigilanza dei centri privati di produzione nonché delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie di cui agli articoli 19 e 38, da ripartire sulla base delle corrispondenti tasse regionali;
e) contributi regionali da versare alle province a norma dell’articolo 36;
f) interventi regionali in campo venatorio e di connessa tutela ambientale, nonché per attività tecniche specifiche di ricerca sulla caccia previste dalla presente legge e per iniziative di formazione, promozione e rappresentanza della Regione, di cui agli articoli 8, 10 e 12.
2. La Regione determina annualmente, in sede di bilancio, le risorse complessivamente destinate agli interventi di cui al comma 1, ripartendole nella misura del 90% per gli stanziamenti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) e del restante 10% per lo stanziamento di cui alla lettera f). Il riparto destinato a ciascuna provincia deve essere calcolato nella misura del 60% in base al numero dei cacciatori iscritti agli A.T.C. e C.A. di rispettiva competenza provinciale e per il restante 40% in base alla superficie di territorio utile alla caccia di ogni singola provincia.
3. I finanziamenti regionali per le spese relative alle funzioni trasferite alle province in materia di caccia, di cui al comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), sono erogati con acconti annuali e conguagli stabiliti annualmente con deliberazione dalla Giunta regionale [79] .

Art. 53. Norma finanziaria.
1. Per le finalità previste dalla presente legge di cui all’art. 52, comma 1, lettera a), b), c), d) ed f) è autorizzata per il 1993 la spesa di parte corrente di lire 2.799.238.400 e precisamente:
a) lire 1.100.000.000 per le attività di cui all’art. 52, comma 1, lettera a);
b) lire 500.000.000 per le attività di cui all’art. 52, comma 1, lettera b);
c) lire 400.000.000 per le attività di cui all’art. 52, comma 1, lettera c);
d) lire 100.000.000 per le attività di cui all’art. 52, comma 1, lettera d);
e) lire 499.238.400 per le attività di cui agli artt. 8 e 10;
f) lire 200.000.000 per le attività di cui all’art. 12.
2. È altresì autorizzata, limitatamente al 1993, la spesa di lire 4.650.000.000 per la gestione dei piani provinciali già presentati ai sensi della L.R. n. 47/78 e successive modificazioni.
3. La somma di cui al precedente comma è ripartita tra le singole province per il venticinque per cento in relazione alle spese sostenute per la vigilanza, per il venticinque per cento per i ripopolamenti, per il venticinque per cento in ragione della loro importanza faunistica, per il quindici per cento in ragione del numero dei tesserini da esse rilasciati e per il dieci per cento in rapporto alla loro superficie agro-forestale.
4. Alla determinazione della spesa derivante dagli interventi di cui al comma 1 e di cui all’art. 36, si provvede a decorrere dall’esercizio finanziario 1994 con legge di approvazione del bilancio dei singoli esercizi ai sensi dell’ art. 22, comma 1, della L.R. 31 marzo 1978, n. 34 e sue successive modificazioni ed integrazioni.
5. Al finanziamento dell’onere di lire 7.449.238.400 previsto dai precedenti commi 1 e 2 per l’anno 1993, si provvede mediante riduzione per lire 4.650.000.000 della dotazione finanziaria di competenze di cassa del capitolo 3.2.6.1.762 “Contributi alle amministrazioni provinciali per la realizzazione dei progetti comprensoriali di intervento agro-faunistico venatorio”, per lire 500.000.000 della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del capitolo 3.2.6.1.763 “Contributi alle amministrazioni provinciali per il risarcimento dei danni arrecati dalla selvaggina alle produzioni agricole”, per lire 299.238.400 della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del capitolo 3.2.6.1.764 “Interventi regionali per iniziative e spese in campo venatorio e per la tutela ambientale nonché spese varie interessanti attività tecniche specifiche della caccia” e per lire 2.000.000.000 della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del “Fondo globale per oneri relativi a spese correnti per l’adempimento di funzioni normali derivanti da nuovi provvedimenti legislativi” iscritto al capitolo 5.2.1.1.546 dello stato di previsione delle spese del bilancio per l’esercizio finanziario 1993.
6. Agli oneri di cui all’art. 3 si provvede mediante impiego delle somme stanziate negli stati di previsione delle spese del bilancio per l’esercizio finanziario 1993 e successivi sul capitolo 1.2.7.1.322 “Spese per il funzionamento dei consigli, comitati, collegi e commissioni, compresi i gettoni di presenza, le indennità di missione e i rimborsi spese”.
7. In relazione a quanto previsto dai precedenti commi, al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1993 sono apportate le seguenti variazioni:
a) all’ambito 3, settore 2, obiettivo 6, parte I, sono istituiti i seguenti capitoli:
b) all’ambito 3, settore 2, obiettivo 6, parte I è istituito per memoria il seguente capitolo:

Art. 54. Norme transitorie.
1. Fino all’emanazione dei regolamenti attuativi previsti dalla presente legge e in quanto compatibili con la stessa, restano in vigore i regolamenti regionali:
a) 23 novembre 1979, n. 2, riguardante gli allevamenti a scopo amatoriale ed alimentare;
b) 10 giugno 1980, n. 2, per la disciplina e la gestione della caccia in zona Alpi;
c) 31 luglio 1989, n. 2, per la gestione delle aziende faunistiche, fermo restando il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 38 comma 1, lett. a);
d) 26 agosto 1989, n. 3, disciplinante le zone per l’allenamento dei cani e per le gare cinofile.
2. Le aziende agro-venatorie previste dall’ art. 18 della L.R. n. 47/78 e successive modificazioni scadono il 31 gennaio 1994 e sino a tale data sono disciplinate dal regolamento regionale 2 ottobre 1989, n. 4 ; tali aziende possono essere trasformate dalla giunta regionale, su richiesta del concessionario, in aziende agri-turistico-venatorie.
3. Su richiesta del concessionario, da presentarsi entro il 31 gennaio 1994, la giunta regionale può trasformare le aziende faunistiche di cui al comma 1 lettera c), in aziende agri-turistico-venatorie esclusivamente a favore dei soggetti di cui all’art. 38, comma 4.
4. Le aree a gestione sociale della caccia istituite ai sensi dell’ art. 17 della L.R. n. 47/78 e successive modificazioni restano in vigore sino al 31 gennaio 1994.
5. Le zone di ripopolamento e cattura e le oasi di protezione, già istituite dalla giunta regionale, restano in vigore, salvo diversa destinazione del relativo territorio disposta nei piani provinciali di cui agli artt. 14 e 55, comma 2.

Art. 55. Norme di prima attuazione.
1. In sede di prima attuazione della presente legge la giunta regionale, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, delibera gli indirizzi per la redazione dei piani faunistico-venatorio provinciali di cui all’art. 14, comma 1; entro i successivi sessanta giorni le province presentano i piani alla giunta regionale.
2. Le province che abbiano già presentato alla regione i piani faunistico-venatori a norma della L.R. n. 47/78 , come modificata dalla L.R. n. 41/88 , possono, entro lo stesso termine di cui al comma 1, limitarsi ad adeguare o integrare i piani predetti.
3. La giunta regionale approva i piani entro sessanta giorni dal ricevimento.
4. Qualora la provincia non presenti il piano entro il termine di cui al comma 1, né vi provveda, a seguito di diffida ad adempiere entro i successivi trenta giorni, la giunta regionale provvede in via sostitutiva.

Art. 56. Delega all’assessore regionale competente.
1. I provvedimenti che, a norma della presente legge, sono di competenza del presidente della giunta regionale sono assunti dall’assessore competente, se delegato.

Art. 57. Rapporti e relazioni.
1. La giunta regionale trasmette annualmente alle amministrazioni statali competenti una relazione sulle misure adottate ai sensi dell’art. 1, comma 4 e sui loro effetti rilevabili.
2. Nell’esercizio delle funzioni amministrative di cui all’art. 2, la giunta regionale entro il mese di maggio di ciascun anno trasmette all’amministrazione statale competente un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tal fine il questore di ciascuna provincia comunica alla giunta regionale entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell’anno precedente.
3. Al termine dell’annata venatoria 1994-1995 la giunta regionale trasmette alle amministrazioni statali competenti una relazione sull’attuazione della presente legge.

Art. 58. Abrogazioni.
1. Sono abrogate le leggi regionali nn. 47/78, 20/84, 41/88, 10/89 e 23/89 ed ogni altra disposizione in contrasto con la presente legge.

Art. 59. Clausola d’urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’ art. 127 della Costituzione e dell’art. 43 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione.
(1) In applicazione di quanto previsto in materia di competenze degli organi di governo e della dirigenza dagli artt. 2, 3, 17 e 18 della L.R. 23 luglio 1996, n. 16 vedi il primo comma dell’art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1 .
(2) In applicazione di quanto previsto in materia di competenza degli organi di governo e della dirigenza dagli artt. 2, 3, 17 e 18 della L.R. 23 luglio 1996, n. 16 vedi il primo comma dell’art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1 .
(5bis) Il comma è stato modificato dal primo comma dell’art 4 bis introdotto dall’emendamento 2009 .
(7) Il comma è stato sostituito dal quarto comma dell’art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 e successivamente modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. a), della L.R. 8 agosto 2006, n. 19.e dall’art. 5 comma 1 lett. a) della L.R. 46 del 2007
(8) Il comma è stato modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. b), della L.R. 8 agosto 2006, n. 19 .
(8bis) Il comma è stato modificato dall’art. 5 comma 1 lett. b) della L.R. 46 del 2007
(10) Il comma è stato modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. c), della L.R. 8 agosto 2006, n. 19 .
(1bis) Il comma è stato modificato dall’art. 5 comma 1 lett. c) della L.R. 46 del 2007
(11) Il comma è stato aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. d), della L.R. 8 agosto 2006, n. 19 .
(12) Il comma è stato modificato dal primo comma dell’art. 1 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19 .
(14) L’articolo è stato sostituito dal sesto comma dell’art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(25bis) Il comma è stato inserito dall’art. 5 comma 1 lett. f) della L.R. 46 del 2007
(28bis) Il comma è stato sostituito dal terzo comma dell’art 4 bis introdotto dall’emendamento 2009 .
 (28ter) Il comma è stato sostituito dal terzo comma dell’art 4 bis introdotto dall’emendamento 2009 .
(30) I commi 5 e 6 sono stati sostituiti con un unico comma dal primo comma dell’art. 2 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19 che è stato a sua volta sostituito dall’art. 5 comma 1 lett. g) della L.R. 46 del 2007.
(34bis) Il comma è stato sostituito dal quinto comma dell’art 4 bis introdotto dall’emendamento 2009 .
(36) I commi 1, 2 e 3 sono stati sostituiti con un unico comma dalla lett. a) del tredicesimo comma dell’art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(37bis) Il comma è stato sostituito dal quarto comma dell’art 4 bis introdotto dall’emendamento 2009 .
(38) L’articolo è stato sostituito dal quattordicesimo comma dell’art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(44) L’importo precedentemente indicato in lire è stato convertito in euro dal primo comma dell’art. 4 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19 .
(51) Il comma è stato inserito dal primo comma dell’art. 6 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19 .
(53bis) Il comma è stato inserito dall’art. 5 comma 1 lett. h) della L.R. 46 del 2007
(59) Il comma è stato modificato dal ventesimo comma dell’art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(60) Il comma è stato modificato dall’ art. 6, comma 1, lett. a), della L.R. 7 febbraio 2006, n. 3 .
(61) Il comma è stato modificato dalla lett. a) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(62) La frase è stata aggiunta dalla lett. b) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(63) La lettera è stata sostituita dalla lett. c) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 e successivamente modificata dalla lett. a), primo comma dell’art. 7 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19 .
(64) La lettera è stata aggiunta dalla lett. d) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(66) La lettera è stata aggiunta dalla lett. e) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(66bis) Il comma è stato sostituito dall’ ottavo comma dell’art 4 bis introdotto dall’emendamento 2009
(66ter) Il comma è stato sostituito dall’ ottavo comma dell’art 4 bis introdotto dall’emendamento 2009
(67) Il comma è stato sostituito dalla lett. f) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(68) Il comma è stato sostituito dalla lett. g) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(69) Il comma è stato aggiunto dalla lett. h) del ventunesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(70) Il comma è stato aggiunto dall’ art. 6, comma 1, lett. b), della L.R. 7 febbraio 2006, n. 3 .
(71) La lettera è stata abrogata dal terzo comma dell’art. 1 della L.R. 10 dicembre 1998, n. 34 .
(72) Il comma è stato aggiunto dal ventiduesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(75) L’articolo già sostituito dal nono comma dell’art. 2 della L.R. 2 febbraio 2001, n. 3 è stato poi sostituito dal ventitreesimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(76) L’articolo è stato sostituito dal ventiquattresimo comma dell’ art. 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 .
(77) Gli importi precedentemente indicati in lire sono stati convertiti in euro dal primo comma dell’art. 8 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19 .
(79) L’articolo è stato sostituito dal nono comma dell’art. 2 della L.R. 2 febbraio 2001, n. 3 .

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